Mondi perduti e guerra del metallo freddo

mondi perduti e guerra del metallo freddo

Mondi perduti e guerra del metallo freddo

Di Mary Blindflowers©

Cover libri di Ivan Bruno, foto Mary Blindflowers©

 

L’introduzione di Carmelo Massimo Tidona al romanzo La guerra del metallo freddo di Ivan Bruno, pubblicato da Hyperion, la stessa associazione di cui l’autore è presidente, così recita: “Ci sono atmosfere che combinano, in più di un mondo, il passato e il futuro… un futuro che in qualche modo ci riporta al passato senza però sfociare nell’abusato scenario post-apocalittico già fin troppo adoperato da altri… Ci sono personaggi fortemente caratterizzati, ma non al punto di diventare delle macchiette… Ci sono momenti di azione e di riflessione e attimi di sollievo e divertimento, a volte interlacciati tra loro in un unico flusso di eventi. Ci sono, in sostanza tutti gli elementi che concorrono a creare una vicenda completa e dettagliata… È una storia molto lunga e tutto sommato breve che si può apprezzare tutta d’un fiato o a piccoli sorsi…”.

Se è vero che la scrittura dà la possibilità di estrinsecare ampio panorama di opinioni, direi che qui siamo nel campo giusto. Il romanzo La guerra del metallo freddo, rispetta parzialmente ma in senso negativo, l’imput del titolo, è freddo infatti, freddissimo, anche se più che di metallo sembra di plastica. La struttura stilistica è molto elementare,  il testo è giocato in un futuro non troppo fantasioso e ha l’incoscienza suicida di iniziare con un poco di splatter. Tre personaggi si rifugiano in un bagno, una donna perde la testa nel senso letterale del termine, grazie ad un attacco di guerra; due bambine si ritrovano sole, una viene presa per mano da un soldato che muore durante un altro attacco, lasciando la sola mano alla visione del lettore. Il problema di questo inizio non è tanto lo splatter in sé che è quasi fine a se stesso e utilizzato per colpire chi legge, quanto l’asetticità con cui viene raccontato il tutto. Si caricano gli eventi attraverso uno stile velocissimo e primitivo, fatto di frasi brevissime e immediate, di dialoghi privi di quell’oltre che ci si aspetterebbe da un romanzo di fantascienza. Il lettore nell’immediato precipitare d’eventi, non ha neppure il tempo di affezionarsi ai personaggi, non riesce a provare empatia per una descrizione fredda come il ghiaccio e di fronte alle mutilazioni di soggetti che praticamente non conosce, perché non ha nessuna indicazione psicologica su di essi, rimane indifferente. I dialoghi rari e brevissimi, tra l’altro, non contengono significati simbolici che vadano al di là di quello che si apprende nell’immediatezza della percezione visiva. È tutto velocemente inutile.

I personaggi ricalcano purtroppo degli stereotipi. I loro nomi non evocano immagini profonde ma tratti tipici di nomi già sentiti. Ad esempio il napoletano non poteva che chiamarsi Masaniello, il capitano dell’Armata blu di Francia, Jean Bonaparte. Inoltre c’e una carrellata di personaggi poco caratterizzati, troppi tra l’altro, non essenziali alla trama. Essi distraggono con dialoghi all’acqua di rose. Non manca il tocco religioso con Papa Francesco e Sorella Margherita le cui conversazioni tuttavia non solo sono prive di profondità, ma anche assai improbabili. La trama è stanca, priva di verve, appesantita da troppe presenze inessenziali tra armature, combattimenti, uccisioni, robot, distruzioni, crolli, scontri, etc. Il linguaggio basilare e veloce stanca perché non ha alcun pathos, nessun afflato letterario degno di nota, sembra il resoconto di un contabile. Alcune parti sono del tutto inverosimili. Lo stile è il medesimo dei racconti Mondi perduti, sempre dello stesso autore. Si tratta di narrazioni “fantastiche” che dovrebbero aggirarsi tra sogno e surrealtà. Il vero problema rimane la costante asetticità, e, ancora una volta, una freddezza non programmata ma che si avverte subito a parziale congelamento neuronale di chi legge. Inoltre, anche in questo caso, si nota l’evidente, smaccata, primitività delle trame, alcune delle quali quasi infantili per l’ingenuità. Per esempio nel racconto Habemus Papam, mentre il Papa neoeletto parla a San Pietro davanti alla folla, ecco una navicella a forma di falena grande come un dirigibile da cui esce una voce tuonante che attira su di sé l’attenzione di tutti: «Fate silenzio! Lasciate che mi presenti al mondo intero: sono lo stimatissimo dottor Eureka!… Da anni sto costruendo una flotta ultra tecnologica con il solo intento di dichiarare guerra agli impostori del Vaticano. Questi falsi predicatori sono solo degli alieni parassiti e hanno invaso il nostro pianeta con l’intento di dominarci. È da duemila anni che ci prendono per il culo! Lo streaming riprese il suo flusso regolare nel momento in cui il cronista strillava, in preda al panico: “Oh mio Dio! Mio Dio!” Durante quel grido isterico dal dorso della falena partirono dozzine di razzi luminosi diretti contro Papa Francesco… un muro di luce si eresse a sua protezione, come una barriera, e ogni colpo venne assorbito al suo interno, implodendo nel nulla… i fedeli inneggiarono cori di preghiere… Il dottor Eureka tuonò di nuovo, questa volta furioso: “Stolti! Attraverso le vostre preghiere gli alieni si nutrono di energia spirituale. Si stanno servendo di voi per i loro oscuri progetti… Papa Francesco pronunciò qualcosa di simile a una formula magica : Vicit lo de tribu Juda, radix David! Una forza invisibile investì l’insetto meccanico, il quale iniziò a comprimersi, rimpicciolendosi… la falena si contorse oltre la propria minima massa sino a esplodere come una minuscola bolla di sapone».

Uno stile alla Jeeg Robot, costruito su raggi luminosi che sanno d’asilo d’infanzia e navicelle che rimpiccioliscono dopo aver fatto la voce grossa. 

Non si tratta di racconti destinati ai bambini, ma ad un pubblico adulto e un adulto forse pretende di più.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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