Di Pierfranco Bruni©
Il mondo magico è intrecciato in un destino culturale. Lo ebbe a dire Cesare Pavese: “Non sai che quello che ti tocca una volta si ripete? Che come si è reagito una volta, si reagisce sempre? Non è mica per caso che ti metti nei guai. Poi ci ricaschi. Si chiama il destino”. C’è un intreccio sotteso tra magia e destino. Tra civiltà e magia.
“L’uomo magico è esposto al rischio della labilità nelle sue solitarie peregrinazioni, allorché la solitudine, la stanchezza connessa al lungo peregrinare, la fame e la sete, l’apparizione improvvisa di animali pericolosi, il prodursi di eventi inaspettati ecc., possono mettere a dura prova la resistenza del ‘ci sono’. L’anima andrebbe facilmente ‘perduta’ se attraverso una creazione culturale e utilizzando una tradizione accreditata non fosse possibile risalire la china che si inabissa nell’annientamento della presenza”. Il dolore e la disperazione sono il Sud di De Martino.
Ernesto De Martino, nato a Napoli il primo dicembre del 1908 e morto a Roma il 9 maggio del 1965, sosteneva: “L’uomo si è affidato a ripetizioni ritmiche celesti proprio per proteggere il troppo interno e labile calendario del suo cuore, e per poter iscrivere i tempi precari dei cuori nel più stabile tempo del cielo”. Si vive nel “rigurgito del passato”.
Una metafora in un percorso antropologico che recupera ciò che Mircea Eliade sosteneva: “Il sacro si manifesta sotto qualsiasi forma, anche la più aberrante”. In quanto, sempre Eliade: “Trasformando tutti gli atti fisiologici in cerimonie, l’uomo arcaico si sforza di «passare oltre», di proiettarsi oltre il tempo (del divenire), nell’eternità”. Io sono un eliadiano che va chiaramente oltre De Martino. Io dentro il labirinto di Eliade sono convinto con Eliade che: “Nessuna filosofia, nessuna gnosi indiana naufragano nella disperazione. La rivelazione del “dolore” come legge dell’esistenza può, al contrario, essere considerata la conditio sine qua non della liberazione; questa sofferenza universale ha dunque un intrinseco valore positivo e stimolante”.
La lettura di “Sud e magia” di De Martino non è applicabile a tutta l’impalcatura dell’alchimia popolare che si attraversa in molte comunità mediterranee, ma, comunque, resta un punto centrale nei processi antropologici il cui confronto è tra le etnie, appunto, del Mediterraneo e i mondi dello sciamanesimo puro.
Tra i testi di Ernesto De Martino da considerare restano: Naturalismo e storicismo nell’etnologia, Laterza, Bari, 1941; Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo, Einaudi, Torino, 1948; Morte e pianto rituale nel mondo antico: dal lamento pagano al pianto di Maria, Einaudi, Torino, 1958; Sud e magia, Feltrinelli, Milano, 1959; La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud, Il Saggiatore, Milano, 1961; Magia e civiltà. Un’antologia critica fondamentale per lo studio del concetto di magia nella civiltà occidentale, Garzanti, Milano, 1962; I viaggi nel Sud di Ernesto de Martino, a cura di Clara Gallini e Francesco Faeta, fotografie di Arturo Zavattini, Franco Pinna e Ando Gilardi, Bollati Boringhieri, Torino, 1999; Scritti filosofici, a cura di Roberto Pastina, il Mulino, Bologna, 2005.
https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/