Signori si nasce e la Gualtieri “lo nacque”

Signori si nasce e la Gualtieri "lo nacque"

Signori si nasce e la Gualtieri “lo nacque”

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

La mer, credit Mary Blindflowers©

 

Dato che il clima è migliorato parecchio, ieri ci siamo fatti una bella passeggiata al mare vicino a cui abitiamo e, per passare il tempo accanto a due mogli sferruzzanti con un principio di scottatura solare sul naso, abbiamo deciso, sotto l’imput di alcuni divertenti dibattiti letti nei social, di rileggere una poetessa che ci ha sempre resi perplessi. Mariangela Gualtieri.

Iniziamo con una sua lirica martellante e iterativa che secondo noi è una delle “migliori”:


Io sono spaccata, io sono nel passato prossimo,
io sono sempre cinque minuti fa, il mio dire è fallimentare,
io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all’essere e non lo so dire, non lo so dire
io appartengo e non lo so dire, non lo so dire
io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire

io sono senza aggettivi, io sono senza predicati,
io indebolisco la sintassi, io consumo le parole,
io non ho parole pregnanti, io non ho parole
cangianti, io non ho parole mutevoli,
non ho parole perturbanti,
io non ho abbastanza parole, le parole mi si
consumano, io non ho parole che svelino, io non ho
parole che puliscano, io non ho parole che riposino,
io non ho mai parole abbastanza, mai abbastanza
parole, mai abbastanza parole

ho solo parole correnti, ho solo parole di serie,
ho solo parole fallimentari, ho solo parole deludenti,
ho solo parole che mi deludono,
le mie parole mi deludono, sempre mi deludono
sempre sempre mi deludono, sempre mi mancano

io non sono mai tutta, mai tutta, io appartengo
all’essere e non lo so dire, non lo so dire io
appartengo all’essere e non lo so dire,
io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire.

Mariangela Gualtieri, da Fuoco centrale e altre poesie per il teatro, Einaudi 2003.

L’attacco è teatrale e criptico e potrebbe anche funzionare, se poi venisse spiegato meglio. Che cosa vuol comunicare la Gualtieri con il suo ribadito urlo della propria imperfezione metaforizzata con reiterate elencazioni grammaticali? Perché essere nel passato prossimo simbolizzerebbe una mancanza, un’incompiutezza? A noi pare una contraddizione, poiché la poetessa dovrebbe esser consapevole che linguisticamente per altri idiomi il present perfect, come dice il suo stesso nome, dovrebbe dare l’idea proprio di ciò che l’autrice intende disatteso nella sua modalità esistenziale, l’azione perfettamente adempiuta e lo stato succedaneo a quel compimento: io ho mangiato, dunque avendo completato quell’azione, ora sono sfamato. Ma la ripetitività della lessicopenia ad allegorizzare la propria incompletezza ci pare asfittica ed improduttiva a livello creativo-poietico, atteso che anche chi è deprivato di linguaggio può appalesarsi compiuto nella sua essenza mercé il pragmatismo e la tangibilità del suo porsi nell’esistere. Il martellamento dell’orfanezza sintattica e lessicale non genera emozioni che si sfaldano in un senso di incompiutezza. Si potrebbero trovare tanti esempi di maggiore trasfusione emotiva in esternazioni completamente antinomiche alla fissità della penuria verbale di cui parla l’autrice. L’assenza di levigatezza e di rispondenza nelle linee che paiono pura prosa completa il quadro negativo del giudizio artistico sul suo prodotto poetico. La reiterazione di uno stato d’animo di inadeguatezza non sufficientemente sviluppata nelle sue cause, concause e conseguenze logiche e/o illogiche, lascia nel lettore un senso di vuoto non colmato. Perché sei inadeguata? Cosa c’è dietro questo tuo disagio? La risposta a questo tipo di domande che sconfinano nell’oltre, non è minimamente affrontata, così la lirica rimane limitata nel suo volo a livello di una semplice lamentazione, senza fondo strutturale che ne sorregga il senso. Un disagio di vivere fine a se stesso dunque, che potrebbe anche avere futili motivi, che potrebbe anche essere un semplice capriccio individuale. Ecco il problema vero, la lirica non si stacca da un orizzonte di pigrizia solipsistica, non riesce a comunicare sentimenti universali, a dare quell’emozione in più che squarci i veli dell’ essere nel mondo, attraverso la comunicazione reale di un problema. Si rimane in un indefinito limbo, come se la precisazione fosse pericolosa e attentasse alla compostezza formale dei versi. L’iterazione poi è un vecchio trucco teatrale che non attiene allo sperimentale, ma dovrebbe avere uno scopo rafforzativo-ipnotico. Certamente non si tratta di versi sgradevoli, sono musicali, bellini, sì, ma limitati nel loro senso, nella comunicazione letteraria, come un uccello dalle ali spezzate.

Passiamo alla seconda lirica:

In quest’ora della sera
da questo punto del mondo

Ringraziare desidero il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare
ringraziare desidero
per l’amore, che ti fa vedere gli altri
come li vede la divinità
per il pane e il sale
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede
per l’arte dell’amicizia
per l’ultima giornata di Socrate
per il linguaggio, che può simulare la sapienza
io ringraziare desidero
per il coraggio e la felicità degli altri
per la patria sentita nei gelsomini

e per lo splendore del fuoco
che nessun umano può guardare
senza uno stupore antico

e per il mare
che è il più vicino e il più dolce
fra tutti gli Dèi
ringraziare desidero
perché sono tornate le lucciole
e per noi
per quando siamo ardenti e leggeri
per quando siamo allegri e grati
per la bellezza delle parole
natura astratta di Dio
per la scrittura e la lettura
che ci fanno esplorare noi stessi e il mondo

per la quiete della casa
per i bambini che sono
nostre divinità domestiche
per l’anima, perché se scende dal suo gradino
la terra muore
per il fatto di avere una sorella
ringraziare desidero per tutti quelli
che sono piccoli, limpidi e liberi
per l’antica arte del teatro, quando
ancora raduna i vivi e li nutre

per l’intelligenza d’amore
per il vino e il suo colore
per l’ozio con la sua attesa di niente
per la bellezza tanto antica e tanto nuova

io ringraziare desidero per le facce del mondo
che sono varie e molte sono adorabili
per quando la notte
si dorme abbracciati
per quando siamo attenti e innamorati
per l’attenzione
che è la preghiera spontanea dell’anima
per tutte le biblioteche del mondo
per quello stare bene fra gli altri che leggono
per i nostri maestri immensi
per chi nei secoli ha ragionato in noi

per il bene dell’amicizia
quando si dicono cose stupide e care
per tutti i baci d’amore
per l’amore che rende impavidi
per la contentezza, l’entusiasmo, l’ebbrezza
per i morti nostri
che fanno della morte un luogo abitato.

Ringraziare desidero
perché su questa terra esiste la musica
per la mano destra e la mano sinistra
e il loro intimo accordo
per chi è indifferente alla notorietà
per i cani, per i gatti
esseri fraterni carichi di mistero
per i fiori
e la segreta vittoria che celebrano
per il silenzio e i suoi molti doni
per il silenzio che forse è la lezione più grande
per il sole, nostro antenato.

Io ringraziare desidero
per Borges
per 
Whitman e Francesco d’Assisi
per Hopkins, per Herbert
perché scrissero già questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini.
Ringraziare desidero
per i minuti che precedono il sonno,
per gli intimi doni che non enumero
per il sonno e la morte
quei due tesori occulti.

E infine ringraziare desidero
per la gran potenza d’antico amor
per l’amor che se move il sole e l’altre stelle.
E muove tutto in noi.


Bello mondo. Da “Le Giovani Parole” (2015) Einaudi editore

Eccoci all’elenco del telefono dei ringraziamenti a cui manca solo un amen finale. Insomma un’elencazione eucaristica cui ronza nelle orecchie “Il Cantico delle creature” il cui autore la poetessa ha la modestia di citare come fonte ispiratrice; transeat per l’ammissione di dipendenza per eludere l’accusa ipotetica di plagio, ma è evidente che l’autrice ha una fissa: la reiterazione delle formulazioni e delle invocazioni (io ringraziare desidero alla fine ci esce dalle orecchie e noi che siamo vecchi ed ipoacusici ne siamo devastati!) punta ad ottenere un effetto attrattivo-ipnotico, ma, ci perdonerà la Gualtieri, a nostro parere, cesura troppo il ritmo e rischia di generare una vera caduta ipnotico-letargica nelle braccia di Morfeo: ci vorrebbe una buona dose di caffeina per arrivare alla fine dell’impetratio! Un interrogativo finale sulla chiosa: che costrutto è quello che chiude il periodo con un punto dopo una protasi di periodo ipotetico monco della consequenziale apodosi? (“E infine ringraziare desidero per la gran potenza d’antico amor per l’amor che se move il sole e l’altre stelle.”)

Abbiamo letto tante liriche della Gualtieri e le poesie succitate non sono neppure le peggiori. La prima infatti nel suo vuoto ha comunque un certo carisma estetico. Ad una certa età siamo diventati teneri come burro e abbiamo preferito scegliere due poesie a caso, senza puntare il dito ah hoc su altre liriche definibili pessime fin dall’attacco.

Quando il sole ha iniziato a declinare sulla spiaggia dorata, ci siamo chiesti, ma perché mai questa signora pubblica con i grossi editori?

Come diceva Totò, signori si nasce e, a quanto pare lei “lo nacque” e questo sembra essere in Italia più che sufficiente, anzi determinante.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comment (1)

  1. Rita

    Secondo la mia modesta opinione le poesie così intimiste le trovo immature. Se l’autore non supera se stesso collocandosi come ponte fra sé e il cosmo non si è risolto e tanto meno può comunicare qualcosa che sia condivisibile da tutti. Forse sbaglio, non ho la vostra chiave di lettura. Ho trovato i due testi inizialmente carini ma poi prolissi, non mi piace il verbo alla fine del verso che apporta un che di antiquato che stona

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