Vive di sola bellezza

Vive di sola bellezza

Vive di sola bellezza

Vive di sola bellezza

Albero tagliati, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Vive di sola bellezza

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“Gentili telespettatori, buonasera. In questa puntata di Mi manda qualcuno affronteremo il tema dell’arte contemporanea, del suo significato, dell’impatto psicologico e sociale che un certo tipo di sensibilità artistica può avere sul pubblico più o meno colto. E affronteremo questi argomenti in compagnia di un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, rettore di un’importante università, membro della società Artisti si diventa, regista teatrale, opinionista in numerose testate giornalistiche italiane, un artista vero, le cui recenti istallazioni hanno suscitato unanimi consensi nella critica più esigente. Abbiamo con noi in studio il professor Mario Gobli. Si accomodi. Professor Gobli, cos’è l’arte per lei?”.

“Un’emozione pulsante che dovrebbe appagare spirito e sensi. Quale di questi due elementi è più importante? In passato  l’arte è stata soprattutto la rappresentazione fedele della bellezza. Oggi abbiamo, per fortuna, superato la finitudine della perfezione formale per elevarci al concetto, parola chiave delle mie fatiche, come lei ben saprà. Più che accontentare l’occhio, e soddisfare chi guarda le mie opere attraverso la piacevole attrattiva rappresentata dal bello, io creo qualcosa di nuovo… Attraverso i materiali che uso per le mie istallazioni, esprimo la mia precisa idea del mondo…”.

“E si tratta di materiali poveri, presi dalla natura…”.

“Certo, pezzi di legno, fiammiferi, carta, stracci, colori naturalmente e vetro, pietre…”.

“Pezzi di macchine”.

“Sì”.

“Cessi…”.

“Esatto. L’istallazione che ha avuto più successo è proprio l’ultima che ho fatto… Un’opera originale nella quale uso 130 tazze…”.

“Del cesso”.

“Esatto. Disposte su un’ampia superficie erbosa… occupano 50 metri quadri di terreno…”.

Mi strappai il microfono, piantai il prof. sotto le telecamere e corsi in camerino.

“Noo! Io non ce la faccio… Cessi su un prato! Non posso condurre una boiata del genere, questa non è arte! È spazzatura! Stiamo prendendo per il culo tutt’Italia!”.

Lo dissi chiaro e tondo, non potevo continuare con questa buffonata, era troppo anche per me! Il regista furioso, mi raggiunse.

“Che cazzo fai? Sei impazzito, per caso? Bisogna continuare con le prove, domani abbiamo la diretta”.

“Me ne fotto! Quello non lo intervisto!”.

“Ma che ti prende?”.

“Mi prende che se dei cessi su un pezzo di terra sono arte, mi faccio prete! Andiamo, sappiamo tutti come vanno certe cose…”.

“Ma che dici!”.

“Dico che l’illustre professore non sa tenere neppure il pennello in mano, a parte quello microscopico che ha in mezzo alle gambe!”.

“Ma che te ne frega! Tu lo devi solo intervistare”.

“Questa è la morte dell’arte, te lo dico io, altro che intervistare! Com’è che ha detto? Superare la finitudine della perfezione formale per elevarci al concetto…”.

“Senti, caro, ti ricordo che nessuno è indispensabile…”.

“Che vuoi dire?”.

“Che tu oggi intervisterai Gobli, altrimenti alzi le tende e via”.

“Davvero? E pensi che io possa sottostare a questo tuo ricatto di merda?”.

Il direttore del programma, rise, sarcastico. “Sì, penso proprio di sì, del resto non sarebbe la prima volta…”.

Avvampai. “La trasmissione non andrà bene senza di me, il pubblico mi ama”.

“Il pubblico non ama nessuno tranne se stesso e il gossip, ti dimenticheremo presto”.

“Non posso crederci…”.

“Muovi il culo e vai a fare quello che devi. Non è difficile, hai le domande preconfezionate, scritte chiare chiare sul tuo bel taccuino, devi solo ripeterle a voce alta”.

“È questo il punto! Domande già pronte! Credi che io non sia in grado di scrivermele da solo! Credi che sia un imbecille!”.

“Stai appena iniziando… Che pretendi? Di fare e disfare a tuo piacimento? Ci sono delle regole qui, e vanno rispettate alla lettera! O così o aria! Capito?”.

“E va bene, andiamo dal bastardo”.

Rientrai in studio. Riprendemmo da capo, tutto bene finché non decisi di cambiare tattica…

Ad un certo punto smisi di leggere le domande. “Professore”, dissi con un sorriso, “mi permetta la curiosità, ma dove ha comprato i cessi per realizzare l’opera?”.

“Non credo che questa sia una domanda… Non penso di poter rispondere…”.

“Perché no?”.

“Sarebbe pubblicità ad un esercizio commerciale, io sono un artista…”.

“Davvero? Ho fatto delle ricerche. Secondo le informazioni in mio possesso lei ha comprato i cessi da un certo Zappatini, non è vero?”.

Arrivò troppo presto lo stop della regia. Stop! Stop!

Successe un casino. Qualcuno mi prese per un braccio, incitandomi a lasciare in pace Gobli.

Io continuavo a gridare: “E non è vero, professore che il tale Zappatini del negozio di cessi, è fratello dello Zappatini, politico, vicesindaco, che le ha dato il permesso di eseguire l’installazione, diciamo così, artistica, su un terreno pubblico, di proprietà del comune? E vero o non è vero? Ed è vero che l’opera, chiamiamola così, è stata realizzata col finanziamento comunale? Coi soldi dei cittadini? Coi nostri soldi? Ah, è vero, o no? I tre compari, arte! Lei è indegno di pronunciare questa parola, indegno!”.

Gobli era livido.

I dirigenti della rete mi diedero l’ultimatum. O chiedevo scusa al bastardo e gli facevo esattamente le domande che mi avevano preparato, oppure dovevo andarmene, arrivederci e grazie.

Avevo poche ore per decidere. Promisi a me stesso che mai avrei ceduto al ricatto. Per chi mi avevano preso? Ero un professionista serio… Certo, per anni avevo fatto la fame in una mansarda dove non potevo stare in piedi, scrivendo gratis per giornali culturali di provincia pressoché sconosciuti… Ora era diverso… La televisione era la mia grande occasione, mi aveva dato tutto, ricchezza, popolarità, un appartamento lussuosamente arredato al centro della città, una fuoriserie rosso pomodoro, un po’ volgare forse, ma bella… Tutto ha un prezzo… Ho fatto salti mortali per entrare in rete. Il salto decisivo però è stato quello sul letto del regista… “Alberto”, mi disse, “vienimi a trovare, uno di questi giorni…”. Ci sono andato, a trovarlo… Mia moglie non sa niente… Certo la libertà com’era bella… E la purezza di quei primi anni ormai perduta per sempre…

Decidere, decidere… Non è facile… Stavo per perdere tutto in nome di un principio. Quest’idea mi faceva star bene, finalmente in pace con me stesso. Una volta anch’io dipingevo, poi ho rinunciato perché ho capito che mi mancava qualcosa per essere un artista vero, non avevo l’originalità e la follia del genio, la capacità di osare, sfidando la povertà, i pregiudizi del business. Sì, perché l’arte in un paese come il nostro, è soprattutto business, politica, conoscenze, compromessi… Se conosce, anche con poco talento, può diventare in pochissimo tempo “uno quotato”, allestire una “personale” e fare carriera rapida e sicura. Se pure hai molto talento, ma non conosci nessuno, puoi stare tranquillo che morirai povero, solo, dimenticato da Dio e dal mondo. Tutto si riduce a questo…  Non me la son sentita di sacrificare la vita all’arte pura, alla bellezza… Pensai: “chissà, forse un giorno non troppo lontano ricomincerò a dipingere solamente per il gusto infantile e creativo di farlo, senza preoccuparmi di dover vendere i miei quadri. Mi sono già venduto abbastanza… Il regista in fondo è solo la punta dell’iceberg. La corruzione vera e propria inizia col denaro. Quando ne fiuti l’odore non sai più rinunciarci… L’intervista comunque non la faccio per tutto l’oro del mondo. Andrò da mia moglie Cleo stasera e le dirò di essere stato licenziato, niente più trasmissione, tutto finito… Non potrò regalarle la pelliccia di visone selvaggio quest’anno. Meno male… Non ho mai capito perché alle donne piaccia vestirsi con pezzi di cadaveri animali. Vivremo da poveri… Venderò la macchina… La gente smetterà di chiedermi l’autografo… In poco tempo nessuno mi riconoscerà più, scivolerò nell’oblio… Sarà bello ricominciare… Del resto ho solo trentaquattro anni, tutta la vita davanti… Adesso vado in studio e dico a tutti che mi licenzio, sì! Proprio così, non siete voi che mi licenziate, sono io che me ne vado! Almeno riconosceranno che un po’ di carattere ce l’ho anch’io, che non mi faccio manipolare dall’alto, che non mi presto alle buffonate… Vado a mangiarmi un panino, poi corro a licenziarmi. Mi sento improvvisamente leggero, felice…”.

 

In studio faceva caldo. Rientrai con passo deciso. Mancavano dieci minuti alla diretta. Mi ritrovai il quaderno delle domande in mano, la truccatrice che si affannava a spargermi il cerone in faccia, il tecnico che agganciava il microfono al colletto della mia camicia… Qualcuno mi rimproverava per il ritardo, uno, due, tre…

“Gentili telespettatori, buonasera. In questa puntata di Mi manda qualcuno affronteremo il tema dell’arte contemporanea…”. Non sbagliai neppure una virgola, perfetto, come sempre. Il professor Gobli alla fine dell’intervista mi strinse la mano in diretta tv, sorridendo compiaciuto. Del resto non si vive di sola bellezza…

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Pensando a Virgilio e Orazio…senza dare il culo ad Ottaviano Augusto sarebbero rimasti anonimi ad Andes e Venosa….

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