La morte, estrema chance per esser letti©

La morte, estrema chance per esser letti©

Di Annamaria Bortolan©

“Lingualuna”, mixed media on paper, 42 x 30 cm. by Mary Blindflowers©

 

C’è un diffuso snobismo per cui gli sia gli autori che pubblicano con piccoli editori che i selfpublishers, non vanno nominati né recensiti da parte di chi scrive per mestiere, sulla stampa di grande tiratura. Questo silenzio motivato dal considerare i self avversari indegni di confronto non sta portando nulla di costruttivo ma rinforza l’idea che nel nostro paese la cultura sia nelle mani di un gruppo di potere che fa capo alle più grandi case editrici, con interessi politici ed economici. O sei sostenuto da un partito, da una parrocchia, da un’insigne parentela e allora sei dentro, altrimenti sei fuori, anche se scrivi da dio (il minuscolo è voluto).
Per contro alcune assurde manovre di marketing operate da alcuni self, e talvolta anche da chi pubblica con piccoli editori, consistenti nel regalare la propria opera, chiedendo ai destinatari del dono una recensione su Amazon, recensioni che paradossalmente non di rado affossano il libro, evidenziando l’impreparazione grammaticale di chi lo ha scritto, non fanno che gettare olio sul fuoco di un contrasto che non pare destinato a sopirsi. Già, perché il libro regalato toglie al lettore la voglia di spendere per leggere. Considerato l’affossamento delle conoscenze di cui l’Italia è maestra, la fascia dei “lettori forti” (tra gli undici e i quattordici anni) sempre più spesso sceglie il self di bassa qualità, quello scadente quanto a stile e zeppo di errori che i ragazzini assimilano, dimenticando anche quelle minime conoscenze grammaticali provenienti dalla scuola dell’obbligo. Ricordiamo però che vi sono anche molti altri selfpublishers che sanno scrivere, che hanno una buona cultura di base se non addirittura specialistica ma che non riescono ad emergere data la povertà culturale dilagante. Eppure basterebbe che i lettori andassero a leggere quello che l’autore posta sulla sua pagina Facebook per valutare se è in grado di scrivere oppure no. Ma niente da fare: troppo difficile se per primi non si è in grado di decodificare quanto viene scritto.
D’altra parte chi scrive molto bene ma, nonostante tutti i suoi sforzi non riesce ad arrivare al grande editore, si ritrova per forza di cose trascinato nel selfpublishing o firma un contratto con qualche piccola casa editrice. E magari si accorge che, tempo dopo che il suo libro è uscito, qualche autore noto ha pubblicato un romanzo che segue lo stesso andamento del suo, ripercorrendo le sue stesse tematiche. Certo, ci sono molti altri testi che affrontano quegli stessi argomenti, non è detto che vi sia stata una copiatura, ma dov’è il problema se nessuno ha parlato di plagio ma solo di somiglianze? E quindi lo fa notare, ingenuamente chiede, ottenendo solo attacchi risentiti nei confronti di un pezzo pubblicato da una nota blogger che, avendo letto entrambi i volumi, ha detto la sua, a differenza della parte avversa che ha dimostrato di non aver letto nemmeno una riga del testo redatto dall’autore non famoso. Evidentemente ciò che non entra a far parte di un certo circuito commerciale non va preso in considerazione, nemmeno per valutare una questione di un certo peso. È accaduto di recente e non faccio nomi onde evitare di risollevare un polverone che è via via andato assumendo toni sempre più squallidi, concludendosi addirittura con l’invito al suicidio dello scrittore misconosciuto da parte di un autore-giornalista della grossa editoria. Perché i romanzi postumi sono valutati diversamente e la morte appare come l’estrema chance perché siano letti, è stato detto.
O basterebbe la tessera di un partito, il compiacimento di una parrocchia, una parentela di un certo peso?

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