Vergognarsi di essere italiani

Vergognarsi di essere italiani

Vergognarsi di essere italiani

Vergognarsi di essere italiani

Il pesce palla, credit Antiche Curiosità©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Vergognarsi di essere italiani

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Tra i pensieri di Marco Aurelio ce n’è uno che dice:

Un ragno è fiero quando ha preso una mosca, un uomo quando ha preso un leprotto, un altro quando ha preso un’acciuga nella rete, un altro quando ha preso dei piccoli cinghiali, un altro quando ha preso degli orsi, un altro quando ha preso dei Sarmati. E costoro non sono forse tutti i briganti se analizzi i loro principi? (Marco Aurelio, Pensieri, collana a cura di G. Cortassa, Utet, 1984).

Analizzare i principi, dunque. Lo stesso Marco Aurelio sosteneva la necessità di vedere un oggetto da diversi punti di vista e non da uno solo. Si può iniziare con il farsi qualche domanda, al di là della verità già data. Enzo Biagi introdusse, tempo fa, una intervista a Silvio Berlusconi definendolo “l’uomo che si è fatto da solo”. I giornalisti affermano e hanno sempre tutte le risposte, ma non si fanno mai domande. Come ha fatto Berlusconi a “farsi da solo?” Le biografie ufficiali non lo dicono. Passa direttamente dal suonare sulle navi al fondare un’azienda. Certo, lo sanno tutti che se uno ha buona volontà, si sveglia la mattina e chiede a se stesso: “cosa faccio, dunque oggi? Quasi quasi fondo un’azienda, perché no?” Per fondare un’azienda occorrono capitali. Chi ha fornito questi capitali? Le malelingue dicono che sia stata la banca Rasini che annoverava tra i suoi clienti i criminali mafiosi Pippo Calò, Totò Riina, Bernardo Provenzano.
Tante sarebbero le domande da porsi all’indomani del trentennio berlusconiano inopinatamente benedetto persino da un alto prelato come Monsignor Delpini la cui omelia ci ha fatto tristezza, per non dire altro. Del resto la Chiesa, che predica umiltà, è sempre stata storicamente dalla parte del potere e del denaro e Berlusconi incarnava entrambi. Ma ecco gli onori funebri militari, caspita, e noi che credevamo dovessero essere riservati agli eroi morti per la Patria! Invece oggi sappiamo che possono essere estesi anche ad un politico che alcuni dicono fosse addirittura colluso con la mafia (se è vero quel che si deduce dai verbali delle procure di cui fece il primo accenno Marco Travaglio ne “L’odore dei soldi”, della cui provenienza il Cavaliere non volle mai render conto avvalendosi nel relativo processo della facoltà di non rispondere) e scampato ad una serie di condanne in ragione della avvenuta prescrizione.
Silvio Berlusconi come asserisce Sarantis Thanopoulos:

ha dominato la scena politica italiana negli ultimi trent’anni, usando spregiudicatamente il suo enorme potere nel campo dell’informazione, e sfruttando il vento del neoliberismo che dai tempi di Reagan e di Thatcher sta spazzando via ogni genere di legame solidale, non spiega tuttavia la sua longevità al potere e l’ostinazione della sua presenza nell’immaginario collettivo. Il nucleo del suo successo, che lascerà tracce durature nella mentalità collettiva, ed estenderà i suoi effetti a una percezione distorta della res publica, sta nell’avere ottenuto una rapida identificazione con il suo modo di pensare e di sentire. Ben più importante dell’uso sapiente che Berlusconi ha fatto del consenso – un uso psicologico più che politico – è stato il matrimonio del suo inconscio con quello della collettività.

Berlusconi, tra una freddura misogina e l’altra, che amava spesso e volentieri raccontare con il sorriso di plastica stampato in faccia, ha rappresentato il sogno edonista e neoliberista della più becera sfacciataggine italiana, di quell’idea così ben radicata in molti che coi soldi si possa dire e fare qualsiasi cosa. Era la disonestà che non amava nascondersi con discrezione, ma affermarsi con chiasso volgare, con arroganza esplicita, come se fosse lecita, normale.

È arrivato il tempo di domandarsi se tutto questo pseudo-vitalismo sia stato funzionale alla crescita della coscienza collettiva di un popolo o se al contrario non lo abbia reso addomesticato all’euforia di avere un leader che come qualmente avrebbe risolto i problemi del Paese. Perché questo in realtà non è mai avvenuto, visto che le promesse e le premesse sbandierate ad ogni tornata elettorale che lo vide vincente, non sono mai andate a buon fine, a cominciare dal milione di posti di lavoro garantiti dal contratto con gli italiani sottoscritto in diretta nella trasmissione di Bruno Vespa alla vigilia della vittoria del 1994. Di volta in volta Berlusconi ha addotto come giustificazione a queste mancate realizzazioni, i reiterati e frequenti tradimenti che di volta in volta i suoi alleati hanno perpetrato a suo danno, da Bossi a Fini. Altre volte ha attribuito all’Europa, troppo franco-teutonica a suo dire, la causa dei fallimenti e del commissariamento del Paese coll’affido a Monti che aprì la stagione dei sacrifici forneriani per tutti gli italiani.
Eppure, nonostante tutte queste mancate promesse, molti italiani paiono orfani del vitalismo performante che l’uomo politico e l’imprenditore ha garantito loro negli ultimi trent’anni e paiono propensi a credere che egli sia stato vittima di una persecuzione pregiudiziale ordita da ex giudici come Di Pietro o magistrati tuttora in servizio come Ilda Boccassini.
La deriva destrorsa che ha segnato l’ultima fase dell’esperienza politica berlusconiana testimonia peraltro il crollo di un’alternativa a sinistra, entità oramai frantumata dai troppi leader inetti succedutisi a Berlinguer e dal matrimonio improbabile con gli eredi di un partito come la Democrazia Cristiana che ha aperto la stagione ai compromessi veltroniani e alle derive blairiane di cui si è fatto vessillifero il grande rottamatore Matteo Renzi, assolutamente incapace di recuperare le angosce sociali di un Paese frantumato dal precariato e dai voucher.
Sarà proprio questa mancanza di alternativa, la totale assenza della sinistra italiana ridotta ad una accolita ridicola di radical chic incapaci perfino di garantire il salario minimo ai lavoratori, quella che perpetuerà negli italiani il senso di orfanezza all’indomani della scomparsa del Cavaliere perennemente performante come lo definisce l’analisi di Thanopoulos.
Per quanto riguarda noi, durante il funerale di Stato di Berlusconi, vedendo gli onori che gli sono stati tributati, ci siamo semplicemente vergognati di essere italiani e non è la prima volta che ciò accade, purtroppo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

 

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