Sull’astronave, impercepito spostamento

Sull'astronave, impercepito spostamento

Sull’astronave, impercepito spostamento

Sull'astronave, impercepito spostamento

Impercepito spostamento, credit Mary Blindflowers©

 

Paolo Durando©

Sull’astronave, impercepito spostamento

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NOTTE

Sull’astronave, nell’impercepito spostamento,
trovo le nicchie giuste per indugiare.
Non temo i risvegli,
amo essere cosciente della notte nei suoi momenti,
assaporare le estensioni del buio,
l’alterità delle ore sottratte al sole, imboscate
nell’entropia. Fluttuare.
Prestare vaga attenzione alle figure che galleggiano,
sciami di punti, cotoni di nuvole,
sprofondare negli anfratti della soggettività.
Attendere ai confini tra la veglia e il sonno,
tra questa realtà e le altre. Rasentare
la separazione dal corpo, spingere
per esserne fuori, raggiungere la finestra,
gettarmi, volare. Una stanza dopo l’altra, aprire porte.
I sogni dell’infanzia, così risonanti.
L’uomo senza lineamenti, la mamma “di prima”, i bambini futuri.
Prende forma dai semi colorati del buio
un cumulo di tortellini emiliani.
Cerco nuove posizioni,
per coincidere col flusso in cui il presente si sfrangia,
riunendosi al passato.
E spera di accedere al futuro, qui.
Mi rivolgo a “chi mi segue”, vi cerco risanamento,
comprensione. Rincorro parole che scolpiscano,
modellino il buio, rendendolo più articolato e abitabile.
Per poi arrendermi ancora, disperdermi
in rivoli, sperando in nuove ricomposizioni,
più capaci di stare e volere.
Più chiaroveggenti.

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ESTATE

Come un respiro trattenuto a lungo,
un nascondimento delle verità
della propria vita, movimento, routine,
fluire di adempimenti.
D’estate avanziamo tra le macerie
di ciò che eravamo d’inverno, come dietro le quinte,
più prossimi alle stanze dei manovratori.
Le ore rallentano il loro susseguirsi
nella luce appiccicosa dei pomeriggi,
fino ai tramonti di ripresa apparente.
Mi inoltro nei portici cittadini
col sudore che cola lungo la schiena,
entro in certe librerie, cercando evasioni, esoterismi.
Provo gelaterie diverse, osservando le persone,
le loro scarpe e mi domando
quale sia la verità che hanno in sospeso.
Mi rappresento le conversazioni di coniugi di mezza età
incuneati in qualche casella di febbraio-marzo.
Svegliarsi accecati dalla luce estiva che taglia.
La libertà dai sudari, il corpo che non deve temere,
che può riconoscersi. Il ricordo del freddo.
I viaggi quando c’erano i juke-box,
le località marittime e montane con le epifanie
di uomini e donne dalla vita forse ricca,
di bambini dal granitico – forse – futuro,
di anziani seduti sulla cima della loro vita
a osservare panorami contraddittori.
L’acqua leggera del Mediterraneo,
per dimenticare la forza di gravità
dispersi nel noi che ritroveremo.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Destrutturalismo

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