Poesie, innervature del retrosguardo

Poesie, innervature del retrosguardo

Poesie, innervature del retrosguardo

Poesie, innervature del retrosguardo

Inoltrandosi nei parchi, credit Mary Blindflowers©

 

 

Paolo Durando©

Poesie, innervature del retrosguardo

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MATTINO

Gli anni del boom nella luce bianca
prima delle pulizie, le tapparelle
trattengono la dismisura, la volgono in strisce.
È ottobre dentro al lettino di vimini,
le automobili rombano nel presente
che impazza, acqua limpida sui pensieri,
prima di quel velo sceso sulla coscienza,
inaspettato, a sette anni.
Avrei ritrovato saltuarie stille,
nelle innervature del retrosguardo,
come quel mattino del ’78 andando a scuola
nel dinamismo della routine. Il piacere
del già noto, del regno parallelo di signore
ancora ben inserite nell’ordito classico,
letti sfatti, lavori domestici in forse
tra le chiacchiere al telefono, dai balconi.
Anche al giorno d’oggi c’è chi resta fuori,
attorniato dal saliscendi degli altri
e magari nuota in piscina, si inoltra nei parchi,
cammina in periferia pensando
a tutto il lavorìo, alle aule di scuole,
al pulviscolare orchestrarsi della compagine.
Leggere sotto un pergolato nell’oceano del fare,
nel brulicare dell’homo oeconomicus,
ritrovando l’inappartenenza di bambini liberi.
Cieli coperti sopra il traffico,
quando a giugno – luglio l’estate si arrende
al ricordo dell’anonimato d’inverno.
Spazio di tempo delimitato,
l’ora di pranzo come balaustra,
confine di un altro modo di esistere.
L’attesa silenziosa che comprime l’alba,
prende la forma dell’inusitato l’uguale
che ritorna.

 

PASTI

Nelle quotidiane rivelazioni della materia,
la vita si coagula in gusto e olfatto,
costituendo un appiglio,
una gruccia a cui appendere l’io precario.
Rito e incontro, sosta di intersezioni,
durata e sostanza di ere domestiche.
Sottrarmi fu mangiare da solo
nelle trattorie, dentro la libertà
di città nuove, o nei luoghi di sempre,
come mai visti, l’involarsi alcolico
di prospettive, solitudini di elevazione.
L’esser gettato. O mangiando ascoltare,
suggendomi nelle storie di altri.
Vecchie allusioni nell’ironia rincorsa, voluta,
come allora in campagna,
l’Appennino digradava nelle serate estive,
gli amici rincorrevano memorie,
tra le risate silenzi carichi di anni.
Ancora una volta riconoscersi,
fuggiti e riuniti nell’altrove dei boschi,
vedendo in lontananza l’asfalto della strada
oltre i filari, nella sua normalità feriale.
E, mangiando, leggere, incunearmi
in nicchie di parole e coperti,
sulle tracce di altre vite,
di mie varianti future e antenati.
Pensare alle mani che impastano,
ai secoli, a frangenti del tempo,
uno e molti, intero e schegge.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

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Rivista Il Destrutturalismo

 

 

Comment (1)

  1. GIANCARLO

    MOLTO INTERESSANTI

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