Di Mary Blindflowers©
Quello che la poesia può fare, non può fare, dire non dire, in un gioco di contrasti simbolici affermati e negati e forse pure annegati nella impietosa osservazione del tempo che c’è e non c’è contemporaneamente. Il tempo è un’invenzione umana, viene personalizzato e mantiene intatte le sue proprietà spersonalizzanti, laddove per tempo e ora non si intende solamente l’attimo scandito da un orologio, ma la condizione storico-temporale della contemporaneità. Il tempo che spesso nella poesia è indiscusso protagonista, è anche quello che riempie gli spazi vuoti destinati a non riempirsi, a rimanere vuoti, dato che lo stesso tempo è vuoto a sua volta. Fermare il cuore del vuoto si può nella finzione poetica, perché la poesia consente di fare cose che l’ordinarietà non permette, che il pensiero razionale e logico non ammette, forse per questo fare versi equivale a non essere presi mai del tutto sul serio, fare versi è giocare. Si costruisce un tempo nuovo, parallelo, in cui la morte viene accompagnata a morire perché il tempo che non c’è non la conosce. La morte fa parte del tempo che c’è, quello della prosa incollata al politicamente corretto. La poesia va oltre, perché è simbolo inadeguato alla quotidianità del reale ma nello stesso tempo dal reale nasce e nel reale cresce, per poi viaggiare nell’irrealtà fermando il cuore del tempo e superandolo.
Aspetta di sentirne il pianto
.
Prendi il tempo per il collo,
aspetta di sentirne il pianto di gola,
sola l’ora arriva a passi lenti,
senti?
Prendi il tempo in mano,
stringilo piano,
senza rumore,
fermagli il cuore
tra abissi neri, lini e ceri
dimenticati dentro gli angoli,
prendi il tempo a calci,
fanne brani, stralci di poesia,
che renda le giornate meno corte.
Prendi per mano la morte,
accompagnala a morire,
solo così, forse
un giorno,
potrai un po’ capire
quello che oggi sai e non osi dire.
(2017)
https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/