Scoperta, il dio ignoto

Scoperta, il dio ignoto

Scoperta, il dio ignoto

Scoperta, il dio ignoto

Il filosofo nel cassetto, tecnica mista su legno, by Mary Blindflowers©

 

Scoperta, il dio ignoto

Angelo Giubileo©

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La notizia o meglio la scoperta appartiene, secondo il comune buon senso, al genere di eventi che possono far venire i brividi a molti. E non solo nella cerchia dei filosofi e degli appassionati di filosofia. Nella biblioteca diocesana dell’Arcivescovado di Monaco di Baviera e Frisinga sarebbero state scoperte – direi che in questa fase è sempre meglio usare ancora il condizionale – oltre 4.000 pagine inedite, dettate all’allievo Friedrich Wilhalm Carove, di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Pagine che riguarderebbero l’intera impalcatura o struttura o mattone della costruzione del pensiero hegeliano.

La scoperta avrebbe del sensazionale … Posto che Hegel è considerato quasi da tutti il padre non solo dell’<idealismo> ma anche dello <statalismo> moderni. Come dire che senza il pensiero hegeliano non avremmo né una teoria moderna dell’idealismo né una teoria moderna dello statalismo.

E tuttavia, l’idealismo hegeliano è stato l’effetto di un’epoca che inizia con l’avvento dell’<illuminismo>. In uno scritto del 1784, che quindi precede di poco lo scoppio della rivoluzione in Francia, dal titolo “Che cos’è l’illuminismo?”, il filosofo tedesco Immanuel Kant scriveva: “L’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la causa di essa non dipende da difetto d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro”.

La <teoria> del pensiero kantiana risultava pertanto già esplicita e orientata – così come poi suffragata dalla fase della Critica della Ragione – dal <principio> d’<ordine> di un intelletto o ragione <universale> assunta a guida degli uomini in quanto comune a ogni <individuo>. A commento dell’intera impalcatura o struttura del pensiero kantiano, Hegel sostenne che a lui sembrava piuttosto che Kant avesse ignorato la realtà inseguendo una forma di pensiero che potremmo meglio dire <negativa>, e cioè priva di un’<indicazione> o <ordine< concreto. Possiamo anche dire, conformemente all’immagine che lo stesso Hegel rappresentò con riferimento al pensiero di Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling – altro filosofo tedesco e peraltro prima suo amico e poi rivale -, divenuta famosa: come la notte in cui tutte le vacche sono nere. A Hegel, la <forma> dell’intelletto kantiano – a differenza delle <forme> della sua ragione – appariva fautrice esclusivamente di un non-detto che, alla luce viceversa di ogni presunta conoscenza <umana>, restava comunque “oscuro”.

Ma, altresì argomentando in modo siffatto, l’<oscuro> non poteva e non può essere certo il <nulla>, quel nulla inventato e introdotto millenni prima, secondo la tradizione del pensiero <occidentale>, dal linguaggio dei filosofi post-socratici, e tra coloro, per primo, Platone.

In buona sintesi, Hegel non avrebbe mai riconosciuto che, alla base di ogni discorso inteso come logos, ci sia, come in effetti è, un intelletto o ragione comune a tutti gli uomini capace purtuttavia di pervenire a un unico risultato possibile – e sempre lo stesso nel corso del cammino percorso e percorribile dall’intera specie del <Sapiens> -, altrimenti a dirsi: l’incapacità umana di ne rien comprendre a notre sort. Nient’altro quindi che un’idea – a differenza di quella hegeliana – assolutamente vuota.

E pertanto un’idea, quella cosiddetta successivamente hegeliana, viceversa frutto di una <magia> o inganno. Da sempre. Ma-go è infatti termine piuttosto ambiguo, che tuttavia mediante la comune radice rivela assonanza con il termine ma-ttone (dal vedico mat-sone, termine che denotava gli antichi sacerdoti hindu) già proposto, e tantissimi altri di correlati significanti. In base alle ricerche linguistiche di Franco Rendich – sulla struttura e genesi della lingua madre del sanscrito, del greco e del latino -, la radice <ma> starebbe per “effetto dell’azione (a) che delimita (m)” e quindi anche “prendere le misure”, “misurare”.

Assistiamo cioè a un vero e proprio procedimento d’inversione, che cioè inizia dall’<effetto> o gli effetti per cercare di definire la <causa> o le cause. Ed è questo il procedimento o <metodo> che segue anche Hegel. In alternativa all’altro, mediante il quale viceversa la causa o le cause non solo pre-cedono ma re-stano e non possono che re-stare ignote.

In vero, la logica hegeliana (e non solo) im-pone se stessa come un vero e proprio arbitrio o <atto> di <potere>. Mentre il potere, in origine di discorso logico, andrebbe viceversa inteso come possibilità. Infatti, il <metodo> posto in essere da Aristotele separa la “potenza” dall’“atto” e pertanto genera nel discorso la <possibilità>, teorica, che “una cosa sia o non sia”. E quindi codesto discorso avvalendosi di codesto metodo fonda il nulla.

Ciò che, viceversa – secondo Parmenide, i sophoi della <tradizione accademica> e tutti i filosofi presocratici -: non è e non è possibile che sia. Dato che soltanto l’essere è e non è possibile che non sia. A differenza di quanto concepirà Aristotele, in scia a Platone, gli antichi saggi della Tradizione ri-conoscevano invece di non poter separare – se l’avessero fatto, l’avrebbero fatto in modo assolutamente arbitrario, con un atto di hybris, sgradito sia agli uomini che agli dei! – la “potenza” dall’“atto” ovvero dividere l’essere – quello che noi chiamiamo <realtà>, oggi anche <virtuale>, – da se stesso. Mediante il linguaggio delle origini – tra il <caos> e l’<ordine> o meglio la possibilità fattasi arbitrio e divenuta il <potere> effettivo di misurare e quindi attribuire e dare un ordine al caos dell’“inizio che è sempre l’inizio che è” sia per il maestro Parmenide che per l’allievo Heidegger: <Ka-os> è il dio informe, oscuro, enigmatico, tenebra, notte cieca, etc. A tale proposito, Rendich dice anche: “In indoeuropeo (e in sanscrito) le Acque sono chiamate ka anche perché fu nell’oceano primordiale che sorse (i/e) la luce (ka) di Eka, lo Spirito Assoluto, l’Uno”. In definitiva, l’essere che è e che è uno.

Ma – ancor prima e a differenza del linguaggio del discorso o logos che, come evidenzia Heidegger nei suoi “Sentieri interrotti”,  intende l’intero <essere> secondo un rapporto di <forze> o parti che si combattono tra loro – il linguaggio dellinizio che è l’inizio che è dice invece altro … Sia la radice ora in esame ka, che la radice ma di cui abbiamo già detto, rappresentano due moti diversi, secondo l’ordine del <tempo> di cui parla Anassimandro nel suo più antico dettoka indica il compimento (a) di un moto curvilineo (k), che ripiega sempre su se stesso, archetipico uroboro della tradizione, così come l’<individuo> nel corso del suo cammino esistenziale; ma, invece, il compimento (a) o meglio la determinazione (a) e quindi la fissazione (a) di un limite (m), così come un ordine imposto dal di fuori, da un <ente> che lo e-mana (na, in sanscrito, generalmente s’intende con il significato di acqua o anche acque primordiali), e quindi come un dio che esce dagli abissi marini o gurges mirabilis e domina tuttavia su di esse.

E pertanto, ritornando a Hegel, diciamo che il suo pensiero preferì affidarsi e quindi ri-conoscere piuttosto gli effetti dello <Stato>, il nuovo tempio moderno costruito con nuovi mattoni o elementi di fabbricazione. Allo stesso modo di come si costruisce e si struttura un’<idea>, qualunque essa sia, che non sia <l’Ignoto> o l’oscuro medesimo ovvero L’innominabile dell’unica e vera tradizione umana.

Nel pensiero hegeliano, l’immagine dello <Stato> rappresenta e si erge dunque a sommatoria di tutti gli effetti di ogni possibile causa, e costituirà in fine il destino assai tragico di moltissimi uomini che ne hanno fatte le spese nel corso di due famigerate guerre mondiali. Ogni Stato, in quanto espressione di un potere costituendo o costituito, ha infatti necessariamente bisogno di un popolo. Lo Stato esercita il proprio potere o governo sul popolo, attraverso un processo unitario di auto-propagazione, ciò che oggi chiamiamo <meme>. Per inteso, qualcosa di molto simile all’antico patto tra il (Dio)-L’Ignoto e il popolo ebraico.

Un antico <patto> da cui origina anche il nuovo patto cristiano tra Dio – che è e rappresenta <L’ignoto> – e l’individuo, ogni <individuo>, e non più quindi un <popolo>. Per illustrare la differenza che passa tra i due modelli, possiamo anche dire sempre attuali nella storia dell’uomo, valga la differenza che Andrea Venanzoni illustra nel suo ultimo saggio, dal titolo “Il trono oscuro. Magia, potere e tecnologia nel mondo contemporaneo”, tra la Chaos Magik e la Maat Magic.

E in particolare, laddove scrive: “Mentre la Chaos Magik è magia del tutto individuale, la Maat Magik è una forma che pur originando da una radice prettamente individuale si evolve mediante agglomerati alveolari e a sciame, in una dimensione da intelligenza collettiva che proprio come la Silicon Valley (n.d.r.: ma questo è una sua opinione condivisibile) ambisce a trasformare l’umanità intera”.

Giunti a questo punto, penserete proprio che abbia dimenticato la scoperta di cui detto qui inizialmente circa le oltre 4.000 pagine inedite di Hegel … E invece, spero proprio che pensiate che in effetti, fatta eccezione per gli allievi come Carove, servano comunque a poco o nulla.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

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