La cultura spirituale di Babilonia

La cultura spirituale di Babilonia

La cultura spirituale di Babilonia

Di Mary Blindflowers©

La cultura spirituale di Babilonia

La cultura spirituale di Babilonia, credit Mary Blindflowers©

 

L’emergenza editoriale di dare alle stampe libri inerti, sintesi di storie già note, in forma discorsivo-divulgativa, senza una vera e propria introduzione critica che non sia elogiativa, ha causato probabilmente la riproposizione di uno dei libri di Hugo Winckler (1863-1913), un orientalista tedesco esperto di archeoastronomia, filologo e pioniere dell’assiriologia, famoso per gli scavi di Boğazköy, in Turchia, e per aver scoperto la capitale dell’Impero Ittita, Hattusa.

Editori Riuniti ripropone nel 2004 un suo testo: “La cultura spirituale di Babilonia”, saggio pubblicato per la prima volta nel 1907, “epoca eroica dei grandi pionieri dell’assiriologia”, come recita la postfazione di Pietro Mander, secondo il quale “uno dei pregi per la riproposizione di quest’opera al pubblico italiano consiste nel fatto che essa può essere presa a campione della teoria che interpreta le religioni in chiave astrale”. L’autore andrebbe in profondità su tali temi. Niente di più falso. In realtà il libro è semplicemente un testo di divulgazione spicciola che tedia il lettore dall’inizio alla fine con uno stile apparentemente scorrevole ma confuso e zeppo di informazioni che sembrano buttate apposta per infarcire un panino troppo piccolo che perde i pezzi da tutte le parti.

Nei primi capitoli l’autore traccia una storia degli assiro-babilonesi sintetizzando in poche pagine l’alternarsi delle dinastie, in poche parole fa una specie di riassuntino abbastanza noioso sull’impero di Babilonia e oltre, Cassiti Ittiti, Egiziani, Romani, Greci, Turchi e Mongoli, riducendo ad un Bignami millenni e milleni di storia antica.

Se si riesce a non addormentarsi durante la lettura della prima parte, si arriva a quello che Mander giudica il tema centrale del libro, le religioni astrali. Dopo aver precisato che la religione presso le civiltà orientali permeava ogni aspetto della vita umana, delirio che l’autore giudica positivamente e che dovrebbe stupire i laici di buona volontà, parla del calendario. Se si riesce nell’impresa di sopravvivere a questo capitolo, eccoci approdati sulla Luna: “lo strumento di misurazione del tempo di più facile osservazione”, a cui lo scrivente dedica una microdissertazione senza infamia e senza lode, per poi arrivare a Venere e alla croce come “segno di innalzamento”, in un minestrone dottrinale superficiale che sembra voler dare un’infarinatura veloce di informazioni sciorinate pour parler, alcune delle quali errate, come la sottovalutazione dei Fenici: “sappiamo che una scienza dei Fenici nel senso di uno sviluppo indipendente non ci fu” (p. 100).

Il problema del testo è che manca di sistematicità, si salta di palo in frasca con molta facilità, dai segni dello zodiaco, all’ombelico del mondo, alla conquista in Terrasanta, dal sesamo ai metalli in un ambaradan che lascia attoniti per mancanza di metodo.

Forse sarebbe stato meglio riproporlo sottolineando i difetti strutturali del libro che ad un lettore non completamente ingenuo, appaiono macroscopici.

E poco importa se è stato scritto nel 1907, perché la mancanza di sistematicità è un fatto che esula dal tempo e rimane inalterato come elemento che disturba.

Winckler era di fatto un pessimo saggista.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Post a comment