U.Q. Uomo Qualunque, censura

U.Q. Uomo Qualunque, censura

U.Q. Uomo Qualunque, censura

U.Q. Uomo Qualunque, censura

L’Uomo Qualunque, censura,numero 52, Anno III, Roma, 25 Dicembre 1946, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

U.Q. Uomo Qualunque, censura

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Il Fronte dell’Uomo Qualunque, puntato U.Q., venne fondato a Roma nel 1944 da Guglielmo Giannini. Il movimento, poi diventato un partito politico, espresse nel suo giornale, L’uomo Qualunque, idee anticomuniste e antifasciste ma critiche anche nei confronti dei partiti facenti parte del Comitato di Liberazione Nazionale.
Mi sono capitati alcuni numeri de L’Uomo Qualunque. La maggior parte dei commentatori liquida gli articoli come “populisti”, in realtà alcuni mi sono sembrati davvero interessanti oltre che ben scritti. Per esempio, in un articolo intitolato Il muro di ghiaccio, pubblicato in prima pagina nel numero 52, Anno III, Roma, 25 Dicembre 1946, l’articolista, in aperta polemica con Togliatti che accusa L’Uomo Qualunque di essere “antidemocratico”, racconta un fatterello di censura e abuso di potere da parte del Questore di Genova di allora, per dimostrare la sfiducia dell’U.Q. verso la forma di democrazia creatasi dopo la guerra. Una commedia di Giannini dal Titolo Maschio e femmina, viene approvata dal Ministero della Cultura Popolare, nonostante questo e nonostante venga rappresentata con successo in varie città italiane, la commedia è stata successivamente censurata dalla Questura di Genova perché la protagonista era la figlia di un questore e qualcuno avrebbe potuto cogliere un’allusione personale al questore di Genova:

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Palmiro Togliatti ci perdonerà il fatterello personale che ora gli narreremo e che, nella sua futilità, è tragicamente significativo di tante nostre diffidenze. Quando il commediografo oggi dirigente dell’U.Q., si guadagnava la vita portando in giro per l’Italia la sua compagnia, aveva in repertorio una sua commedia, di genere brillante, intitolata “Maschio e femmina”. Di questa commedia era protagonista una ragazza di 25 anni, «figlia di un questore». L’imbroglio… si scioglieva al terzo atto, come di norma, col trionfo della prima attrice sul primo attore, trionfo che la protagonista riportava con l’aiuto di un «delegato di pubblica sicurezza», ex e rispettoso subordinato del padre della protagonista. La commedia fu approvata senza osservazioni dall’Ufficio di Revisione Teatrale presso il Ministero della Cultura Popolare, fu rappresentata con grande successo a Torino, San Remo, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Palermo, Tripoli e poi «nel giro di ritorno». Arrivata a Genova ebbe il solito esito davanti al pubblico del Politeama Margherita… ma l’indomani fu ritirata e proibita dalla Questura di Genova… Il Questore di Genova, affrontato senza riguardi, incominciò con lo stupirsi altezzosamente che un «semplice capocomico» osasse discutere i suoi ordini; poi sotto la minaccia di un’offensiva giornalistica mossa da un autore molto noto, si degnò di discutere. Secondo lui la commedia «vulnerava il principio dell’autorità». All’obiezione che l’Ufficio di Revisione Teatrale di Roma aveva approvato il copione, controbiettò che «a Roma potevano fare quello che volevano ma che a Genova comandava lui», e che, insomma, per ragioni di ordine pubblico, egli proibiva la commedia. Per non farla troppo lunga la verità era questa: il signor Questore di Genova aveva una figlia e credeva di trovare un’allusione personale nella commedia. Il prefetto Zurlo reggente l’Ufficio di Revisione Teatrale, … strepitava dal suo telefono che la commedia non fosse vietata. Il Questore di Genova era deciso a non arretrare di un millimetro, come chi sa d’avere il vuoto dietro di sé. Bisognò transigere, e fu pure un’enorme vittoria non sperata, fu sostituita la dizione «figlia d’un questore» con quella di «figlia di un funzionario di polizia» e la commedia poté, così essere modificata, per replicarsi per varie sere.
Se l’on. Togliatti acconsentirà ad esaminare questo fatterello per quello che vale ai fini del nostro antitotalitarismo programmatico e irriducibile, egli scoprirà semplicemente questo. Il questore di Genova del tempo, ABUSANDO DELL’INCONTROLLATO E ILLIMITATO POTERE A LUI CONFERITO QUALE RAPPRESENTANTE DI UN GOVERNO TOTALITARIO (in maiuscolo nell’articolo), feriva l’interessa di un singolo, UNICAMENTE PER SUE PRIVATE E PERSONALI RAGIONI.
Tutta la vita italiana sotto il totalitarismo fascista si svolgeva così: nel teatro, nella siderurgia, nell’agricoltura, nella banca, nell’industria alberghiera, dovunque…. Dovunque non si poteva scrivere, non si poteva fare una scampagnata, non si poteva portarsi una donnetta in una camera d’affitto, non si poteva che fare il doppio gioco, e fu quello che milioni di italiani fecero…

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Più che populismo, mi sembra invece l’articolo di uno che ha diffidenza verso il tipo di democrazia censoria che si è venuta a creare in Italia dopo la guerra, dove gli abusi di potere vengono vissuti come normali e dove il singolo deve adattarsi agli imperativi categorici, spesso immotivati, di un’autorità imperfetta e capricciosa, esattamente come avveniva durante l’epoca fascista.

“Qualunquismo”, oggi usato con un’accezione negativa dai media, è diventato sinonimo di superficiale disinteresse politico, ma siamo davvero sicuri che i partiti meritino il reale interesse del popolo? Che facciano i suoi interessi? La sfiducia nelle Istituzioni e il rifiuto di legittimare partiti nati con il piede sbagliato, è populismo oppure semplice buon senso?

Decidete voi.

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Rivista Il Destrutturalismo

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

 

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