Morte si fa bella

Morte si fa bella

Morte si fa bella

Morte si fa bella

Terre secche, credit Mary Blindflowers©

 

Fluò©

Morte si fa bella

.

La spettacolarizzazione della malattia e della morte attiene al desiderio di essere ricordati in fase post-dipartita, asseconda le esigenze del marketing e la vanità di una società antropocentrica basata più sul personaggio che sui suoi reali contenuti.
I veri grandi scrittori non hanno bisogno del suindicato mezzuccio pubblicitario per farsi santificare perché nascono scrittori e nessun avvenimento esterno potrà cambiare questo fatto, nemmeno l’indifferenza o la stupidità della critica.
Landolfi non aveva bisogno di farsi fotografare o di sciorinare al pubblico particolari della sua vita privata, per saper scrivere. Scriveva e basta e lo faceva egregiamente.
E anche quando Dostoevskij si ritrovò senza un soldo in tasca, non smise mai di essere scrittore.
Quando Silone venne ostracizzato e non gli fu permesso per motivi politici di pubblicare Fontamara, forse smise di essere grande? Per nulla.
E Fernanda Romagnoli che si accorgeva che gli applausi non erano per lei, forse non è poetessa?
Occorre stare attenti a non confondere letteratura e divismo. Sono due cose molto diverse.
Il divo che sa di essere letterariamente niente di che, ha una necessità fisiologica di esporsi, farsi intervistare, raccontare particolari perlopiù insignificanti della sua vita, sciorinare tutte le sue malattie dal primo dentino fino al momento in cui parla. Poi reciterà il mantra su tutti i lavori che ha fatto, su come è per magia arrivato dove sta, ovviamente omettendo particolari importanti e comunicando quelli innocui, sì, insomma quelli che si possono dire. Non vi dirà mai la storia dei santi che lo hanno reso grande. Quelli stanno ben nascosti nelle nicchie, in silenzio, al buio. Il divo vi distrarrà in due modi opposti e complementari: parlandovi di quanti capelli ha in testa, invitandovi a contarli ad uno ad uno; oppure istruendovi sulla sua futura dipartita dal mondo. In pratica o vi distrae con il nulla oppure tenta di scioccarvi, per farvi sollevare gli occhi dall’unica vera realtà, un’arte che non c’è perché viene sostituita dal personaggio e dalla sua continua presenza nei circuiti ufficiali, dai suoi raccontini preparati a tavolino del partito, dalla sua morte annunciata come se fosse un eroe pronto a versare sangue per la salvezza universale.
La morte si fa bella, sale sul palcoscenico e si agghinda coi colori del marketing.
Questo movimento edonista di matrice antropocentrica, è una deriva superba dell’intelligenza umana, che maschera, attraverso messaggi prementi sull’emotività populista, un sostanziale vuoto di idee e di talento, mascherato da una cortina fumogena di omissioni e di affermazioni che premono unicamente sull’ignoranza delle masse, sempre avide di gossip e così emotive da commuoversi e sentirsi partecipi del dolore di chi le inganna e in fondo le detesta pure.
L’uomo è al centro dell’attenzione, l’opera e la creazione possono attendere, l’arte muore, piano piano, sedata dal nulla, dal rumore inutile.
Perfino la morte diventa spettacolo in questo girone infernale in cui se si scrive come un orinale, poco importa se si è dei personaggi in vista e sempre in pista sul treno del mainstream che esige che anche il sangue faccia la sua parte e reciti su un palcoscenico che prepara sapientemente l’eventuale santificazione dell’inutile.
Uno scrittore tesserato e di regime che sa di dover morire ha due scelte: o fa l’ultimo omaggio al partito gossipando la sua morte, oppure si riprende la sua dignità e vive gli ultimi attimi nel silenzio. Nel primo caso può aspirare ad un marketing post-mortem, per aver ubbidito al potere sulla via della santità. Nel secondo invece potrebbe tornare nel dimenticatoio, lo stesso, del resto, in cui giaceva prima di tesserarsi e ungere le giuste ruote.
L’arte in tutto questo latita perché ormai la confusione tra divismo e letteratura è pressocché totale, devastante per la seconda e lo scrittore che nemmeno in punto di morte riprende se stesso ma continua imperterrito a recitare nel teatrino dei media, fa pure un poco pena. Ed è proprio questo lo scopo, far commuovere lo spettatore medio. Le emozioni funzionano sempre, o quasi…

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

Post a comment