La notte dell’essere

La notte dell'essere

La notte dell’essere

 

La notte dell'essere

Finta luce, credit Mary Blindflowers©

 

La notte dell’essere

Angelo Giubileo©

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Καὶ ἠγάπησαν οἱ ἄνθρωποι µᾶλλον τὸ σκότος ἢ τὸ φῶς Traduzione: E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce (Giovanni, III, 19). È questo l’incipit del Canto XXXIV di Leopardi dal titolo “La ginestra, o il fiore del deserto”. Ai versi 49-51, il detto di Leopardi dice: Dipinte in queste rive son dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive, sorti medesime che il Poeta rifugge in quanto essenzialmente cancellano il passato e istituiscono la dittatura del presente e del futuro.

Paolo di Tarso non trovò accoglienza alcuna presso l’Areopago ateniese[1] e così, memore dell’episodio, si rivolse ai Corinzi in modo diverso, ma mai prescindendo dal messaggio relativo a un secondo e quindi nuovo Avvento del <Figlio di Dio>, indicato già da Platone come il Chrestos[2] di cui l’umanità avesse bisogno. Così che Lattanzio nel libro IV cap. VI – citando le parole del primo apologeta e martire cristiano, Giustino – riporta: È solo per ignoranza che gli uomini si definiscono Cristiani anziché Crestiani.

Dalla tesi dell’ebraismo legata alla profezia di un futuro “salvatore” terreno – profezia mancata alla luce dei fatti occorsi – alla tesi cristiana di un futuro celeste di resurrezione[3], secondo una forma che definiamo “apocatastasi divina”[4]. Tutto già detto e ridetto, in epoche e millenni pregressi. E quindi davvero nulla di nuovo sotto il sole[5].

Paolo proseguendo il suo viaggio approda a Roma, laddove trova terreno fertile per il suo messaggio, presente e futuro, la sua profezia. Profezia che si rivela e si rivelerà idonea alla formazione e globale diffusione di un impero, unico e assolutista.

E comunque non prima di più di tre secoli, allorquando esattamente nell’anno 392 dell’evo moderno il cristianesimo diventa religione dell’impero[6]. È questa la data in cui la nuova tesi progressista viene definitivamente, si fa per dire (!), accolta. Quasi quattro lunghi secoli dalla testimonianza di Paolo, secoli durante i quali, viceversa, il passato non fu mai cancellato – ma solo sepolto sotto la cenere dei nuovi culti ufficiali, civile e religioso. Come per l’Ade o Inferno che sia, un passato, anzi il passato è sempre pronto a riemergere! Come una specie di Araba Fenice.

Passato presente e futuro, un mito trinitario eterno[7], ri-percorso nell’intera Bibbia dalle immagini prima del Serpente/Dragone[8] e poi del Chrestos, di cui in parte detto, e di cui invece nell’incipit del Vangelo di Giovanni, citato dal Poeta, è detto: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio”[9]. E dunque, secondo Giovanni, e seppure in qualche modo, il tempo non introduceva alcuna novità.

Eppure, avrebbe dovuto e dovrebbe piuttosto trattarsi di un passaggio da un vecchio a un nuovo patto, tra Dio e l’umanità. Ma, se non c’è alcun e-vento nuovo che subentra, quale sarebbe la causa o il motivo dell’avvento di Cristo?

In un brevissimo inciso del monumentale saggio citato in nota, Il mulino di Amleto, i due autori dicono che: “Gli autori dell’Antico Testamento avevano sviluppato una certa qual presunzione, toccò poi al cristianesimo salvare e ristabilire le proporzioni cosmiche insistendo sul fatto che solo Dio poteva offrire se stesso in espiazione”[10]. Dio inteso esattamente da Martin Heidegger come “l’enigma dell’essere”[11].

Secondo la profezia, il Secondo Avvento di Paolo – e dell’umanità intera – diventa quindi oggetto dell’Apocalisse di Giovanni. Crescendo e moltiplicandosi a dismisura, a dispetto del celibato sacerdotale (!), l’umanità aveva già aperto e avrebbe ancora aperto il futuro all’avvento della Bestia-trionfante, e cioè il Dragone dell’apocalisse.

Nel racconto della profezia, il Santo è sempre uno e le Bestie sono sempre tre: il Dragone e le due bestie, una che proviene dalla terra e l’altra che proviene dal mare[12], e cioè i molti. L’uno e gli altri sopraggiungono e trovano quindi accoglienza da “Dio” e in “Dio” – uno e trino insieme, nient’altro che forme e nomi dell’unico <essere> che <è>[13] – e quindi nell'<essere> che tutto intero <è>. Secondo la profezia[14], al-di-là e al-di-qua del tempo, passato presente e futuro.

L’uno o l'<essere>, e i molti o gli <enti>. Nel corso della nuova disciplina letteraria, la filosofia, introdotta storicamente da Platone e Aristotele, sarà quindi Heidegger a ricondurre l’uomo sulla via di Parmenide e nell’“aperto della radura” ri-velare “il silenzio” dell'<essere>, eterno, che accoglie tutti gli <enti> sia al di qua che al di là del tempo.

E il Poeta? Ad Egli non resta che “ra(m)memorare l’enigma dell’essere”.

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Note>

 

[1] Incipit del discorso: “Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areòpago, disse: «Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: «A un dio ignoto». Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio…” (Atti degli Apostoli, cap. XVII, vv. 22-23, traduzione CEI 2008).

[2] E quindi forma per così dire moderna dell’antico nome greco Χρῆστος (Chrestos), tratto direttamente dal termine χρηστός (chrestos) traducibile con “utile”, “buono”, “servizievole”.

[3] Cfr. Paolo di Tarso: “e, se Cristo non è risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede” (1 Cor. 15, 14, traduzione CEI 2020).

[4] Cfr. Paolo di Tarso: “E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1 Cor. 15, 28 traduzione CEI).

[5] Cfr. I. Ramelli,  L’apocastasi in Origene

[6] In Gli editti di Teodosio.

[7] Cfr., tra le innumerevoli testimonianze, G. de Santillana – H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi.

[8] Il nome del Serpente/Dragone è anche quello di Lucifero. Lucifero o Lucifer è una divinità romana della luce e del mattino equivalente alla divinità greca della luce: Eosforo (“Portatore dell’Aurora”) o Fosforo (“Portatore della luce”), nome dato anche alla “Stella del mattino”, figlio di Eos (dea dell’Aurora) e del Titano Astreo e padre di Ceice (Ceyx), re di Tessaglia, e di Dedalione. Lucifero in latino è anche nome che traduce l’epiteto Phosphoros (ΦΩΣΦΟΡΟΣ in greco) appartenuto ad Apollo. Per i cristiani, la presenza del Dragone (in particolare cinese, cfr. in proposito: M. Granet, Danze e leggende dell’antica Cina, Adelphi) si accompagna dunque sempre alla presenza del Chrestos; a differenza del giudaismo ortodosso attuale che nega l’esistenza di qualsivoglia entità spirituale che non sia Dio.

[9] Giovanni, 1,1 traduzione CEI.

[10] G. de Santillana – H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi ed. 2000, p. 183. Il corsivo qui del testo è mio.

[11] M. Heidegger, Sentieri interrotti, traduzione di Pietro Chiodi.

[12] N.d.r.: prevedendo, nell’attualità, anche l’avvento di una terza bestia che proviene dal cielo, una volta dimora degli dei, ma ora non più. In pratica, una nuova profezia. Una profezia, per così dire, aggiornata al tempo corrente.

[13] Parmenide: “Allora di via resta soltanto una parola, che <è>”, Poema sulla natura, Frammento 7/8, v. 6, s. (ed. BUR traduzione di Giovanni Cerri).

[14] dal latino tardo prophetïa, greco προϕητεία, derivato di προϕήτης «profeta». In generale, con il significato di: <colui che dice prima>; ma la radice pro- può essere intesa con tanti altri significati, e piuttosto con il significato di estensione, prosecuzione nello spazio e nel tempo (procedere, progredire, propagare, protrarre, procrastinare, promuovere).

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