Spinoza aveva ragione, emozioni e vita cognitiva

Spinoza aveva ragione, emozioni e vita cognitiva

Spinoza aveva ragione, emozioni e vita cognitiva

Di Mary Blindflowers©

Spinoza aveva ragione, emozioni e vita cognitiva

Ipnosi, credit Mary Blindflowers©

 

Le emozioni sono uguali per tutti. Ciò che accade nel mio corpo accade nel tuo, perché tutti abbiamo gli ormoni”.

Affermazioni del genere sono piuttosto comuni e attengono a quell’universo romantico di genere sentimental patetico sfociante nel meccanico riduttivismo con etichetta, che attribuisce universalità ad un concetto senza valutarne le dovute variabili.

La filosofia di massa ha le idee chiaro-confuse nella pansofia universale da stupidario globale, nel bisogno di tenere tutto sotto stretto controllo, sotto l’occhio vigile della catalogazione.

Ecco allora l’universalità dell’emozione, separata dalla ragione, ecco la catalogazione della passione, del sentimento, della paura, dello sgomento, in un ossessivo quanto inutile bisogno di etichette generalizzanti che appiattiscano l’uomo dentro un vetrino da laboratorio in disuso costruito su certezze di carta.

Ecco lo studio della mimica facciale che esprimerebbe lo stato d’animo, con sicurezza matematica, in barba alle variabili e alle finzioni umane, che pur esistono; e poi l’oggetto, questo vaso di Pandora, questo strumento diabolico, suscitatore di impulsi endocrini, di conseguenze emotive più o meno palesi esternamente e identiche per tutti.

Per quanti studi possano essere stati fatti sul meccanismo emozionale, nessuno al mondo in realtà è in grado di misurare un’emozione né di dimostrare che essa sia perfettamente uguale ad un’altra, per poter affermare con certezza scientifica che l’universo emozionale è regolato dalle stesse leggi in tutte le persone. Il pesa-emozione non è stato ancora inventato, con buona pace di coloro che vorrebbero accomunare l’umanità in un grande fraterno abbraccio emozionale da bacheca museale, con tutte le sensazioni emotive perfettamente etichettate e numerate in modo da poter dormire tranquilli nell’etica del tutto regolato.

Tre etti di emozione positiva, negativa, primaria o secondaria per tutti, prego, nel mercato globale delle certezze parascientifiche e della metafisica ridotta ad un puro gioco da sistema endocrino sciorinato sul salottino buono.

Ma anche le piante hanno un cervello e fitormoni.

Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale dell’Università di Firenze sostiene che “Le piante ascoltano, si muovono, sentono odori, memorizzano, e anche se non sono dotate di un sistema nervoso centrale, sono in grado di lanciare segnali di pericolo e comunicare tra di loro”.

Allora perché non coinvolgerle nell’abbraccio universale dell’emozione globale?

In poche parole se l’emozione è davvero universale, chi può negare o affermare che non proviamo le stesse emozioni di una pianta? Secondo i profeti dell’emozione uguale per tutti, siamo tutti macchine. Stimolo-risposta. Potremmo essere indifferentemente anche piante. Nessuno ci impedisce di crederlo.

Un ragionamento riduttivo che riduce la vita dell’inconscio ad una serie di più o meno complesse reazioni chimiche fisiologiche.

E il mistero annesso e connesso all’emozione che perfino nella stessa persona o perché no, anche nella stessa pianta, potrebbe essere sempre nuovo? E la reazione emotiva differente in soggetti diversi di fronte allo stesso oggetto?

Come si classifica tutto questo quid inespresso nell’appiattimento emozionale della nostra epoca da salotto multimediale in cui tutti sanno tutto?

La scienza e la filosofia arrivano soltanto fino ad un certo punto, ma non possono spiegare ogni cosa, peccato, o forse, in questo caso, per fortuna. Le speculazioni e l’empirismo non possono dare peso, misura e valore di intensità alla fugacità di un’emozione, catalogandola nella bacheca valore universale identico per tutti.

Ciascuna emozione è diversa dall’altra, perché appartiene ad un microuniverso umano, animale e probabilmente anche vegetale che segue un percorso misterioso e affascinante, tra metafisica e ragione,  un viaggio carico di luce o ombre che nessuno studio su mimica, sistema endocrino e percezione, può svelare, per quanto accurato ed attendibile esso sia, perché la metafisica è in parte soltanto un’opinione soggettiva e l’emozione fa parte integrante di quest’opinione e si muove su due piani paralleli: l’uno riguardante l’aspetto corporeo, l’altro l’immaginazione. L’emozione che affonda le sue radici nel subconscio sfugge al pensiero razionale che ha cercato di scacciarla, di separarla dalla ragione. Abulia, atarassia divengono fallaci strumenti di controllo emozionale, nel tentativo di dominare se stessi. Platone era convinto che le emozioni impedissero all’anima una corretta riflessione sul mondo e che quindi occorresse liberarsi dalle passioni. La filosofia occidentale ha segnato spesso la separazione passione-ragione, osannando la seconda a discapito della prima, relegata nel solo mondo sensibile, perciò illusorio.

Le moderne neuroscienze però la pensano diversamente. Emozione e ragione non sono disgiunte. La coscienza non si trova nemmeno in una zona esatta del cervello. Eppure essa è presente in tutte le specie, perfino gli organismi unicellulari e le amebe ne hanno una.

Spinoza probabilmente aveva visto giusto sostenendo che le emozioni sono delle modificazioni del corpo associate a un’idea che la mente crea a causa di tali modificazioni. Le emozioni non possono essere etichettate soltanto come semplici cambiamenti corporei, ma accompagnano la vita cognitiva dell’individuo in quell’area misteriosa che fa di ciascuno un essere unico, uguale agli altri soltanto nella diversità.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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