E se lo dice Buzzati?

E se lo dice Buzzati?

E se lo dice Buzzati?

E se lo dice Buzzati?

Il Colombre, I edizione, Mondadori, 1966, credit Antiche Curiosità©

Mary Blindflowers©

E se lo dice Buzzati?

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Esiste gente “strana” nel mondo, individui che hanno idee molto contraddittorie su affidabilità e talento. Si tratta di persone che pensano che l’affidabilità di uno scrittore non famoso inizi e finisca nel giudizio, purché positivo (se no son guai), sul nome titolato altrui, mai sul suo che infatti non è un nome e non ha titoli. C’è gente che dice di stimare il parere dello scrittore non mainstream su opere altrui ma non si comprerebbe mai un libro dello stesso a cui ha chiesto il parere, così pure se lo scrittore X diventa molto affidabile se consiglia di leggere, per esempio, Buzzati, appare inaffidabile se invece scrive libri suoi senza avere il nome del noto. La stima inizia e finisce esattamente nei limitati confini di questa parola magica che apre tutti i sesami: “il nome”, rigorosamente altrui. Buzzati lo sapeva bene quando scrisse il racconto “Riservatissima al signor direttore”, dove sfotte la finzione dell’editoria, dove prende letteralmente per i fondelli con il suo innegabile talento, quelli così buoni a chiedere pareri a chi non valutano un soldo.
Il racconto narra di un giornalista che lavora nella redazione di un giornale e scrive pezzi che vengono rimaneggiati e aggiustati, perché di base tale giornalista non sa nemmeno scrivere, anche se è bravo a raccogliere informazioni. Nonostante la carriera nel giornale, il cruccio del personaggio resta infatti quello di non saper scrivere e di guardare con malcelata invidia i colleghi che invece riescono a dare alle stampe libri che egli non sarebbe in grado di costruire.
Un bel giorno un illustre sconosciuto dai modi umili e gentili, si presenta e gli chiede di leggere i suoi racconti. Il giornalista che dice di chiamarsi Buzzati (e qui lo scrittore mostra notevole autoironia perché chiaramente non si riferisce a se stesso ma a qualcun altro di cui non vuol fare il nome), risponde negativamente, risponde quello che dicono tutti agli sconosciuti, ossia che pubblicare non è fattibile, ma il visitatore-scrittore non si arrende e gli lascia lo stesso il manoscritto. Il giornalista dopo un poco di tempo lo legge e viene preso da una “selvaggia gelosia”, perché leggendo scopre un autore talentuoso:

Boia d’un mondo, che roba. Era strana, era nuova, era bellissima… corrispondeva maledettamente a me, mi assomigliava, mi dava il senso di essere io. Erano una per una le cose che avrei voluto scrivere e invece non ero capace. Il mio mondo, i miei gusti, i miei odii. Mi piaceva da morire. Ammirazione? No. Rabbia soltanto, ma fortissima: che ci fosse uno che aveva fatto le precise cose che fin da ragazzo avevo sognato di fare io, senza riuscirci… (da Il Colombre e altri cinquanta racconti, Mondadori, prima ed. 1966, pp. 74, 75).

L’autore dei racconti dunque si ripresenta dal giornalista. Il dialogo fra i due con poche significative e dense battute non fa altro che illustrare alla perfezione ciò che avviene anche oggi nel mondo dell’editoria:

“Ha letto qualche cosa?”
“Ho letto”, feci. E rimasi in forse se dirgli o no la verità.
“Che impressione ha avuto?”
“Beh, mica male… ma è da escludere che questo giornale…”
“Perché io sono uno sconosciuto?”
“Già”.
Restò qualche momento pensieroso. Poi: “Mi dica, signore… Sinceramente. Se fosse lei ad avere scritto queste cose, invece che io estraneo, non ci sarebbero probabilità di pubblicazione? Lei è un redattore, lei è della famiglia”… (Buzzati, p. 75).

Già il termine “famiglia” usato da Buzzati, fa capire che l’editoria è una questione di nepotismo e di mafiosità, che il testo di per sé non conta nulla, conta il nome di chi lo scrive. Buzzati è molto chiaro su questo. Del resto non è un segreto di Pulcinella come funzioni il mondo della cosiddetta cultura legata a doppio filo ad un familismo amorale che ha rovinato tutta la letteratura.
Così il redattore, siccome l’unico problema dei meravigliosi racconti che ha letto, è la mancanza di un nome, accetta di firmarli siglando un accordo con lo scrittore vero, quello che oggi chiamano Ghost Writer. La conclusione è però spassosa, non ve la dirò, per non rovinarvi la sorpresa.
La cultura è un bluff, e finché lo dico io, alcuni potranno continuare a dire, come hanno sempre fatto, che son “invidiosa, stupida, la volpe all’uva, pazza”, e chi più ne ha più ne metta, ma se lo dice Buzzati, che è un grande scrittore, credo che possiamo fidarci, basta saperlo leggere. A proposito, i suoi racconti, sono magnifici.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    Tu chi sei, scrittor fantasma?
    I tuoi pezzi ci hanno l’asma:
    parallelo oppure in chiasmo
    chi ti legge prova spasmo
    e nell’ano prova brace
    perché ciò che scrivi piace.
    Stai lontano mille miglia
    dalla nobile famiglia
    tu mai cavalier servente
    striscerai come un serpente
    e lavorerai da mulo
    perché mai sei leccaculo!

  2. Mariano Grossi

    Tu chi sei, scrittor fantasma?
    I tuoi pezzi ci hanno l’asma:
    parallelo oppure in chiasmo
    chi ti legge prova spasmo
    e nell’ano prova brace
    perché ciò che scrivi piace.
    Stai lontano mille miglia
    dalla nobile famiglia
    tu mai cavalier servente
    striscerai come un serpente
    e lavorerai da mulo
    perché mai sei leccaculo!

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