Di Mary Blindflowers©
Il termine “memoria” racchiude varie sfumature di senso e tempo. Può essere individuale, collettiva o storica, a breve termine e a lungo termine. Secondo la psicologia cognitiva e secondo Tulving essa è semantica o episodica nell’ambito dell’esplicito, manifestantesi per ricordi vivi alla coscienza. L’implicito invece riguarda l’incoscienza, meccanismi che affiorano senza che si possa percorrere a livello cosciente la strada che li ha portati a crescere trasformandosi in dato certo. Ad esempio l’iter che ha portato all’assimilazione di un movimento complesso. Ci si ricorda il movimento ma non le fasi della sua crescita. Entrambe le memorie, esplicita ed implicita poi si suddividono a loro volta in sottotipi che hanno lo scopo di rendere più chiara questa facoltà della nostra mente.
L’amnesia in seguito ad un trauma o ad ipossia, comporta disagio, dolore, stordimento, perché la memoria è il bastone che consente di appoggiarci al mondo senza cadere. Essa rappresenta il filo d’Arianna della nostra storia personale e sociale, la trama o il labirinto su cui il destino si diverte a punteggiare gli avvenimenti. La memoria diventa materia su cui e per cui fare arte quando lo scrittore decide di manipolarla per costruire le sue storie che contengono sempre un po’ della sua esperienza passata e presente e paradossalmente anche futura. Si attiva allora, per esempio, in un romanzo, un’operazione di trascendimento dell’io per cui lo scrivente parla di se stesso senza parlarne, ossia si “mette in scena”, enucleando dei simboli che deformano la memoria e la “lavorano” in virtù dell’ottenimento di nuove forme creative. Se da un lato biografie, memoriali, diari e opere cronachistiche in genere cercano di essere fedeli alla memoria, la letteratura è la sua amante infedele che la manipola per comunicare.
Oltre la percezione dell’oggetto, c’è un mondo in cui la fantasia si intreccia strettamente con la realtà, rafforzandola. Si innesca così un processo paradossale per cui il poeta sul filo mnemonico dice il falso, enuclea un paradosso, semplicemente per esprimere la verità. Esplodendo così sulla pagina
bianca uno stato d’animo che da particolare diviene universale. Un esempio di
tale procedimento di manipolazione mnemonica: il dialogo del primo atto de La
Cantatrice Calva. Moglie e marito, il signore e la signora Martin, non ricordano di conoscersi. Scena quarta atto primo.
«SIGNOR MARTIN Mi scusi, signora, non vorrei sbagliare, ma mi pare di averla già incontrata da qualche parte.
SIGNORA MARTIN Anche a me, signore, pare di averla incontrata da qualche parte.
SIGNOR MARTIN Non l’avrò, signora, per caso intravista a Manchester?
SIGNORA MARTIN Potrebbe darsi. Io sono nativa di Manchester! Tuttavia non ricordo bene, signore; non potrei dire se è lì che l’ho vista, o no!
SIGNOR MARTIN Dio mio, è veramente curioso!…Sta di fatto che io, signora, ho lasciato Manchester circa cinque settimane fa.
SIGNORA MARTIN Veramente curioso! Bizzarra coincidenza! Anch’io, signore ho lasciato Manchester circa cinque settimane fa.
SIGNOR MARTIN Io ho preso il treno delle otto e mezzo del mattino, quello che arriva a Londra a un quarto alle cinque, signora.
SIGNORA MARTIN Veramente curioso, veramente bizzarro!
Incredibile coincidenza! Io ho preso lo stesso treno, signore!
SIGNOR MARTIN Dio mio, veramente curioso! Non potrebbe darsi allora, signora, che io l’abbia vista in treno?
SIGNORA MARTIN È possibile, verosimile e plausibile, e dopotutto, perché no? Io però non me ne ricordo, signore!…
SIGNOR MARTIN (sognante) Curiosa, curiosissima, incredibilmente curiosa circostanza! Nella mia camera da letto c’è un letto. Il mio letto è coperto da un piumino verde. Questa camera, con il suo letto e il suo piumino verde si trova in fondo al corridoio tra il water e la biblioteca, cara signora.
SIGNORA MARTIN Quale coincidenza, gran Dio, quale coincidenza! La mia camera da letto ha un letto con un piumino verde e si trova in fondo al corridoio tra la biblioteca, caro signore, e il water!
SIGNOR MARTIN Quant’è bizzarro, curioso e strano! Mi lasci dunque dire, cara signora, che noi abitiamo nella medesima camera e che dormiamo nello stesso letto, cara signora. È forse lì che ci siamo incontrati!».
Dalì nel suo dipinto olio su tela, “La persistenza della memoria”, deforma gli orologi che diventano molli, nella consapevolezza che il tempo meccanico ha ritmi differenti dalla memoria umana. Relatività di spazio e tempo, inconscio visivo, tutto interiore nel contrasto cromatico tra colori caldi e freddi, nella lunghezza e profondità delle ombre cui contrasta il giallo che scioglie le certezze. L’orologio molle è il tema della memoria che è intrinsecamente deformazione, elemento transeunte soggetto ai colpi del tempo che ne trasforma profondamente la struttura. La memoria infatti non rimane mai identica a se stessa, cambia continuamente sotto la sferza temporale, nostro malgrado si arricchisce di nuovi particolari inesistenti, oppure trasforma quelli originari fino alla inconsapevole deformazione. Il suo legame con il tempo è pertanto d’odio-amore. L’artista scioglie il tempo comune per proiettarsi in un mondo altro, di metafisica fluttuante e simbolica in cui cogliere nessi e processi di una memoria oltre temporale, che si nutre di favola e sensazioni visive. La retina comunica attraverso il colore al resto del corpo impulsi primari, risveglia istinti che superano la precisione regolata della vita per calarsi nell’incanto dell’inconscio e vederne l’assurdo come spettacolo.
Anche Francis Bacon corrode il ricordo nella distruzione e corruzione dei volti resi irriconoscibili in una sorta di deformante e doloroso oblio. La memoria così si obnubila nel mito del signor Nessuno, i tratti somatici identificativi del soggetto scompaiono in una prospettiva di simbolica sintesi, nella sfumatura di un colore d’angoscia che comunica una tensione non definita né definibile in termini di preciso rigore. Sfumature cromatiche che proiettano nell’indistinto, nel bilico che precede l’abisso. L’annullamento, la cancellazione, l’alienante consapevolezza che l’essere è la pittura scrostata dell’illusione confusa nei chiaroscuri della memoria che non è più lucida. Un percorso interiore esploso nella cromatica evidenza delle tele senza volto. La messa in scena dell’oblio che sfugge ad ogni preciso contorno diramandosi in sensazioni che ben si adattano alla crisi dell’uomo contemporaneo. Perdere se stessi nell’immemore vasto limbo della mancata agnizione, non riconoscersi, confondersi con il nulla.
https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/
Eu era sugerido isto site de meu primo. Eu sou não certas se isto publicar escrito
por-lo como ninguém mais perceber tais exclusivo sobre meu problema .
Você é incrível! Obrigado!
Perfetta analisi! E del resto già Platone la sintetizza e illustra nel noto mito della caverna! Chapeau a Mary Blindfliowers!