I bon bon di Stefano: “What a wonderful world!”©

I bon bon di Stefano: “What a wonderful world!”©

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Scotti? Disegno fatto a 8 anni by Mary Blindflowers©

 

Oggi fa un caldo davvero intollerabile, nemmeno la birra ghiacciata sembra darci refrigerio. Meglio non uscire, ci mangiamo una torta, due bon bon… Ma sì, curiosiamo un po’ nel web. Ecco qua, voilà: il blog ufficiale di Stefano Bon, un blogghettino triste triste, senza verve, senza nemmeno immagini. Siccome non bisogna mai fermarsi alle apparenze e noi abbiamo l’abitudine ormai in disuso di leggere prima di giudicare, decidiamo di procedere con la lettura di un racconto a caso: What a wonderful world.

Colpiti dall’armstronghiana originalità del titolo, sentiamo a metà racconto di non potercela fare, non amiamo le telenovelas, le detestiamo, sono banali, melense, tuttavia masochisticamente continuiamo.

Ci troviamo di fronte ad una trama completamente inverosimile, degna della peggior soap-opera di serie B, coi personaggi completamente slegati tra loro, sistemati un po’ come le virgole, a caso.

È la storia di due coniugi, Denis e Matilde, che non vanno più d’accordo. Tra dialoghi elementari dalla sintassi sgangherata, condita con uno stile che ricorda un temino delle elementari, l’autore cerca disperatamente di mettere insieme un abbozzo di trama. Denis, il protagonista, dopo aver litigato con la moglie, esce di casa e incontra una splendida quarantenne che subito gli si concede, senza problemi. Dopo aver fatto cilecca con la donnetta consenziente, incontra un suo amico, Fabrizio, che lo invita ad una bella festa in una vecchia casa. Si mettono d’accordo per la sera e si salutano. Ma ecco, il nostro eroe incontra il cugino e scopre che il suo amico Fabrizio in realtà è morto e sepolto. Allora Denis va all’appuntamento con il morto che ammette d’esser morto, come del resto tutti gli altri personaggi presenti al meraviglioso festino. E chi ti va ad incontrare lì? Carramba, che sorpresa! Ecco la mamma defunta che sta preparando da mangiare, secondo il classico stereotipo italiano mamma-cucina. La mamma è sempre la mamma! E cosa scopre Denis a questa festa? Che il padre non è morto di dolore per la perdita della madre, ma si è suicidato. Poi la madre gli dice di andare a casa dalla moglie e Denis ubbidisce. Ma a casa non trova la dolce metà, allora la cerca per tutta la città. La trova nel ristorante da dove lei esce, sprezzante, ma dopo pochi secondi fanno pace e si abbracciano, solo perché lui le dice: “Io voglio stare con te”, la formula magica che aggiusta tutto come nelle peggiori favole mai scritte. Intanto dei punk, che non si capisce bene da dove siano sbucati, volteggiano allegramente sulle note di Strauss.

Dopo un primo abbacinamento per questa trama inutile che sembra concepita da un bimbo appena caduto dal seggiolone, osserviamo vari refusi, tipo le invece di lei, ma non ci facciamo caso, perché i refusi possono capitare anche a noi e pure ai migliori scrittori. Chi è che non fa mai un refuso?

Quindi sorvoliamo.

Addentriamoci invece nella lettura critica del testo.

Davvero deve essere un mondo meravigliosamente gravido di accoglienza e tolleranza il mondo editoriale che consente a Stefano Bon di arricchire i lettori ignari, nel giro di una paginetta o poco più, di primizie quali quelle di seguito riportate:

Prenotare un ristorante: il protagonista riserva per sé e sua moglie l’intero locale, anziché un semplice tavolo per due;

Almeno il lusso li avrebbe aiutati a sopportarsi: magnifico e sagace spunto cinico: le agiatezze hanno sempre attutito le incompatibilità (coppie in crisi, ricorrete al lusso! Più agio e meno divorzi! Un messaggio altamente consolatorio. Educativo anche);

In perfetta simbiosi con le altre mattine: dicesi simbiosi, in biologia, l’associazione tra due o più animali ovvero vegetali di specie diversa; nel linguaggio figurato si tratta di associazione ovvero coesistenza, stretto rapporto, compenetrazione di elementi diversi. Qui si parla di mattine: quali sarebbero gli elementi diversi fra loro da far coesistere? Circiterismo lessicale incredibile! Suggeriamogli: in perfetta identità, in perfetta analogia, in perfetta continuità ovvero in perfetta somiglianza con le altre mattine;

L’entusiasmo era poi scemato, fino sparire, come in quei tempi: la congiunzione fino va usata in unione alla preposizione semplice a; ma che significa poi “come in quei tempi? Qui probabilmente siamo di fronte ad un trismegistismo da decrittare; proviamoci! “L’entusiasmo era poi scemato, diversamente da quello dei vecchi tempi, fino a sparire poi del tutto”…più alla portata del lettore medio!;

Pensò che fare il presepe, gli avrebbe ridato un po’ di buon umore: addirittura una virgola per separare il soggetto logico della dichiarativa dal suo predicato verbale! Roba vietata sin dalle elementari! Soggetti, predicati e complementi non vanno mai asindeticamente compartimentati all’interno  della proposizione che sostanziano!;

Lui non le rispose, appoggiò la roba sul tavolo e si mise a scartabellare: vale a dire a rovistare, perché il protagonista non sta facendo alcuna ricerca di archivio né tampoco scorrendo pagine ovvero fogli di libri o incartamenti da leggere; sta semplicemente prelevando dallo scatolone le statuette del presepe! Altra inesattezza lessicale! Scartabello da CARTAPELLO, dal Latino CHARTA e PELLIS, cioè CARTAPECORA;

Sei proprio un idiota! Non riesco a capire come caxxo ho fatto a sposarti!: con tutta la comprensione per il tono colloquiale e volgare, ma, sia fatta salva la regola sintattica! Le interrogative indirette andrebbero al congiuntivo! (come caxxo abbia fatto a sposarti!);

Guarda cretina che esiste il divorzio!: Il complemento di vocazione andrebbe inscritto tra due asindeti! (Guarda, cretina, che esiste il divorzio!);

In un passò dalla cucina alla sala da pranzo: anche qui italiano criptico! Chiaramente è saltato un sostantivo tipo “attimo, “amen, “baleno, “lampotra un passò;

casadiDio – chissàcchi: l’autore si cimenta in neologismi ortografici infelicissimi;

Era Teresa una vecchia amica di sua moglie: qui dove l’asindeto necessiterebbe per scevrare l’apposizione dal sostantivo di riferimento, l’autore ci ammannisce una unità concettuale tutta sua: soggetto ed apposizione incollati!;

-“Già…” sospirò lui “Sai com’è…” continuò la donna incerbiattendosi ulteriormente…: che vuol dire “diventare ancor più cerbiatta di prima? Il verbo è un neologismo, ma quell’avverbio di modo indica una progressiva trasformazione in cerbiatta: saremmo grati se potessimo capire che significa fare la cerbiatta. Snellirsi? Velocizzarsi? Resta un mistero. Il contesto non agevola la comprensione.

Potremmo continuare, ma a una certa età si inizia ad aver pietà di se stessi e soprattutto della propria salute.

Insomma in una pagina una decina di errori lessicali, sintattici, ortografici e di refusi da distrazione, il tutto scondito da una trama da burletta. Iam satis! Ci basta per non voler andare avanti nella comprensione della magnanimitas dell’editore che ha acconsentito alla pubblicazione di un simile autore.

L’editoria italiana è armstronghianamente a wonderful world!

Insomma questo signore pubblica libri nell’alta editoria. Che Dio ci salvi!

Comment (1)

  1. François Nédel Atèrre

    Well said!

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