Salvatore Dedola©
Auguri per la Befana?
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BEFANA it.. ‘befana’, ‘vecchia laida’; a Sassari con BEFANA s’intende anche la ‘festa dell’Epifanìa’ detta in sassar. anche Paχa di l’Annùntziu. Ecco una frase sassarese: drommi drommi ki t’iscéḍḍa la befana ‘dormi, che ti sveglia la befana’ (detto a chi è imbambolato). La frase ha senso tragico, accenna a un sonno che può diventare eterno.
Si badi bene che BEFANA nel senso di ‘vecchia laida’ ha base etimologica simile, almeno in parte, a quella di BEFFA (da sumerico be ‘to cut off, tagliar via’ + pad ‘to break, fare a pezzi’) ed anche simile a quella di BECCHINO (da sum. be ‘tagliar via, ridurre a pezzi’ + kin ‘falce’ = ‘ridurre a pezzi a colpi di falce: emblema della Morte).
Invero, la base etimologica di BEFANA è un aggettivale in -na dal sum. be ‘to cut off, tagliar via’ + pad ‘to break, fare a pezzi’.
Il composto bep-pad in origine indicò l’atto di ‘tagliar via (estirpare dalla vita) riducendo in brandelli’.
Si osservi anche l’etimologia egizia: da BEFEN ‘uno dei sette scorpioni di Iside’; BEBI ‘un dio dei morti con la testa di cane’, da BEB ‘to be violent’.
Nonostante l’attuale aspetto beffardo e giocondo, gli indizi qua prodotti fan pensare alla Befana nell’alta antichità come emblema della Morte che si presentava ai Carnevali ad indicare la fine dell’anno appena passato. In Sardegna essa viene sostituita egregiamente, nei Carnevali, da sa Filonzàna (la Parca che taglia il filo dell’esistenza). Infatti ovunque sa Filonzana è sempre trassata come Befana.
Controprova di questa interpretazione etimologica e carnascialesca sta nel Pulci (Morgante, V, 39-42), allorché egli descrive un essere demoniaco simile a Befanìa o Belzebu: «Egli avea il capo che parea d’un orso / piloso e fiero, e’ denti come zanne, / da spiccar netto d’ogni pietra un morso; / la lingua tutta scagliosa e le canne; / un occhio avea nel petto a mezzo il torso, / ch’era di fuoco e largo ben due spanne; / la barba tutta arricciata e’ capegli, / gli orecchi parean d’asino a vedegli, / le braccia lunghe, setolute e strane, / e ‘l petto e ‘l corpo piloso era tutto, / avea gli unghion ne’ piedi e nelle mane / … / ma ignudo e scalzo abbaia come un cane: / mai non si vide un mostro così brutto…».
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