Il poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

ll poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

Il poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

ll poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

Tullio Panteo Il poeta Marinetti comico, 1908, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Il poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

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Tullio Panteo dà alle stampe nel 1908 un saggetto apologetico dal titolo: Il poeta Marinetti comico, libretto di 215 pagine più indice degli argomenti trattati.
Il testo è pubblicato dalla Società Editoriale Milanese di Milano, Corso Buenos Aires 9, ed è ormai raro.
La copertina è in carta goffrata, ornamentale. Il piatto anteriore, con l’indicazione del titolo è stato applicato sulla carta goffrata e riproduce una spiaggia a colori pastello, nuvole, mare e sabbia.
All’interno la carta è patinata e ci sono fotografie e caricature dell’epoca riproducenti Marinetti in diversi momenti della sua vita, al mare, nel suo studio, a teatro a declamar versi, etc.

 

ll poeta Marinetti comico, Tullio Panteo

Tullio Panteo, Il poeta Marinetti comico, 1908, (retrocopertina), credit Antiche Curiosità©

 

Nel preambolo l’autore si propone di tratteggiare un ritratto “palpitante” del famoso avanguardista. I toni sono altisonanti, iperbolici, massimamente elogiativi. Chi si aspetta una biografia sincera e spassionata da queste pagine, rimarrà profondamente deluso. È una raccolta di articoli d’elogio di scrittori e giornalisti dell’epoca, con qualche incursione nella vita privata del poeta. Panteo però fallisce completamente lo scopo di farci sembrare Marinetti più simpatico. Lo spaccato di vita di un poeta milionario che si dedica al bel tempo e alle belle lettere dentro una villa aristocratica, non contribuisce molto a farcelo apprezzare.
Il libro esordisce con la traduzione di un articolo piuttosto snob pubblicato nel Petit Marseillaises, scritto da una scrittrice francese di cui non viene citato il nome. In qualità di “piccola amica” di Marinetti, questa racconta di essersi concessa una gita e di essere andata a trovare Marinetti e Notari nel loro rifugio. Marinetti appare piuttosto ridicolo, si presenta tutto in blu con un fez scarlatto, tenendo al guinzaglio uno scoiattolo tramite un nastro rosa:

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Quella è la Selva, mi dice il ragazzo. Ancora pochi passi e siamo giunti al rifugio. Dinanzi a me ho una scalinata da maniero antico, fiancheggiata da spalliere di rose gialle in fiore; su due pilastri, due statue. Il rifugio è veramente ben scelto. Non vedo nessuno; il silenzio è assoluto. La casa, sepolta nel bosco, sembra deserta; la porta che dà sulla scalinata è chiusa. Ai profani l’ingresso è vietato. Giro intorno. Di dietro, dove nessun occhio umano può penetrare, si apre, vastissimo un cortile. Mi ci fermo e guardo. È questa una immensa sala dei pas-perdus, costruita all’aria aperta, dal pavimento di erbetta molle più vellutato di un tappeto, tutta circondata da alberi secolari e protetta da una gigantesca montagna che le si innalza ai lati… Sul terrazzo del primo piano la figura di Marinetti si profila per un attimo… Tutto vestito di bleu, con la testa coperta da un fez scarlatto, teneva a guinzaglio con un nastro rosa un indomabile scoiattolo dal pelo fulvo e recava sotto il braccio un grosso volume… Passammo quindi nella camera del poeta. Un acutissimo profumo mi diede quasi un senso di nausea. Sul cassettone, sul tavolo, per terra, in grandi vasi di rame, erano raccolti a fasci i sensuali gigli giapponesi dal profumo femmineo e gli iris neri dai lunghi steli e dalle foglie diritte come spade. Attorno agli specchi, sui muri, sopra il letto, lunghi rami carichi di rose bianche e gialle… nella camera un telescopio…

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Buona parte del libro è dedicata poi all’ammirazione de Le Roi Bombance, l’opera marinettiana di tenore gastronomico-simbolico, che viene descritta, riassunta, elogiata senza un apporto critico obiettivo ed efficace. Tutto rimane molto sulla superficie.
Si sottolinea poi a più riprese, con l’aiuto dei versi francesi del poeta, peraltro piuttosto bruttini e aritmici, quanto egli amasse il mare (motivo ispiratore della copertina) e il nuoto. Si racconta anche l’episodio del pugno nell’occhio di un avvocato, difensore di un barcaiolo che aveva fatto causa a Marinetti per averlo scaraventato in acqua:

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…offesosi per una mala risposta data da un barcaiolo ad una signora, afferrava quell’uomo a mezza vita e lo scaraventava nell’acqua… E Marinetti… pagò. Ma egli pagò anche l’avvocato avversario con un così tremendo pugno in un occhio, sferratogli all’udienza per avvalorare il proprio dire, che ne nacque un tumulto…

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Erano i metodi usati da Marinetti perché si parlasse di lui, tanto poi coi denari che non si era mai sudato, sistemava tutto: “a Como ridono ancora dei calembours innumerevoli che corsero per i giornali, resi più gustosi dal contrasto dei due titoli: Il pugno del poeta e l’occhio dell’avvocato“.

Personalmente non so se mi siano più antipatici gli avvocati azzeccagarbugli o i letterati milionari che fanno una vita da aristocratici, partono tronfi solfeggiando canzoni di anarchia e libertà e poi simpatizzano con le dittature. È una bella lotta.

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Rivista Il Destrutturalismo

 

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