Le basi dell’Umanismo

Le basi dell'Umanismo

Le basi dell’Umanismo

Le basi dell'Umanismo

Trojano, Le basi dell’Umanismo, I edizione 1907, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Le basi dell’Umanismo

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P.R. Trojano, nel 1907, dà alle stampe un libro di 244 pagine indice compreso dal titolo: Le basi dell’Umanismo, Torino, Fratelli Bocca Editori.
Si tratta di un saggio dal taglio prettamente filosofico, che spiega i punti fondamentali dell’Umanismo, movimento filosofico da non confondere con l’Umanesimo rinascimentale. La prima apparizione del termine “Umanismo” risale al 1808, rinvenibile in un libro del pedagogo e teologo tedesco Niethammer: La disputa tra filantropismo e umanismo nella teoria dell’educazione.
Le caratteristiche principali dell’Umanismo vengono da Trojano sintetizzate in: antropocentrismo, antidogmatismo, antistatalismo, studio della religione solo come momento dello spirito umano e della morale, prodotta a sua volta dall’uomo stesso, riferendo la concezione umanistica dell’universo a una fondamentale “omoantropomia”:

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La concezione umanistica dell’universo, dato il suo principio fondamentale e il suo punto di vista non può essere che sinceramente antropologica, in quanto tutto riguardi in relazione allo spirito umano, e in tutto ritrovi l’orme che questo spirito imprime, sia come semplice interprete, sia come fattore del reale. Fattore del proprio mondo, cioè del mondo dei valori, lo spirito umano non ha bisogno, per intenderlo, di ricorrere a uno spirito superiore, di cui non può né attestare l’esistenza, né concepire la natura, né vede l’operazione, e che sa invece essere sua creatura… Onde, a ricercar il fondo, tutto l’universo conosciuto e conoscibile è, omoantropino. E quando l’occhio insaziato della mente vuol rompere il muro di ferro dell’esperienza, e gettare lo sguardo oltre i limiti del conoscibile, non può servirsi, purtroppo, che della solita lampada, che tutto di sé illumina e colora. Il soggettivo umano diventa, nel territorio noumenico, lo spirito, la ragione, la volontà, l’anima universale. Onde pare di scoprire un nuovo mondo, e in verità non si fa che duplicare, estendere e avvalorare l’umano, senza accrescere il sapere oggettivo o mutarne la immutabile natura.

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Mentre nell’Umanesimo rinascimentale la visione antropocentrica era comunque sempre di derivazione divina e l’uomo concepito come creatura di dio, nell’Umanismo moderno, cade il legame essenziale uomo-dio perché lo spirito umano non sente più il bisogno di spiegare il mondo fenomenico e spirituale attraverso la necessità di dio, tant’è che l’Umanismo non esclude l’ateismo.

Troajano si addentra, con tono discorsivo, nelle definizioni di spirito, coscienza, autocoscienza, io, personalità spirituale e immortalità, quest’ultima concepita in modo assai poco dottrinale e lontano dalle tradizionali categorie religiose di Paradiso, Purgatorio e Inferno, a favore piuttosto di una visione cosmico-energetica che presuppone una rigenerazione delle energie psichiche elementari:

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L’immortalità di ciò che dicesi anima non è altrimenti pensabile che come l’immortalità della materia o delle energie. Disciolta l’organica connessione, la materia già organizzata non perisce come materia, ma, nelle sue forme elementari, ritorna nel gran tutto; e le sinergie, onde ciò che diciamo, in senso proprio, la vita, s’avvivava, oramai disfatte sono, ne’ loro elementi, riassorbite nel tutto stesso delle energie cosmiche. Perisce anche così l’io empirico, la personalità, per la dissoluzione inevitabile delle sinergie fisio-psichiche onde l’individualità cosciente era individuata e impersonata; ma non forse periscono del pari le energie psichiche elementari, a noi note soltanto per la coscienza; le quali passano (come?) allo stato preconscio o relativamente inconscio, rientrando in quel reale, onde promana e si eterna nei secoli lo spirito. L’immortalità personale può essere obbietto di desiderio o di fede religiosa, non di sapere e certezza scientifica.

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L’ntropocentrismo dell’Umanismo, è mitigato dall’inconcepibilità della verità gnoseologica, dalla sua ineliminabile relatività che resta tale anche col variare dei punti di vista e della diversità degli organi di senso. Si mette in dubbio anche uno dei dogmi fondamentali della religione, l’onniscienza divina:

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Se vi fossero degli esseri altri dagli umani e capaci di conoscenza, ma forniti di altri organi di senso, e anche di altre forme di apprensione intellettuale… essi conoscerebbero altri aspetti del reale secondo altre forme estetiche, intuizionali e categoriche, ma non perciò il loro sapere sarebbe meno relativo e fenomenico… Dio stesso, se conoscesse, non conoscerebbe la verità che in ordine al suo intelletto divino; ed è difficile pensare che quella, essendo pure verità conosciuta, sarebbe una verità irrelativa.

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 Il libro in prima edizione è di difficile reperibilità ma, per chi volesse saperne di più, è stato ristampato.

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