Festival, aringhe, predicatore, formica

Festival, aringhe predicatore, formica

Festival, aringhe, predicatore, formica

Festival, aringhe predicatore, formica

Inflated Ballons, drawing from sketchbook, by Mary Blindflowers©

Mary Blindflowers©

Festival, aringhe, predicatore, formica

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Il Festival petoso

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C’erano una volta in un bel mare nostrum delle aringhe.
Le aringhe comunicano a suon di peti, si sa. Piripiripì ipiripirip piripiripà, pro, pri, pra, pro domo sua, pre, piri, pira, pere, mele, banane, susine.
Un giorno un musicista di Aringopoli a mare, decise di organizzare un concertino o festival petoso nella casa del popolo delle aringhe. Avrebbe dovuto essere un bel concerto, composto di peti aringosi armoniosi e melodiosi per rallegrare gli animi degli spettatori petanti, divertirli e farli riflettere sul senso della petomusica, della petoarte, della petopoesia e del petoritmo proveniente dal profondo del mare e non solo.
L’esposizione prevedeva petorecite, petomusica, petodisegni, peti variegati, scoppiettanti, loffiati, gonfiati, carpiati, avvitati, dritti, scarpiati, scartellati, storti, interi, macinati, rosati, petoriviste, petobevute, etc, etc.
Insomma, c’era varietà, per tutti gusti. Il mondo non è forse bello perché è petovario? Almeno così dice il proverbio delle aringhe underground.
Tutti i peti presentati erano di aringhe molto amiche tra loro, di quelle che nuotavano all’unisono in circolo e si facevano mille feste e moine mentre intraprendevano un dialogo muto a bocca aperta nell’acqua di zona.
Il festival procedeva per il meglio, finché ad un certo punto un’aringa imprevidente, ebbe l’idea di posizionare su un tavolo una petorivista assai poco arrivista appena nata che non faceva parte del circolo petale di zona. Mai l’avesse fatto! Dopo poco le aringhe più grosse e voluminose, cominciarono a sbattere le code, mormorare, bolleggiare, girare in circolo, peteggiare fragorosamente e posizionare le loro petoriviste davanti all’intrusa, sostenendo che, solo facendo fragorosi boati dal cervello di sotto, le aringhe potevano far nascere fiori. Questa era l’usanza in quel mare chiuso, così, peto su peto, fecero in modo che l’estranea non si vedesse più. Prima che le bolle tossiche di peti coprenti svanissero, venne scattata una foto di commemorazione sconcacata. Qualcuno giurò e spergiurò perfino che una petorivista assai poco arrivista stesse là. Ne aveva intravisto la coda con la coda dell’occhio.
Chissà!
Voi l’avete vista la petorivista?
L’unica cosa certa è che non sia nato nessun fiore.

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La formica e il predicatore

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Un giorno d’autunno una formica incontrò per caso un predicatore. Dopo aver sciorinato filosofie sul colore delle foglie che possono essere verdi ma anche no, perché quando cadono diventano gialle e di varie sfumature di colore, l’uomo salì sul tronco tagliato e pietrificato di un albero morto da qualche secolo e si mise a gridare verità indiscutibili con molti giri di parole ornate e imbellettate che circumnavigavano il pianeta e tornavano dritte dritte e fiorite nel suo cervello per poi approdare nella sua bocca, uscirne e morire nell’aria come le foglie morte che possono essere verdi, certo, ma anche no. Il predicatore era molto sicuro di sé. Dopo aver gonfiato il petto, nominò un certo Dio arrivato sulla terra nella pienezza dei tempi e certi martiri che sarebbero un dono perché col sacrificio del loro sangue possono salvare tutto il mondo, leoni, gazzelle, uccellini, pesci marini e di fiume, scarafaggi, gatti, cani, scimmie antropomorfe, dodo, unicorni, pteriodattili, anatre, sfigmoscopi, mammut, marmi, statue, cariatidi, tavoli, sedie, bizzoche, farfalle baciapile, pietre e formiche comprese.
La formica che era un’anima semplice e istintiva, dopo aver ascoltato con molta attenzione la tirata dell’uomo, fu colta da un dubbio e non poté fare a meno di intervenire. Mentre tutti gli animali della foresta annuivano e sorridevano al predicatore, applaudendo e lodandolo, senza neppure capire cosa significassero veramente le sue parole, affascinati dai ghirigori dei moti forbiti e infiocchettati che usava ripetere a memoria, tra uno sgambetto e una piroetta, la povera formicuzzola aprì bocca e chiese come potesse il sangue di uno salvare molti e cosa significasse pienezza dei tempi. Il predicatore anziché rispondere e sedare i dubbi dell’ingenuo animaletto, lo accusò di voler fare polemica contro verità sicure e non rispose a nessuna delle domande della formica. Allora la formica che era una brava creatura, ebbe pena dell’arroganza del predicatore e capì che chi ha già tutte le risposte senza mai rispondere a nulla, non può certo fare, farsi o accettare domande, dunque proseguì per la sua strada cantando un motivetto sul mistero del mondo e sulla stupidità di certi uomini saccenti.

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Video – The Black Star of Mu

Rivista Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO PUNTI SALIENTI

 

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Praedicator orbem rexit
    bene utens “IPSE DIXIT!”

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