Elisabetta nastri di seta

Elisabetta nastri di seta

Elisabetta nastri di seta

Elisabetta nastri di seta

Bandiere a mezz’asta, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Elisabetta, nastri di seta

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Il potere, come sostiene Popitz, sta dappertutto, basta soltanto saperlo vedere. E qui arriva la parte più difficile, l’individuazione del male coperto da un ricco strato di propaganda che come una lavanda profumata e favolistica si insinua nelle case della gente attraverso il bombardamento mediatico operato da giornali, tv e social media. Si tratta di un movimento che è cambiato nel tempo, perlomeno in Occidente, dove tutto è diventato suadente gossip. Il potere non ha davvero più bisogno di mostrare i muscoli, anzi, al contrario, ostenta simpatiche fragilità.

La Regina così apparentemente sopra le parti, deliziosamente inelegante con i suoi abiti dallo stesso taglio antiquato che la facevano sembrare una caffettiera colorata, e quei cappelli da vecchia nonnina pieni di fiori multicolori e delicate piumette di pavone, le perle imbalsamate sul suo regale collo bianco, incarnava un potere sottile, basato sulla “qualità del sangue” e sul privilegio, un potere che ha resistito e resisterà ancora finché potrà, alla decolonizzazione dell’Impero Britannico.

Il bombardamento mediatico sulla morte della Regina, avvenuta a 96 anni, il cinguettio continuo delle televisioni che ripetono particolari del tutto privi di interesse per qualsiasi persona dotata di buon senso, non ha intenzione di mostrare il vero volto del potere, ma una fiction. Così sappiamo che Elisabetta è stata chiusa dentro una bara foderata di piombo, secondo una pratica antica, perché il piombo, a detta degli espertoni, rallenterebbe la decomposizione del corpo.

A che serva rallentare un processo così democratico da essere irreversibile per tutti, non si sa, ma di fatto, la notiziona, compare su tutti i giornali.

Altro particolare gustoso, “il ragno più fortunato del mondo” è stato ripreso mentre ignaro, camminava sul feretro di Sua Maestà. L’animaletto che alcuni giornali italiani avrebbero definito addirittura “insetto”, in barba a qualsiasi classificazione scientifica, avrebbe fatto capolino sulla lettera scritta da Carlo alla defunta! Una notizia degna di essere ricordata, non c’è che dire!

Poi c’è quel Beckham affascinato dal potere che, in completo scuro, si fa 12 ore di fila per salutare la Regina e i giornali ci illuminano con tutti i particolari…

Voilà dunque la saga delle curiosità più in voga sul cadavere ancor fresco, sappiamo tutto, dove Elisabetta ha studiato, cosa mangiava, a che ora si alzava, quando è morto Filippo, il caro consorte, a che ora sbadigliava, quando e se scorreggiava etc. etc.

Ci tengono a che siamo informati sul nulla.

Così la rappresentante di un’eredità davvero pesantissima, quella dell’imperialismo più becero, è diventata una dolce innocua nonnina, volteggiante tra le carrozze fatate delle fiabe, una corte di cui si spettegola in abbondanza, e una compostezza in cui perfino il sorriso è programmato a ore fisse come i pranzi di gala.

In poche parole ci troviamo di fronte a una figura leggendaria per cui perfino certi intellettuali italiani che giurano di essere democratici, si strappano i capelli, definendola un punto fermo, un esempio, un riferimento sicuro nel tempo.

L’unica cosa sicura è che Elisabetta è comparsa in pieno processo di decolonizzazione del più grande impero del mondo, quello Britannico che non ha risparmiato violenze e soprusi ai popoli conquistati. La monarchia inglese rappresenta per molti ancora un simbolo di schiavitù e di violenza.

Se oggi l’Inghilterra è una potenza mondiale, lo deve alle colonie.

Dopo la morte della Regina, Uju Anya, docente universitaria e ricercatrice alla Carnegie Mellon University Department of Modern Languages, ha twittato disprezzo verso la Regina e la monarchia, responsabile di aver sponsorizzato un genocidio che spinse all’esilio metà della sua famiglia.

Elisabetta rimase infatti regina della Nigeria fino al 1963. Durante la decolonizzazione il governo guidato da Harold Wilson, fece mandare grandi quantità di armi in Nigeria, creando una guerra disastrosa.

Che dire poi delle violenze perpetuate in Kenia o del saccheggio di terre e diamanti in Sudafrica?

Un po’ di storia non farebbe male prima di sventolare le bandierine del cordoglio imposto dall’establishment inglese e spremere lacrimucce per la dolce nonnina.

La deferenza e l’ammirazione per il potere che ti blandisce coi nastri di seta, forse andrebbe un attimo ridimensionata, in nome di valori più alti, tra cui in primis la vita umana.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Liz, my sweet and tender Liz,
    can you answer to my quiz?
    People sang “God save the Queen!”
    On them loving were you keen?
    Did you love inside your power
    people who could not take a shower?
    Were you keen, bearing your crown,
    on the ones who beg in town?

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