Il sapere della scacchiera

Il sapere della scacchiera

Il sapere della scacchiera

Il sapere della scacchiera

Antico pezzo di scacchi in avorio, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Il sapere della scacchiera

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Jean- François Lyotard in La condizione post moderna, prima edizione 1979, Les Editions de Minuit, Paris, parlava di una ipotesi che si è verificata, diventando realtà: la dominazione dell’informazione, totalmente dipendente dal potere:

Nella sua forma di merce-informazione indispensabile alla potenza produttiva, il sapere è già e sarà sempre più una delle maggiori poste, se non la più importante, della competizione mondiale per il potere. Come gli Stati-nazione si sono battuti per dominare dei territori e in seguito per controllare l’accesso e lo sfruttamento delle materie prime e della mano d’opera a buon mercato, è ipotizzabile che in futuro essi si batteranno per dominare l’informazione.

L’informazione non è libera, lo sappiamo tutti.
Il sapere è come la pedina in una scacchiera, viene manovrato dal potere politico per ottenere un certo scopo. In questo modo il sapere viene legato sempre più al denaro e sempre meno ai contenuti e al suo valore intrinseco di opposizione all’ignoranza:

Si può immaginare che le conoscenze, invece di essere diffuse in virtù del loro valore formativo… vengono fatte circolare negli stessi circuiti della moneta, e che l’opposizione che le definisce cessi di essere sapere/ignoranza per divenire la stessa della moneta: conoscenza dei mezzi di pagamento/ conoscenza dei mezzi di investimento.

La società in questo modo si divide in quelli che servono a decidere e quelli che servono solo a comprare.
Lo stesso bluff della comunicazione linguistica viene paragonata da Lyotard ad un gioco in cui ci sono delle regole le quali prevedono che se un enunciato non soddisfa le regole del gioco, potrebbe cambiare il gioco stesso, quindi viene automaticamente considerato come non appartenente a quel gioco-sistema, perché tra i giocatori-comunicatori c’è un contratto più o meno esplicito, dunque ogni enunciato deve mantenersi nei confini del gioco o al limite esserne in qualche modo riassorbito.
Questo è il motivo per cui sono nate tante finte rivoluzioni della parola, sempre dentro il gioco prestabilito dal potere, evoluzioni del divertimento ma fini a se stesse, “aggiustamenti interni” del sistema stesso.
Lyotard fa un’analisi precisa, arrivando a conclusioni marxiste:

… non è possibile giudicare paranoici il realismo dell’autoregolazione sistemica ed il circolo perfettamente chiuso di fatti e interpretazioni se non a condizione di disporre o di pretendere di disporre di un punto di osservazione che per principio si sottrae alla loro attrazione. Tale è la funzione del principio della lotta di classe introdotta da Marx nella teoria della società.

Il problema è che la lotta di classe è totalmente fallita nell’ambito del sapere, detenuto in maniera del tutto esclusiva dalle classi agiate. Il sistema è chiuso, la lotta ininfluente se esercitata da chi non fa parte del gioco che non consente se non pseudo-evoluzioni riassestanti del suo stesso circolo, eternamente autoperpetuantesi. Chi sta fuori dal gioco, non ha rappresentanti, non ha voce, non ha nome, non ha volto ma è travolto dalla monopolizzazione ormai anche tecnologicizzata, dei mezzi tradizionali del sapere, gli unici che contino perché piacciono molto ai tecnocrati che decidono i contenuti di una iper-informazione chiassosa, con il preciso scopo di plasmare le masse.

Utilizzare personaggi noti per veicolare messaggi populisti, come slogan buonisti facilmente comprensibili da tutti, consente ai tecnocrati di dominare l’informazione, fingendo che sia libera, utilizzando il fascino carismatico di pedine costruite dal potere e funzionali allo stesso.
Se per caso qualcuna di queste pedine, dovesse mai sostenere contenuti che esulano dalla scacchiera e che potrebbero cambiare le regole del gioco-sistema, compromettendolo, si ricorrerebbe alla censura immediata. Il personaggio che mette anche solo il naso fuori dalla scacchiera, viene oscurato perché il sistema si auto-rigenera costantemente e non può permettersi defezioni non assorbibili.

Perfino le rivoluzioni artistiche, sbandierate come innovazioni, fanno parte dell’autorigenerazione del sistema stesso, avvengono tutte dentro la scacchiera del potere, se non fosse così, i media non ne parlerebbero, ma lascerebbero che movimenti, flussi di idee, creatività narrative e artistiche fortemente critiche verso il sistema, vengano costantemente ignorate. Questo tipo di modus operandi si estende anche ai fatti di cronaca, non soltanto all’arte e alla letteratura. Non solo qualsiasi giornalista che vuol mantenere il posto di lavoro, non può che recensire gli autori del mainstream da scacchiera, quelli che si mantengono nell’area di gioco, ma gli è assolutamente proibito dare visibilità a quelli che invece sono fuori dai giochi. L’out of the game deve stare sempre in ombra.

Se questo avviene per le recensioni dei libri, come si può pensare che sia diverso per i fatti di cronaca?

Per questo leggiamo su testate giornalistiche ufficialmente importanti ma contenutisticamente pietose, amenità da operetta, fake news e stupidaggini al cubo. Si fanno persino ridicole diagnosi on line sulla salute di Putin, dedotta dal suo modo di camminare, per non dire delle previsioni sulla sorte della guerra Russia-Ucraina, che, a detta delle fonti ufficiali, l’Ucraina avrebbe già vinto perché la Russia sarebbe in ginocchio per via delle nostre sanzioni boomerang. Peccato che non ci creda nemmeno un bambino.

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