Il Re Sole, politica religiosa e assolutismo

Il Re Sole, politica religiosa e assolutismo

Il Re Sole, politica religiosa e assolutismo

Di Angelo Giubileo©

Il sole artificiale, credit Mary Blndflowers©

 

L’histoire de lui-même

Silenzio, entra la corte! A lei è dovuto tutto l’onore e il rispetto, perché è lei che ha il compito di giudicare, di rendere la giustizia dovuta a tutte le cose da sempre e per sempre ostaggio dell’ingiustizia e dell’usura di Crono-Saturno, signore del tempo e altresì reggitore dei destini degli uomini ricolmi di ciò che comunemente chiamiamo necessità e libero arbitrio.

Le Roi gouverne par lui-même, è viceversa questa la scritta che sovrintende alla rappresentazione di Charles Le Brun nella Sala degli Specchi alla reggia di Versailles (http://ressources.chateauversailles.fr/IMG/pdf/le_roi_gouverne_par_lui_meme_galerie_des_glaces.pdf) dell’intronizzazione nel 1661 di Luigi XIV, il Roi soleil.

Il re governa da solo. E’ questa la traduzione di cui comunemente ci si compiace, volendo significare la caratura di un regno e di un re che intendeva, par lui-même, governare sciolto dalle leggi, e quindi si vuole intendere legibus solutus. Ma, esattamente: che fosse lui-même sciolto dalle leggi o piuttosto che fosse lui-même capace di amministrare le leggi?

Il tema è troppo complesso e variegato di sfumature anche fondamentali per essere affrontato nello spazio di un articolo come questo, ma la nostra idea destrutturalista (https://antichecuriosita.co.uk/blogs/) ci guida per l’appunto nel tempo alla scoperta dei legami nascosti delle cose, che, pur restando a volte tali, ci compiace tentare almeno di de-couvrir.

L’ascesa al trono di Luigi XIV significò per tutti, e in particolare per il clero e la nobiltà dell’epoca, la fine dell’antico feudalesimo medievale, fatto sì di re e regine, ma soprattutto di corti, frequentate in particolare da cardinali – come lo fu il predecessore del Re Sole al soglio del potere temporale di Francia, Giulio Raimondo Mazzarino – in quanto emissari del Pontifex romanus ecclesia, titolare del potere religioso.

Cosa dire, in maniera infinitamente succinta, del credo intimo e quindi della religiosità personale del Roi Soleil? Cosa dire, altrettanto, degli atti e dei comportamenti pubblici del Roi Soleil? Potremmo dire che lui-même in pubblico mostrasse di essere “molto cristiano” ma altresì “ignorante di cose religiose”. Da Ezechiel Spanheim, 1680; a Madame Palatine, 1696; al duca di Saint Simon 1675-1755; quest’ultimo, ammesso al castello di Versailles nel 1702, dopo alterne vicende, distinguendosi tra gli altri per un disegno di riforma: una monarchia con meno assolutismo non tanto per un desiderio di eguaglianza quanto per riconsegnare alla nobiltà, strettamente gerarchizzata, un maggior ruolo politico, se non egemonico … E, in fine, “en 1966, Pierre Goubert devait rapidement juger la religion du roi, ‘conformisme appris et politique étudiée’” (in A. Maral, Le Roi-Soleil et Dieu, Perrin 2012).

E dunque, nient’altro che una forma di “politique religieuse”, il cui modello potrebbe farsi piuttosto risalire, indietro nel tempo, alla riforma del potere (tramandata impropriamente con il nome di “monoteismo”) tentata dal faraone Amenofi IV, meglio noto con il nome di Akhenaton; la cui scoperta, in epoca moderna (e. m.) sembra risalga proprio al regno di Luigi XIV e in particolare alla missione al Cairo del gesuita Claude Sicard.

Qualcosa che avrebbe poi avuto a che fare anche con l’incarico che nel 1684 l’Accademia Reale di Luigi XIV conferì a un altro gesuita, Joachim Bouvet, di rompere a vantaggio della Francia l’isolazionismo politico e commerciale della Cina. Bouvet pensò tuttavia, e lo riportò nelle sue pagine del Portrait historique de l’empereur de la Chine, che i profili di Kangxi, l’imperatore cinese, e di Luigi XIV, il sovrano di Francia, avrebbero potuto confondersi fino, s’intenda, a sovrapporsi, l’uno all’altro e viceversa: entrambi – a dire il vero – alquanto idealizzati, (nell’auspicio di) un futuro di possibile concordia sotto il segno di una fede comune: ‘I due grandi monarchi che dominavano le due parti del mondo, erano esaltati per le loro straordinarie virtù personali e per le eccezionali capacità di governo, e in ciò resi quasi fratelli’ (trad. di Michela Catto).

Senza accennare alle vicende del breve regno di Akhenaton, Silvia Ronchey in uno splendido articolo di vent’anni fa, dal titoloL’Oriente del Re Sole, ha scritto: “Nel IV secolo Costantino I insediò la corte bizantina sulle rive del Bosforo (…) Nella topografia ideale bizantina quella di Costantinopoli era la corte della seconda Roma (…) La corte rifletteva tutto questo: lo statalismo … il dogma vivente dell’autocrazia, che trovava espressione simbolica e rappresentazione visiva nel cerimoniale descritto dal Libro delle cerimonie di Costantino Porfirogenito (…) ‘Cerimonia’ in greco è taxis: l’ordine simbolico di gesti, solitamente pubblici e collettivi, che mimano un ‘ordine’ superiore, trascendente”. Dice anche la Ronchey che alla corte di Bisanzio, la rappresentazione dell’autocrazia avesse preso a modello l’immagine della gerarchia del regno celeste descritta nel VI secolo dell’evo moderno (e. m.) da Dionigi Aeropagita.

Una visione celeste che non viene affatto confermata nella rappresentazione di Charles Le Brun, anzi è da questa sconfessata, visto che nella scena dell’intronizzazione di Luigi XIV sono rappresentati soltanto soggetti mitologici, di epoca classica, precedenti all’avvento dell’era cristiana, altro che “schiere angeliche e ordini di santi”. Le Roi gouverne par lui-même, senza una “corte” che lo circondi e soprattutto e ancor prima gli attribuisca il potere di regnare.

Il Re Soleil aveva deciso di governare par lui-même, e quindi trasferire la corte, la sua personale, a Versailles. Amenofi IV, assunto il potere, aveva voluto fare la stessa cosa, trasferendo la capitale del più ricco regno d’Egitto da Tebe ad Amarna, ma non prima di aver assunto il nome al trono di Akhenaton e imposto, ai sacerdoti di Ammone per primi, il culto del dio unico: Aton, ovvero il Sole. Giammai che non si avesse allora notizia di altri culti del dio-Sole, tutt’altro; campeggianti in cima alle diverse epoche passate presenti e che poi seguiranno. I sacerdoti ebbero pronta contezza di quanto stesse accadendo, tanto che immediatamente proruppero: “Si tratta di lotta per il potere (…) Lo stesso sole non è più un dio (…) Né sole né stella né statua. Niente di niente”. Ma, uno tra di loro, aggiunse: “E come si adora ciò che non si vede?”. A quella precisa domanda, intervenne allora la madre del faraone, Tiye, che “allargò le braccia compassionevole (e disse): Egli (il Sole) è tutto, il creatore … l’energia … l’amore … la pace … la gioia”. L’obiezione assertiva dei sacerdoti, che si compiaceva di essere definitiva, fu: “Questo dio non esiste” (in N. Mahfuz, Akhenaton-Il faraone eretico, 2001, trad. Cristina Palmarini).

Ma, in vero: le Roi Soleil gouverne par lui-même. Ella, dea e regina, o Egli, dio e re, o chiunque (alla stregua del vedico Ka-Prajapati-Chi? Nella lingua francese ‘personne’, che è vocabolo tradotto anche con il termine, dalla presunta valenza omerica, di nessuno) esso sia, governa. Da sola. Da solo. In forza di un potere che le deriva per, attraverso, se stessa. Gli deriva per, attraverso, se stesso. Come a dirsi, semplicemente, che sia piuttosto questa l’histoire de lui-même.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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