Il collirio di Plinio?

Il collirio di Plinio

Il collirio di Plinio?

 

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Il collirio di Plinio

Vintage Green eye wash cups, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Il collirio di Plinio

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In merito alla medicina antica, troverete vari articoli on line sulle curiosità e sull’uso di molte sostanze oggi ritenute velenose, per esempio, l’arsenico, il mercurio o il piombo, che spesso erano componenti essenziali di molte preparazioni farmaceutiche, di sciroppi per la tosse, prodotti per la disinfezione della cute e dei capelli e perfino cosmetici.
Secondo alcuni giornalisti “bene informati”, Plinio il Vecchio racconterebbe che i Romani usavano una specie di lenitivo per gli occhi, una sorta di collirio in comprese a base di cera d’api e zinco. E in effetti recenti scoperte archeologiche hanno confermato il reale utilizzo di queste sostanze lenitive per gli occhi. Sono state rinvenute pasticche di 2.000 anni fa scoperte nel Relitto del Pozzino, al largo delle coste toscane (nell’area di Piombino). Secondo i ricercatori queste pasticche a base di ossido di zinco, amido, cera d’api e grassi vari, resina di pino, resti vegetali come fibre di lino, carbone, amido, cereali, pollini, servivano per curare gli occhi. Varie testate giornalistiche, riferendo tutte la stessa notizia sensazionale, titolano: ritrovato il collirio di Plinio! Nessun giornalista che si preoccupi di informarci in quale capitolo della Naturalis Historia Plinio il Vecchio descriva questo “collirio”.
Nel libro “Vigesimoquinto”, capitolo dodici, Plinio parla dei mali degli occhi e anche del collirio: “Del Centauro, della chelidonia, dei panacei, del biosciano e dell’euforbio, de mali degli occhi” (Historia Naturale di Plinio Secondo, divisa in trentasette libri, tradotta per Lodovico Domenichi con le addizioni in margine… in Venezia, appresso Giorgio Bizzardo, MDCXII, p. 636).
Plinio fa menzione dei mali degli occhi anche nel libro Ventotto e nel Ventinove, insomma un poco dappertutto nella Naturalis Historia che è un’opera abbastanza corposa, per cui cercare la ricetta del collirio allo zinco che corrisponderebbe esattamente alla scoperta di certe pasticche di archeologica memoria, con gli stessi ingredienti della ricetta di Plinio, senza una precisa indicazione bibliografica da parte di chi ha riferito approssimativamente la notizia su piccole e grandi testate ufficiali, è come cercare un ago in un pagliaio. Misteri del giornalismo di oggi. Come si faccia a spappagallare una notizia senza nemmeno essersi accertati della corrispondenza reale con la fonte, non si sa. Siamo nel regno dell’approssimazione.

Anche Leonardo Fioravanti nel suo Compendio de’ Secreti Razionali, descrive un vero e proprio collirio. Mi sono andata a guardare la fonte, dato che non sono una giornalista:

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Per far acqua che giovi all’infermità e mal d’occhi, acqua di finocchio, rose bianche, di celidonia e di eufrasia once III, zucchero candido once II, verderame grani XVI, aceto stillato oncia I. misce in ampolla di vetro et falla bollire per un quarto di hora e poi lievala dal fuoco, e diventerà chiarissima e di questa se ne metta una vota il giorno dentro gli occhi del patiente. E questo è bonissimo rimedio, perciocché mai non vien male negli occhi se non per causa di superflua umidità e calidità. Et che ciò sia il vero sempre gli occhi fermi lagrimano, e son rossi e infiammati. E questo rimedio è disseccativo e modificativo perché l’acqua ab antiquo sono state approbate per buone al medicamento degli occhi e il zucchero mondifica e il verderame disseca. E per queste ragioni, il detto rimedio è perfettissimo, e raro. E così lo approvo anco io con la mia autorità quale essa si sia, o rimedio razionale da usare in tale infermità (Compendio de’ Secreti Rationali dell’Eccellente dottore e Cavaliero Leonardo Fioravanti, Diviso in libri Cinque, in Vinegia, Presso Altobello Salicato, MDXCVI, p. 64).

 

Vintage blu eye wash cup

Vintage blu eye wash cup, credit Antiche Curiosità©

 

Oltre a queste fantasiose ricette “curative”, gli antichi ricorrevano anche a bagni oculari. Gli inglesi usavano le eye wash cups or eye baths, in uso fin dal XVI secolo.
La prima volta che ho visto uno di questi contenitorini per il lavaggio degli occhi, ho notato la forma. Generalmente sembrano dei calici, soltanto che sono molto piccoli, troppo per poterci bere, ovviamente, quindi si può escludere intuitivamente l’uso domestico anche se non si è esperti di medicina. Alcune volte sembra che imitino la corolla di un fiore, altre volte la forma dell’occhio. Di solito sono blu, verdi o di semplice vetro trasparente. Quelli ambrati sono più rari. Possono essere però anche di ceramica, d’oro o d’argento, soffiati a mano o lavorati industrialmente, a seconda del periodo storico cui appartengono.

 

Vintage eye wash cups

Vintage eye wash cups, credit Antiche Curiosità©

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