Il mito di Europa

Il mito di Europa

Il mito di Europa

Il mito di Europa

Ragnatele, credit Mary Blindflowers©

 

Il mito di Europa

Angelo Giubileo©

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Non parlerò di politica. Tuttavia, dopo una parentesi di circa tre anni, il G-20 di Bali restituisce al mondo intero l’immagine, assolutamente prioritaria, di due leader, americano e cinese, che si stringono la mano in segno di accordo e pertanto nella prospettiva di una nuova <pax> mondiale. Due leader di due grandi stati, una volta si sarebbe detto imperi, l’uno di Occidente e l’altro di Oriente, e in mezzo l’Europa separata in stati e nazioni e divisa da una guerra ancora in corso.
Nel mito greco risalente a Omero, Europa è considerata “la figliuola di Fenice ampia fama”, ma Esiodo, nell’VIII sec. e.a. la descrive nella Teogonia come progenie invece di Teti, una delle Nereidi, “la stirpe delle fanciulle di Oceano”. Sappiamo che Zeus s’invaghì di Europa e, diremmo quasi come al solito accade, decise così di farla <sua>.
Potremmo scrivere e dilungarci molto sul mito di Europa, ma diremo solo brevemente che, all’epoca greca di allora, il mito era già nato e diffuso da molto tempo; almeno dal tempo in cui, come ci suggerisce Mario Liverani, gli antichi egizi e il loro signore dell’<Occidente> – come si legge nel Libro dei morti, di nome Osiride – avevano incontrato i piaceri e scontratisi con i dispiaceri delle ostilità invasive di un popolo che proveniva dall’<Oriente>, gli Hyksos. Secondo le più recenti ricostruzioni storiche, siamo nell’età compresa tra il 1700 e il 1550 circa e.a.
Salvo qualche dettaglio, la storia di questa trama <particolare> non sembra cambiare neanche quando – dopo il presunto storico apice della XVIII dinastia del regno egizio (1543-1292 e.a.), una serie di cataclismi naturali insieme a ripetute invasioni dei cosiddetti “Popoli del mare” – si verificherà il crollo dei regni <forti>, noi oggi li definiamo imperiali, dell’epoca. Ciò che E. H. Cline riporta con valida ed efficace sintesi nel suo 1177 a. C. Il collasso della civiltà.
<Europa> è dunque un’immagine che, ai tempi di Omero, sembra aver già subito una profonda metamorfosi: figlia della stirpe di Oceano, ovvero l’<acqua> che circondava la <terra> dell’inizio – storia inscritta così nella più antica trama generale che presiede anche ai tempi che seguiranno – anch’essa diventa <terra>: “figlia dell’illustre fenice” (pseudo-Esiodo, frammento dal Catalogo delle donne), e quindi posizionata a est, vittima della bramosia di Zeus, il nuovo Osiride-greco. A tale proposito, lo stesso Mario Liverani non trascura un fatto, per nulla un dettaglio, secondo cui la Fenicia avrebbe potuto avere un destino senz’altro migliore e piuttosto simile a quello della Grecia, se non fosse stato a causa della sua posizione geografica: porta orientale del mare Mediterraneo, ma non porta centrale così come viceversa è stato ed è per le popolazioni di origine e stirpe greca. Fatto questo che, nel più recente passato, l’Unione europea sembra abbia volutamente o stupidamente ignorato.
Attraverso la narrazione del mito, l’unica “terra” e l’unico “mare” dell'”inizio” (il vero paradiso terrestre) diventano molteplici, le terre e le acque si separano e si dividono, tanto che il giurista Carl Schmitt finirà con il distinguere tra “popoli di terra” e “popoli di mare”. In Terra e mare, egli sostiene per l’appunto che: “la storia del mondo è storia di lotta di potenze marinare contro potenze di terra e di potenze di terra contro potenze marinare”. Attualmente, lo sviluppo della tecnica <globale> consente in parte di superare questa differenziazione, altresì dato che si tratta comunque di un’altra forma di categorizzazione.
E tuttavia, sempre in ordine all’argomento di apertura e in estrema sintesi, diremo altresì che vale ciò che dice Heidegger – in scia a Parmenide – allorché, concludendo l’intero <discorso> (dal mythos al logos, senza alcuna distinzione di <sostanza> ma solo di <forma>) su “l’essere che è e non può non essere”, nei suoi Sentieri interrotti (traduzione di Pietro Chiodi) afferma: “Ma se l’essere, nella sua stessa essenza, man-tenesse l’essenza dell’uomo?” Allora invece che, come l’umanità ha fatto, “ridurre l’essere a un rapporto di forze”, “il pensiero deve (e dovrebbe) poetare l’enigma dell’essere”. È vero ed è lecito quindi sperare sempre (come nell’immagine del vaso aperto di Pandora) che accada, ma occorre notare che la <theoria> e quindi la tesi strutturale del rapporto di forze ancora falsamente e scioccamente prevale.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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