Clienti senz’anima©

Clienti senz’anima©

Di Annamaria Bortolan©

Le trame dell’editing, credit Mary Blindflowers©

 

Mostra il tuo talento nella vita, non nella scrittura” è l’appello tratto da Clienti di Natalija e Irina, a cura di Maria Adele Garavaglia, San Paolo, 2014, p. 29, rivolto a Michail che, nella narrazione, lascia il lavoro per futili motivi e si dedica alla stesura di un libro, senza in realtà saper bene come scriverlo. È il marito di Natalija, la protagonista, e rappresenterà una delle prime delusioni della vita di questa ragazza.

Diciamocelo francamente: l’invito è suggestivo. Chi è esordiente nella narrativa e pubblica con piccoli editori o in self-publishing non può non pensarci su almeno un momento. Quante volte capita di imbattersi in testi di autori noti sul cui talento qualche dubbio può sorgere? L’affermarsi nella vita, ad esempio come personaggi pubblici (attori, cantanti, showgirls, etc. etc.) è primario rispetto alla qualità del testo pubblicato? Ossia, per dirla in un altro modo, il primeggiare in ambiti che nulla hanno a che vedere con la letteratura, implica un’attenzione particolare da parte degli editori, a prescindere dalla qualità del testo? E ancora: una buona scrittura vale così poco da non poter diventare di per sé veicolo di realizzazione personale? Ovviamente il romanzo della Garavaglia non si occupa di questi problemi ma la citazione che abbiamo riportato è talmente evocativa che non è possibile non porsi questi interrogativi. Anche perché leggendo tale autrice qualche perplessità può sorgere. Ma vediamo di approfondire il discorso.

Dopo aver letto il romanzo L’agave fiorisce una volta sola scritto dalla stessa Maria Adele Garavaglia, pubblicato da Giuliano Ladolfi nel 2013, ed essere rimasti sorpresi dalle inesattezze contenute in quel volume (la protagonista “rinchiude” la porta anziché richiuderla, e lo fa più volte, a partire dall’incipit a p. 5; “un stormo” di passeri, p. 107; “avrebbe potuto divenire”, p. 6; “non ha voluto proprio venire”, p. 112; la citazione de “I fiumi” di Ungaretti è seguita dall’affermazione che la protagonista amava Montale e imparava a memoria le sue poesie, p. 113), abbiamo deciso di dare a questa scrittrice una seconda possibilità. Infatti ci sembrava incredibile che ciononostante avesse potuto scalare i vertici di case editrici di prestigio. Ha infatti collaborato con Signorelli, D’Imperio, Mursia, De Agostini, Interlinea, Lampi di Stampa, Il Capitello, Palumbo, Atlas, Principato e Mondadori, “per la quale ha diretto dal 1995 al 2005 la collana Apprendista scrittore” (si legge nel risvolto di copertina del romanzo edito da Ladolfi di cui vi abbiamo proposto alcune brevi citazioni, ed è strano perché cercando con Google, tale collana fa riferimento all’editore Mursia e non a Mondadori); in più “ha elaborato antologie critiche dei Promessi Sposi e della Commedia dantesca” e anche qui ci rifacciamo alla presentazione proposta a margine de L’agave fiorisce una volta sola. Ha pubblicato testi dedicati ai più piccoli oltre al romanzo La colpa di una madre che è stato trasformato in copione teatrale; vanta una raccolta di racconti ben fatti, Il taglio del riso e altri racconti di pianura (ne abbiamo letto qualcuno apprezzandone il contenuto), ha firmato un saggio di storia locale, ha tenuto corsi di scrittura creativa nelle scuole e svariate conferenze, ha pure fatto parte di alcune giurie di vari premi letterari, ha inoltre vinto numerosi premi e ottenuto svariati riconoscimenti.

Abbiamo quindi cercato in libreria una delle sue opere pubblicate da un editore di prestigio per andare a fondo della questione. Fra i tanti, abbiamo scelto il romanzo Clienti edito da San Paolo nel 2014 e di cui Maria Adele Garavaglia figura la curatrice e Natalija e Irina, le due ragazze costrette a prostituirsi di cui è narrata la storia, le autrici. L’editing è ben fatto, la grafica di copertina di buon gusto e nel contempo accattivante mentre la scorrevolezza del testo appare assoluta. Perfino il modo di raccontare la vicenda, che ne L’agave fiorisce una volta sola sembrava a tratti mancare di fluidità e di profondità, qui è gradevole. Un miracolo. Una maturazione, un ravvedimento, un aggiustamento di tiro che segnala la volontà di mettersi in discussione e di lavorare con costanza oppure una revisione massiccia del testo da parte di un editor molto bravo? Propendo per la prima possibilità. La gente cambia, le persone crescono e migliorano.

La storia, se pure abbondante di particolari scabrosi, di descrizioni di sesso e di uso di cocaina che hanno comunque una loro ragion d’essere anche se sconcertano all’interno di un testo pubblicato da una casa editrice cattolica, è interessante. Natalija e Irina si trasferiscono dall’Ucraina in Piemonte, in un’insignificante città di provincia. Accolte da due connazionali che promettono di procurar loro una casa e un lavoro serio e ben remunerato, finiscono in realtà dentro un giro di prostituzione, senza riuscire a uscirne per parecchie settimane. A salvarle è l’idea di chiedere aiuto utilizzando il cellulare privo di credito di una di loro due, addebitando la chiamata al destinatario. Dall’altra parte del telefono, una donna, Ilariya, mamma dell’amica Nadjia, che decide di avvisare le forze dell’ordine che le libereranno, facendo irruzione improvvisamente in una delle due case dove vivevano segregate e da cui potevano uscire saltuariamente, sempre guardate a vista solo per andare al supermercato o dal parrucchiere, così da essere presentabili ai loro facoltosi clienti. Questi ultimi sono descritti come uomini senz’anima, non di rado sposati, attenti ai loro insaziabili bisogni animaleschi. Nonostante alcuni sconfinamenti dialettali (“sbiascica all’amico”, p. 119; “di colpo, svariona”, p. 139) tuttavia la narrazione è intrigante anche se la voce narrante pone talvolta domande che appaiono inutili:

-Sarò schietto. Tu sei una bella ragazza, e ormai hai una certa esperienza. Per una come te gli italiani perderebbero la testa.

Come sempre, quando è agitata, si porta la treccia al di là della spalla e comincia a tormentala (sic).

-E sarebbero disposti a pagarci per andarci a letto.

Le sembra tutto assurdo, irreale.

-Ma non devi preoccuparti, sono puliti, non bevono, hanno classe.

Sta proponendole di vendere il suo corpo?” (Pp. 82-83).

Oppure, non senza una certa ridondanza: “Le facevano male le parti intime. Le facevano male le gambe e la schiena. Aveva dolori dappertutto, era stremata. Quando era tornata a casa di Egor e Dana, a Novara, si era fatta una doccia, poi, nonostante fossero appena le quattro del pomeriggio, si era buttata sul letto. A dormire. Senza pensieri. Senza emozioni. Senza incubi che la tormentassero. Nero.

Vi pare strano?

Non lo è, per niente”. (P. 70).

O infine: “Irina è stanca. E stufa. Non sopporta più l’egoismo di Egor. Non sopporta l’indifferenza di Dana. Non sopporta più Gino, la sua arroganza, la sua violenza; il fatto che il suo futuro dipenda da quel grassone drogato. Ma, soprattutto, è arrabbiata: come è possibile che facciano finta di niente? Che dopo il ricovero costringano Natalija a vestirsi in quel modo e ad andare con i clienti? Non ce l’hanno una coscienza? Non provano pietà? E anche loro, diamine, possibile che non si facciano scrupoli? Non si rendono conto di portarsi a letto una donna esausta, sfinita? Possibile che pensino solo a se stessi e ai loro istinti più carnali?

E lei?” (P. 145).

Probabilmente sono i suoi trascorsi di narratrice per l’infanzia a emergere inconsciamente in questi brani. Il lettore adulto non è così sprovveduto da non comprendere l’evolversi della vicenda anche senza tutte quelle domande che appaiono retoriche. Comunque va puntualizzato che parte dei proventi del testo saranno devoluti all’associazione “Liberazione e speranza Onlus” di Novara che è intervenuta in questa vicenda in modo concreto per aiutare le due ragazze a rifarsi una vita. Per questo vale la pena leggerlo. Per questo è giusto conoscere questa vicenda. Perché racconta una storia vera, una storia di dolore che emoziona e sconvolge.

Non mancano spunti piacevoli. Eccone uno, nonostante la parola “lago” venga ripetuta dopo un paio di righe, è comunque gradevole:

L’Isola dei Pescatori, dove attraccano, si trova nel cuore del lago. È una striscia di terra e pietra lunga circa trecento metri, a forma di pesce. C’è la chiesa, che funge da occhio, la via principale, che è la colonna vertebrale, e tante stradine che conducono al lago, le lische. In fondo, dalla parte opposta rispetto alla chiesa, puntellata da platani secolari e circondata dall’acqua, c’è la coda. Nel mezzo si alza un piccolo borgo antico, fatto di pietra e ciottolato”. (P. 134).

Bello e semplice. Particolare l’idea che la chiesa sia “puntellata” dai platani, quasi a custodirla, a sorreggerla in un verde abbraccio.

Osservate una crepa. Un taglio sottile, quasi invisibile, che piano piano si allarga. Che incide la superficie ghiacciata fino a frantumarla in tanti piccoli frammenti. Guardate l’acqua che si accumula nei pressi di una diga. Che a mano a mano si addensa. Che si ingrossa fino a superare l’argine e travolgere tutto ciò che incontra. Prendete le emozioni: funzionano allo stesso modo.”

È l’incipit di p. 9. Suggestivo.

Che dire in conclusione? La Garavaglia è riuscita a mostrare il suo talento nella scrittura oltre che nella vita? Ai lettori la risposta.

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