Il senso del senso della vita è non avere senso

il senso del senso della vita è non avere senso

Il senso del senso della vita è non avere senso

Di Mary Blindflowers©

Tea time, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Il senso del senso non ha senso

Da quando l’uomo raggiunge l’età della ragione cerca di dare un senso a tutto, e misura, guarda spesso senza vedere, confronta, tocca, respira, biasima e ammira il mondo che lo circonda, cercando di porsi domande tanto fondamentali quanto inutili. Che sto a fare nel mondo? Perché sono nato e con quale scopo? Che senso ha la vita umana in generale?

Si tratta di quesiti che sono come lame a doppio taglio perché apparentemente importanti per chiarire il ruolo che ciascun essere umano ha nel pianeta, dato che tutto, secondo una visione antropocentrica piuttosto frustra, dovrebbe avere senso e collocazione. In realtà si parla di interrogativi puramente illusori, in quando fondamentalmente inutili.

Per quale motivo esageriamo la nostra importanza nel mondo?

Perché mai dovremmo avere un senso, se l’intero universo non ne ha?

La ricerca di un senso logico è come l’idea di dio, praticamente un balsamo, un conforto, che giustifica pseudo-filosoficamente la presenza dell’essere umano nel mondo. Il ragionamento è ipso facto, piuttosto primitivo, basato su un sillogismo dalla premessa errata: tutto ciò che esiste ha un senso (termine maggiore), io esisto (termine medio), io ho un senso (conclusione).

Così l’esistenza è messa direttamente in relazione con il significato. Non ci basta nascere, esserci senza senso né scopo alcuno, abbiamo un disperato bisogno di giustificarci, pensando di avere un senso logico compiuto, esattamente come una casa o un’automobile che, appunto esistono perché utili, la prima per abitare, la seconda per spostarsi. Sono prodotti la cui presenza è talmente nota a tutti, da costituire con la sola pronuncia del loro nome, un senso logico preciso e senza possibilità di errore alcuno.

Lo scandalo nasce dall’impossibilità di ammettere che nasciamo nel caos e moriamo nel caos, che non abbiamo scopo, nasciamo e basta, niente di più semplice e naturale. La nascita in sé non ha necessità di un senso del senso anche perché il vero senso di ogni senso della vita è proprio quello di non avere senso vero e proprio. Il nostro cervello però, siccome ha bisogno di miti e punti fissi, sente lo scandalo di presentarsi al mondo come esseri nati per caso e in balia degli eventi, precipitati dentro un cosmo incerto, senza punti di riferimento a cui aggrapparsi. La casualità debilita la personalità, almeno apparentemente, così tutto deve essere precisamente e mediocremente catalogato.

Che ogni cosa nel mondo abbia il suo nome è davvero utile a livello pratico, ma non è utile sforzarsi di trovare in ogni nome, in ogni oggetto della creazione, un senso logico, perché, siccome il senso del senso non esiste, l’esistenza correlata alla reale utilità rimane solo una costruzione fallace e illusoria della mente umana, dunque si vive senza senso e si muore esattamente come si vive, senza senso. La stessa vita e poi la morte non hanno senso, esistono come figlie del caos e il caos non ha davvero voglia di ascoltare dissertazioni sull’ordine naturale delle cose o sull’impellente necessità di dare un senso alla propria vita.

Perché occorre dare un senso?

Se il senso ci fosse già nella vita, non avremmo necessità alcuna di procurargliene artificialmente uno. Quindi dare un senso alla vita o al senso, significa semplicemente cercare un’isola che non c’è. E la cerchiamo nel tentativo di dare spiegazioni a ciò che non può essere in alcun modo spiegato, semplicemente perché esiste per caso non per necessità, come forma casuale non indispensabile. Nessuno di noi lo è, tant’è che il mondo continua a girare e muoversi anche dopo la nostra morte.

E non date retta agli abboccamenti delle filosofie commerciali di pessimi scrittori recitanti frasi banali per lettori polli da massime di cioccolatini con troppo zucchero: “la possibilità di realizzare un sogno rende la vita interessante”; “Il lavoro è una manna quando ci aiuta a pensare a quello che stiamo facendo. Ma diventa una maledizione nel momento in cui la sua unica utilità consiste nell’evitare che riflettiamo sul senso della vita”. (Coelho).

Il sogno non è il senso, è solo il senso che noi vogliamo dare a noi stessi per stare tranquilli. Leggere queste banalità non aiuta di certo a riflettere sul senso della vita né su qualsiasi altra cosa.

In realtà qualsiasi artista, buono o cattivo che sia, nel momento stesso in cui si abbandona all’estro creativo, rinuncia al senso e capisce che l’arte è anche un percorso in cui la sola meta e il solo senso è l’arte stessa, in virtù della comunicazione di un messaggio. Molti direbbero ma il senso è il messaggio stesso, confondendo il fine con il senso. Il fine è la meta che può anche non avere senso, tant’è che il senso di molte produzioni artistiche sfugge di mano, per fortuna, all’autore stesso. Se il senso dell’arte fosse solo quello di darle un senso, non sarebbe arte, sarebbe un elenco del telefono. Il senso dell’arte è comunicare soprattutto cose che sfuggono al senso comune, più o meno logico o illogico, ma l’arte in se stessa con tutti i significati che pur racchiude, non ha di per se stessa, senso. Chi fa arte lo fa illogicamente proprio perché è un modo per sfuggire alla categoria del mondo che segue sempre un senso del senso, cercando di trovare il fondo di quest’ultimo raschiato come il limite di un barile vuoto.

Vivere cercando a tutti i costi un senso ad ogni movimento, ad ogni ora, ad ogni lavoro che si fa, significa limitarsi al peggio, al transeunte, per trascurare il cielo oltre le nuvole, quello che spinge artisti senza fama a continuare a lavorare, nonostante l’assenza di riconoscimenti ufficiali.

Il senso di tutto questo ragionamento è che si può cercare con la logica di darci un senso, di dare un senso allo stesso nostro corpo che taglia l’aria con la sua presenza, e un senso alla mente che viaggia, respira e poi muore, ma un senso vero non c’è, nessun filosofo la ha mai veramente trovato, come non ha mai realmente potuto dimostrare l’esistenza di dio. Quello che sappiamo è che esiste solo il senso di non avere alcun senso. Quindi diamoci meno importanza e facciamocene una ragione. Scrive Muriel Barbery: “vivere, nutrirsi, riprodursi, portare a termine il compito per il quale siamo nati e morire: non ha alcun senso, è vero, ma è così che stanno le cose”.

Henry Miller: “bisogna dare un senso alla vita, appunto perché evidentemente non ne ha nessuno”.

Io dico invece che dare un senso non ha senso perché se il senso del senso non esiste è inutile fabbricarlo artificialmente, rimarrebbe solo e soltanto comunque un’illusione. Il nostro vero senso è non avere senso e, a pensarci bene, questa completa assenza di significato che ci rende ingiustificabili, è, alla fine, una gradevole bizzarria. Vivere senza giustificazioni né preoccupazioni di mostrarsi sensati, o di dimostrare qualcosa a qualcuno, può essere divertente.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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