Lustrascarpe, damerini, grammofono, Gurdjieff

Lustrascarpe, damerini, grammofono, Gurdjieff

Lustrascarpe, damerini, grammofono, Gurdjieff

Lustrascarpe, damerini, grammofono, Gurdjieff

La Quarta via, credit Antiche Curiosità©

 

 

Mary Blindflowers©

Lustrascarpe, damerini, grammofono, Gurdjieff

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La quarta via di Gurdjieff, la rivista del cercatore, Anno I, numero I, giugno 2003. Sfogliando curiosamente questa rivista che ho trovato per caso, si trovano vari articoli: citazioni dalle Rubaiyyat di Omar Khayyam; notazioni su Pitagora e l’Arithmòs con cenni sulla vita del filosofo greco e sulla sua severa selezione prima di accettare nuovi adepti. Non manca qualche informazione sulle regole della filosofia di Raimondo Lullo. Ma l’articolo sicuramente più curioso è quello di Michele Pirolo sul famoso mistico, musicista, filosofo esoterico e maestro di danze armeno, Georges Ivanovič Gurdjieff.
L’articolo è intitolato: Gurdjieff in Italia: testimonianze, un insolito soggiorno romano del giovane “cercatore”, ed è gradevolmente polemico contro la borghesia rampante e quello stucchevole perbenismo che la caratterizza.
Durante il periodo in cui si trovava a Roma, appena arrivato dalla Svizzera, per riuscire a sopravvivere nella grande città, Gurdjieff inventò una particolare tecnica per fare il lustrascarpe e sbaragliare la concorrenza, portando con sé due grammofoni Edison, così mentre lustrava le scarpe ai damerini, gli faceva ascoltare la musica. Tutto questo avveniva nella prestigiosa Via Veneto, la mattina “nell’elegante scenografia dei caffè e nelle sontuose architetture degli alberghi…”:

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Lungo questa via, una processione statica di lustrascarpe di tradizioni familiari “antichissime”, ciascuno con una clientela ben distribuita, accetta di buon grado la razione quotidiana di oboli. Signorotti inclini a non trascurare il loro aspetto esteriore, pagano i lustrascarpe per timore di perdere anche un solo grammo della gloria “da personcina per bene” che tanto faticosamente hanno messo insieme, a furia di speculazioni finanziarie, profumi francesi, scarpe di vitellina e Principe di Galles”. In questo bazar Georges, da poco arrivato dalla Svizzera, non ha molta speranza di sollevare denaro quanto basta per vivere. Troppa è la concorrenza. Troppo ordinario il legame tra professione, professionista e cliente. Non vi è possibilità di sperare in un aumento della clientela confidando che apprezzino un lavoro “d’attenzione” sulle loro scarpe. Occorre inventare qualcosa di nuovo. Georges ha portato con sé due grammofoni Edison sebbene non ha ancora una conoscenza approfondita e totale dell’animo umano, quel che sa è sufficiente per utilizzare questi strumenti in modo assai proficuo. Costruisce il suo “laboratorio” di lustrascarpe e non nascondendo la sua natura di “io sono, anche un Uomo d’affari” gli aggiunge un tocco di tecnologia e raffinatezza che sbaraglia la concorrenza e la meccanicità psicologica dei clienti damerini, convinti di incrementare ulteriormente la loro “gloria” sedendosi a lustrarsi le scarpe dal professionista armeno che ha inventato “l’ascolto pubblico in stereofonia”. Piazzando sotto il “laboratorio” uno dei due Edison, a cui aveva aggiunto con una modifica un ulteriore diffusore, il nostro Georges faceva accomodare i frettolosi clienti che, dimentichi della propria fretta e della loro alta missione socio-economica, venivano investiti stereofonicamente dai suoni di esotiche musiche orientali, che “gracchiavano” dai dischi in vinile a settantotto giri. Georges fece affari d’oro e l’impresa venne ripetuta a Baku in Azerbaijan in altri momenti di particolari ristrettezze economiche.

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Oggi i lustrascarpe, che a Napoli venivano chiamati sciuscià, non esistono quasi più. Alcuni sostengono che sia un peccato, che i lavori tradizionali scompaiono, che non esistono più le mezze stagioni e le belle realtà di una volta. Al di là di qualunque ingiustificata nostalgia, non si può dimenticare che quello del lustrascarpe che oggi sembra bel folklore perduto, tradizione caduta nell’oblio, e via con la fanfara dei bei tempi andati, era un espediente piuttosto umiliante dettato dalla povertà, per tirar su qualche soldo, nato nell’Ottocento e diffuso nel dopoguerra, quando da una parte c’era la fame e dall’altra i signori impomatati che facevano lo struscio nei corsi delle varie città, pavoneggiandosi con gli scarpini lucidati da un poveraccio che non sapeva come mantenersi o mantenere la famiglia.
Per quanto riguarda i grammofoni, invece, è ancora possibile trovarne degli esemplari di varia produzione sul mercato antiquario a prezzi piuttosto fluttuanti a seconda della tipologia, della rarità, delle condizioni di conservazione dell’oggetto, relitto di un tempo in cui c’era chi ascoltava la musica e chi lustrava le scarpe ai damerini della borghesia rampante.

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Video – The Black Star of Mu

Rivista Il Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

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