Sulla etimologia del peccato

Sulla etimologia del peccato

Sulla etimologia del peccato

Di Gaetano Altopiano©

Sulla etimologia del peccato

Il dio mangiato, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

ETIMOLOGIA DEL “PECCATO”
(il peccato nella religione islamica)

Affinché si possa comprendere esattamente quanto sia determinante il concetto di “peccato” nel mondo islamico spiegherò brevemente la differenza con il medesimo concetto nelle altre religioni maggiori. Origini etimologiche della parola e suo diverso valore nelle lingue di provenienza: latina, greca, ebraica, aramaica, araba.
In latino significherebbe commettere un’infrazione alle regole della legge, sanabile col pagamento paenitentiae, ovvero, nient’altro che una multa. In greco, mancare il centro del bersaglio (riferendosi proprio al tiro con l’arco), col diritto di tirare un secondo colpo, dato che nel mancato centro si è già subito un danno dalla perdita della prima freccia. In ebraico, provocare un trauma a sé o agli altri, la cui riparazione, dunque, richiede una vera e propria guarigione. In aramaico contrarre un debito, con l’evidente possibile espiazione del risarcimento. In arabo significherebbe proibito (haram) riferendosi a tutto ciò che è vietato dalla legge islamica ma profondamente legato al presupposto di “inviolabilità”.
Spiega bene questo concetto, e quanto sia importante per un musulmano, la correlazione con la parola “harem”, l’area del palazzo dove vivevano tutte le donne del Califfo: fortezza o luogo inespugnabile. Custodito da castrati (gli eunuchi) e precluso a ogni uomo – dico a ogni uomo – che non sia il Califfo stesso.
Si noti, ora, che solo nelle prime quattro lingue il peccato è considerato un evento possibile (ammesso, dunque, come frutto della debolezza umana e compreso, perciò, dalla ragione) e come tale, nei limiti della sua gravità, anche soggetto a indulgenza, tolleranza, e persino a perdono: difatti se ne prevede in ognuna una commisurata sanzione riparatoria. È soltanto nell’arabo che la parola è legata a una vera e propria inammissibilità procedurale, giacché il riferimento è essenzialmente fisico: impossibilità di accedere a un luogo, inviolabilità di un accesso. Questo potrebbe determinare la mancanza di “comprensione” della possibilità di peccare (ammessa invece nelle altre lingue) perché di fatto, in questo caso, il peccato non sarebbe più un’ipotesi ma addirittura un assurdo. Pura impossibilità. Ne segue che se la ragione non riesce a concepire il peccato, come potrebbe ancorché giustificarlo? L’epilogo è tragicamente inevitabile.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=Ar2wKqrNuwg

 

 

 

 

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