Ringrazio Dio di avermi fatto diventare ateo

ringrazio dio di avermi fatto diventare ateo

Ringrazio Dio di avermi fatto diventare ateo

Di Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

Debolezze strutturali, schizzo veloce su sketchbook by Mary Blindflowers©

 

La generazione cattolica dell’intolleranza cieca, quella che non si interroga mai perché si nutre costantemente di certezze impartite dal super-ego dominante, che dice “credete senza pensare perché la fede non si spiega, si sente”.

Forse questo sentire può essere applicato a dio, entità astratta in cui si può aver fede oppure no, una fede irrazionale ma comprensibile verso una spiritualità alta.

Il problema di dio, così antico, in realtà non si porrebbe se non ci fosse l’uomo.

Gli animali forse hanno esigenza di pregare dio? No. Vivono spiritualmente senza altari e cappellette.

I problemi si complicano quando si salta dal divino all’umano, quando è l’uomo a usare il nome divino per i propri scopi, per riempire un vuoto di senso o di cassa. Le cose umane attengono al fango, non alla purezza del cielo. Se si mischia il fango dell’umano alla certezza del divino si ottiene un cocktail di sostanze stupefacenti che contribuisce all’ottenebramento mediatico e programmatico delle menti. Così il Papa diventa buono e santo senza che nessuno sappia dire perché e la realtà si mescola con la fantasia in un gioco perverso e filo-propagandistico che fa riflettere.

La parte e l’intero. Lo spazio e il tempo. E per via, così a ogni distinzione o separazione: realtà o fantasia? Infatti, quanto sia sopravvalutata o sottovalutata la realtà è esperienza piuttosto comune, a svantaggio o vantaggio dell’illusione. Ma se riflettessimo, per un attimo, sulla radice del termine “realtà”, intuiremmo già che la cosa o le cose non sono poi così semplici; dato che il termine deriva dal latino res, per l’appunto “cosa” e presenta affinità con il sanscrito rāḥ che indica “possesso, bene, ricchezza”; allo stesso modo, se riflettessimo sulla radice del termine “fantasia” che deriva dal sostantivo greco φαντασία (phantasia), che sta per apparizione, manifestazione e, iterativamente, dal verbo ϕαίνω, ovvero: mostrare.

La questione, potremmo – d’ora in avanti, sempre in qualche modo – semplificare, riguarda quindi “la cosa” e “tutte le cose”. Whithead suggerisce che l’evidenza del senso comune costruisca ogni ipotesi scientifica in base ai concetti di “univocità” e concretezza”. Ma si sa, i concetti appartengono al mondo della mente e pertanto non sappiamo quanto esattamente riflettano la cosa pensata. E tuttavia, da un punto bisogna partire, preferendo così che sia un punto evidente, e quindi concreto, univoco, e quindi determinato.

Qual è il punto?

Il punto è che il contemporaneo senso comune deve avere un punto, ma di riferimento. La società attuale è ancora così strutturalmente debole e malata da sentire l’impellente ed urgente necessità di un balsamo divino che possa essere attinto sulla terra e servito da intermediari di dubbia moralità che però, con l’aiuto dei media, diventano santi miracolanti.

La conversazione col senso comune di chi sente il bisogno di un punto, se si innesta il pericoloso germe del dubbio, diventa grottesca. La provocazione del dubbio è metabolizzata male da chi pensa che la certezza non possa essere scossa in alcun modo nella confusione tra realtà e fantasia.

La fantasia costruita dai media su un Papa che innova diventa così realtà incontestabile perché è così e basta.

La domanda: “cosa di concreto l’attuale pontefice ha fatto di nuovo? In cosa ha cambiato la Chiesa?” suscita malumore, vocii sommessi e poi grida di intollerante dolore e insulti da mercato rionale. L’idolo propagandistico si sfalda al tenore delle risposte generiche che sanno di pre-confezione di un buon senso fantastico: “parla coi poveri, con gli ultimi, perché gli ultimi saranno i primi, non lo dice più nessuno”.

Forse non lo dice più nessuno perché non è vero, forse non lo dice più nessuno perché molte coscienze si stanno svegliando e capiscono che non basta mostrare in televisione che si parla dei poveri e coi poveri, per aiutare gli ultimi e farli diventare primi. Che forse i poveri vorrebbero esser primi in questo di mondo, non in quell’altro promesso e mai veduto. Forse alcune coscienze capiscono che se il Papa e la sua Chiesa invece di parlare soltanto, allentasse i cordoni della borsa miliardaria che nei secoli ha accumulato un patrimonio di valore inestimabile, i poveri non sarebbero più tanto poveri. Ma il papa sa bene che i poveri sono necessari alla Chiesa, perché così può dire di essere dalla loro parte, dalla parte sfortunata del mondo e può recitare la fantasia della bontà ecclesiastica mentre si leva i residui del pasto dalla bocca con lo stuzzicadenti d’oro puro.

Se non ci fossero più poveri perché la chiesa li ha sfamati, cosa accadrebbe?

Ci sarebbe un terribile vuoto propagandistico, occorrerebbe inventarsi qualcosa di intelligente per farsi ancora pubblicità e giustificare l’esistenza di una Chiesa corrotta.

Anche gli ingenui, al caldo dei loro salottini e delle loro belle case confortevoli e moderne, hanno bisogno dei poveri, perché hanno paura di morire, hanno paura della vita, della malattia, quindi hanno necessità di credere in un punto fermo, costruito a tavolino, un Papa che usa i poveri anche un po’ immoralmente, come cavallo di battaglia della fede, senza di fatto muovere un dito per aiutarli.

Resistete poveri, io sono dalla vostra parte, coraggio”, pacca sulla spalla, coscienza scaricata, propaganda innestata.

Cosa ha fatto dunque di concreto il Gesuita contro la misoginia della Chiesa o l’omofobia?

Parla tanto dei diritti delle donne, della loro importanza, un fiume di parole, ma di fatto le donne nella chiesa sono relegate in ruoli del tutto marginali, non vengono considerate degne di dire messa, esclusivo appannaggio degli uomini, come del resto tutte le cariche importanti.

E nonostante si predichi l’amore universale verso tutte le creature, gli omosessuali rimangono i figli di un dio minore.

A questo punto ripetiamo la domanda. “Perché vi piace questo Papa, dato che fa una cosa e ne dice un’altra?”

L’insistenza non paga, riceve l’insulto di andare al gabinetto, non quello di consultazione, ma quello della famosa prima porta a destra, tira lo sciacquone e non offendere il nostro idolo.

Dopo la campagna contro la stitichezza del proprio interlocutore, i catto-ferventi affermano sempre più effervescenti, che si crede nel Papa senza pensare, perché è il Papa e basta e son cose che si sentono, non si spiegano.

Dio non vuole che si pensi troppo, che ci si interroghi, che si spieghi alcunché, si crede e basta, senza fare domande.

Noi non abbiamo mai parlato con dio, non sappiamo se abbia piacere o no che si pongano questioni. Crediamo fermamente che neppure chi crede senza interrogarsi, abbia mai parlato con Dio, quindi dubitiamo che sappia cosa questi voglia. Se abbiamo un cervello forse usarlo non è peccato.

Come diceva Georg Lichtenberg “ringrazio il buon Dio di avermi fatto diventare ateo”.

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Parole purtroppo verissime che urlano nel costato di una Chiesa simoniaca e altamente inoperativa. Papa Bergoglio con tutto il pleonasmo orientato al buonismo non riesce a far comandare con l’esempio i suoi fratelli cardinali e si staglia gesuiticamente come gattopardo tra i gattopardi. Che non fosse un cuordileone lo aveva palesemente dimostrato in Argentina sotto Videla… in Sudamerica chi si oppone fa la fine di Mons. Romero che egli tra breve canonizzerà per dare un altro po’ di candeggio alla coscienza. Lo stesso candeggio con cui liquida il fratello della Orlandi: ” Lei oramai è in Cielo!”… della serie : ” Chi muore giace, chi vive si dà pace!”

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