Madre, figlia, natura, sfinge

Madre, figlia, natura, sfinge

Madre, figlia, natura, sfinge

Madre, figlia, natura, sfinge

Remo Wolf, incisione originale, 2/10, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

Madre, figlia, natura, sfinge. La sostituzione del femminino con il dogma.

.

Il segreto della Sfinge, che la Vergine Maria rappresenta, ci conduce, sempre per mezzo dell’immagine della madre e già prima dell’Iside egizia, al semplice concetto, provato anche da numerose fonti archeologiche primitive, che la madre e quindi il femminino, l’utero primordiale e archetipale, custodisce realmente, nel suo ventre, il segreto e il mistero dell’uomo, così piccolo inizialmente di fronte alla vastità del mondo in cui il destino lo ha proiettato e costretto a vivere, su una terra ostile, popolata di presenze magico-animistiche, di pericoli reali e immaginari.

La Natura in sé e per sé, in questo contesto, era la Grande Madre, mistero infinito per generazioni di uomini, ma poi con il tempo, è diventata, con l’uomo che osserva di più se stesso, una questione secondaria. Ai nostri progenitori di quel tempo – che diciamo cronologico, perché già abbandonato da Aion e governato da Kronos – come viceversa accade ancora a Stonehenge, non interessano più così tanto i moti degli astri e le vicende del Deus Architectus custode del mistero dell’intero universo o cosmo greco. Interessano piuttosto le azioni degli uomini – ora maggiormente occupati nella costruzione ed edificazione di vere e proprie cinte murarie, ciò che metaforicamente diventeranno i dogmi della politica e della fede -, a protezione e salvezza di coloro che al proprio interno dimorano… Eppure, nonostante questo passaggio dalla centralità della natura all’homo faber, le prime città degli uomini – come la riscoperta dell’antica Matera, che reca ancora oggi nel suo nome il più antico sigillo della Mater Matuta – non sono ancora diventate immagini della città di Dio di Agostino.

Quelle antichissime città appartengono agli uomini come Gilgamesh, vissuto nella prima metà del terzo millennio e.a. (evo antico), re signore e padrone di Uruk. All’inizio della storia, egli appare come il dominus assoluto della città, signore e padrone della vita e della morte, divenuto tale e assurto quindi al rango di re per le sue capacità, e in particolare quella di costruttore di una città munita e fortificata. Deus faber, non certo il primo dell’intera nostra storia secolare di uomini – egli, nel prologo del testo sacro sumerico babilonese e assiro, è dunque l’eroe, avente doppia natura di dio e uomo. Per due parti egli è dio, per un terzo è uomo. E tuttavia, rispetto alla storia che sembra cambi narrazione con l’avvento del cosiddetto evo moderno (e.m.) o rivelazione (platonica) del nuovo Chrestos (neo-platonismo), egli è (ancora) dio per parte di madre, come peraltro la madre di Achille, e quindi mortale per causa viceversa del padre.

Interessantissima è però anche la storia di Gilgamesh, quanto alla triade divina che in essa appare, che sintetizza il potere dell’intera comunità degli dei, e che è rappresentata da Anu, Enlill ed Ea (sumerico Enki). Il primo, appare in essa come un dio remoto e lontano, assiso nella sua dimora celeste, aldilà dell’Oceano, e quindi oltre le vie frequentate dagli stessi dei e dagli uomini. Il secondo, appare invece nel suo spirito distruttivo e vendicativo, causa, per mano di Gilgamesh, del sacrificio di Humbaba, il guardiano divino della Foresta dei Cedri. Ea è rappresentato invece come il dio della sapienza, “che dimora nel profondo”, dalle origini incerte, anche se talvolta definito figlio di Anu, “generato a immagine di lui”.

L’antropocentrismo appare così come un destino segnato dalla trinità che non è invenzione cristiana. Del resto il cristianesimo non si è inventato nulla o quasi… Da più che illustre testimone dell’evo antico e dell’avvenuta nascita dell’evo moderno, di cui la figura e la fine mortale di Socrate è immagine emblematica e il racconto della morte del Grande Pan è narrazione, Plutarco certifica che le nature dell’uomo sono due e inseparabili, l’una “intellegibile” e l’altra “sensibile”: l’uomo è uno e trino.

La storia narrata però non è dunque ancora stata oggetto del più grande tradimento dell’anno secolare, che trasferirà il potere supremo dell’inizio dalla madre al padre.

Il cristianesimo ha gradualmente soppresso il culto della Lunare Dea Madre con un affaristico e maschilista unico Dio Padre. Gli spiriti minori della natura, elfi, nani, coboldi, folletti, gnomi, abitanti di laghi, foreste, corsi d’acqua o grotte, spesso piccoli, scuri e mostruosi, sono stati assimilati ai demoni, mettendone in evidenza le qualità negative e distruttrici[1].

Il diciottesimo Arcano Maggiore dei Tarocchi rappresenta la Luna con un volto di donna, stillante dagli occhi lacrime rosse su un sentiero perso tra due torri. Un cane ed un lupo abbaiano alla luce mentre un granchio fa capolino sulla riva di uno stagno. La carta “rappresenta la vita segreta della mente e attraverso un simbolismo chiaramente sessuale, la penetrazione dell’Iniziato nell’ignoto. Il riflesso della luce lunare suscita fantasmi[2]: nella sua fosforescenza si muovono creature della notte, incubi e illusioni. Il cane e il lupo sono gli impulsi animali dell’uomo, liberati dal potere dell’astro notturno. Il granchio sta per la costellazione del Cancro, che domina il silenzio, le forze nascoste, gli influssi invisibili. La luce d’argento lo fa emergere dall’acqua stagnante: è l’arcano che si manifesta e prende forma nel mondo sensibile. I flutti da cui esce sono le acque del Genesi, il caos, l’abisso informe e vuoto dal quale si formò l’Universo”[3].

La tradizione Ermetica associa la luna all’acqua e al principio femminile. La donna, il drago, il Mercurio le dee egizie e le acque esprimono la forza lunare tanto quanto Mithra, Eracle, Giasone, Apollo, Horo e il fuoco sono eroi e simboli solari. E il sole è forma e potenza d’individuazione mentre la Luna esprime la materia e l’universale. Energia sotterranea, madre e donna[4].

“Leucothea, la Bianca Dea… La Triplice Dea-Luna era un simbolo universale nella poesia e mitologia precristiana: greca, fenicia, celtica, romana, scandinava, indù, perfino africana”[5].

La luna è madre del subconscio, dell’interiorità, della vita segreta, la base vegetativa dell’esistenza. [6]. La Luna nei miti e nelle leggende può essere un’infida illusionista. Gli alchimisti citano spesso un salmo in cui si afferma che «nell’oscurità della luna nuova i malvagi scoccano le loro frecce contro i giusti. La luna nuova protegge i ladri e i malfattori quando aggrediscono i buoni. La Luna ha in sé tutto il veleno maligno e la mancanza di fidatezza dell’Anima nella sua condizione originaria. Le qualità maligne della luna sono caratteristiche del femminile»[7].

 La Cabala ebraica, il Libro dei Mutamenti cinese, i Tarocchi, La Clavicola di Salomone, il Libro dei Morti Egiziano o Tibetano non esprimono la scienza ma esplorano in affascinanti viaggi le profondità della conoscenza lunare[8], il mondo dell’invisibile simbolico. Viaggiare in regioni sconosciute della mente è qualità che distingue l’uomo dagli altri animali e gli fa raggiungere più alti gradi di evoluzione, gli fa sentire le vibrazioni dell’universo. Il mondo dell’intuizione spesso sfugge alle leggi della ragione perché va oltre il muro della quotidianità.

Per fortuna ci sono cose inesprimibili che appartengono ad un sottile mondo intuitivo extrasensoriale.

Nietzsche esaltava l’estasi dionisiaca che scaturisce dalle più intime profondità dell’uomo, sperimentando un senso di estatica liberazione.

Per la Chiesa cattolica l’unica libertà era quella di imporre il proprio dominio sugli altri servendosi della superstizione. Ordinava ai fedeli, specie alle donne, che riteneva per natura più propense al peccato, di non cercare oltre verità precostituite. L’indagare, il conoscere, è atto illecito. L’ignoranza conduce in Paradiso come i soldin nelle cassette[9]. La donna che mangia la mela e acquisisce consapevolezza di sé stessa e del proprio corpo fisico, sfida quell’uomo d’affari che è Dio. Nessuno può e deve osare tanto. Si pretende la cieca obbedienza supina al dogma, a verità incomprensibili. La fede non ha occhi né cervello e raggiunge coi roghi l’apoteosi dell’orrore. La Chiesa pietosa fa arrosticini di strega, la Chiesa umile incamera i beni dei condannati, tortura, uccide e ingrassa le proprie rendite in nome di un dio fallico, costruito ad uso e consumo del potere, oppio delle coscienze, vizio inossidabile.

Dai primi nostri progenitori animisti, dalla Grande Madre, Sfinge, mistero insondabile, si passa all’antropocentrismo in cui il ruolo della madre e del femminino gradualmente si attenua fino alla sottomissione. Nasce il trinitario Padre, Figlio e Spirito Santo, come specchio delle rinnovate scoperte dell’uomo, della sua scoperta di avere una parte importanze nelle generazione e quindi nella costruzione della vita. Così Adamo genera, la donna da genitrice diventa generata, da partoriente, partorita dall’uomo. La religione cristiana propone il parto di Adamo che dalla costola, secondo gli antichi testi, in realtà, coda, dà la vita a Eva. La Trinità a questo punto non può che diventare maschile, perché la religione si è accorta che il maschio genera. La Madre diventa padre, la Figlia diventa Figlio, lo spirito della natura diventa Spirito Santo. Trinità, come riflesso delle nuove scoperte umane, che consente, in virtù della compartecipazione maschile alla generazione, il pretesto per eliminare la potenza del femminino, sminuirne l’importanza e sottometterla al potere religioso del maschio che ancora perdura. La religione si rivela fin dagli esordi post-primitivi l’emanazione della concezione del mondo dell’uomo che crea gli dei a sua immagine e somiglianza, non a caso gli dei greci hanno gli stessi vizi e virtù degli uomini reali in carne e ossa, e il dio dei cristiani è a loro imamgine e somiglianza. Niente di nuovo,  si crea un suo apparato di potere che rifletta la mentalità del momento, cristallizzata come un insetto dentro l’ambra. La caratteristica delle religioni infatti è quella di non mutare. Il mutamento e l’evoluzione sono impossibile a causa del dogma che, mentre il mondo cambia, consente alle religioni di rimanere stupidamente e artificiosamente identiche a se stesse, nei secoli dei secoli. Amen.

.

Note:

[1] J. Burton Russell, Il Diavolo nel Medioevo, cit., pp. 52, 53. Si veda anche M. A. Pinna, Picacismo simbolico, Bastogi, 2013 in cui ampiamente si tratta del mito relativo alla Grande Madre e della sua soppressione fallocentrica da parte del cattolicesimo.

[2] «Tre uomini andavano verso il loro villaggio dopo un lungo cammino; erano stanchi morti e avevano fame, poiché erano parecchi giorni che non mangiavano. Camminavano sopra un ponte quando osservarono la Luna che si rifletteva nell’acqua del fiume. “Guarda”, disse uno “c’è un enorme formaggio laggiù”. “Però non possiamo raggiungerlo… è” lontano disse l’altro. Ognuno di loro rimaneva pensieroso, cercando di immaginare la maniera migliore per prenderlo. “Ah, ecco”, esclamò il terzo; “facciamo una catena, legandoci l’uno all’altro, così potremo afferrare quel cacio bello e appetitoso”. Così fecero e si appesero sotto il ponte dandosi la mano. A quello che stava più in basso mancava poco per prendere la cosa che essi credevano fosse formaggio … e allora gridò a quello che stava più in alto: “Ehi, molla un po’la mano perché io possa raggiungere il formaggio, basterà poco…”. Quello si staccò dal ponte e i tre caddero in acqua. La Luna se la rise dell’avventura di quei tre sciocchi», (Misteri e magie dei paesi Baschi, a cura di E. Caianiello, L. Cam, Arcana, Milano, 1995, p. 39).

[3] J. Sabellicus, Magia Pratica, magia di Salomone, la Chiave, formule, pentacoli, evocazioni, incantesimi e riti magici, vol. I, 1976, Mediterranee, p. 7.

[4] J. Evola, La tradizione ermetica, nei suoi simboli, nella sua dottrina, nella sua “Arte Regia”, Mediterranee, 1971, pp. 51-54.

[5] C. Wilson, L’occulto, magia, storia della magia, i poteri latenti dell’uomo, Astrolabio, 1975, p. 61.

[6] M.L.Von Franz, Alchimia, Boringhieri, Torino, 1984, pp. 121, 122.

[7] Ivi, p. 122, 123.

[8] Vedi a tal proposito C. Wilson, L’occulto, magia, storia della magia, i poteri latenti dell’uomo, cit., p. 73.

[9] All’epoca della vendita delle indulgenze da parte di Bonifacio VIII, era stato coniato un motto: “Quando il soldin cade nella cassetta l’anima sale in cielo benedetta”.

.

Christ was a female

Video – The Black Star of Mu

Rivista Il Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

Post a comment