La saggistica di casta

La saggistica di casta

 

I libri della casta, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

.

Pensiero e storico e filosofia analitica, un libro a cura di Giovanni Paoletti, edito da ETS nel 2005, prezzo di copertina ben 18 euro. Ha ancora il cellophane, nonostante sia sopra una bancarella dell’usato. Leggo la quarta di copertina. Dice che si tratta di ricerche molto interessanti sulla filosofia antica e il pensiero di Wittgenstein, ricerche che “esemplificano – usa proprio questo termine – un modo di fare ricerca filosofica caratterizzato dall’interazione tra la comprensione storica e l’approfondimento analitico e concettuale”. Lo compro. Quando lo apro mi accorgo che Paoletti in verità, anche se ha il nome che compare in copertina, ha semplicemente raccolto i papers di alcuni studenti in dottorato, dipartimento di Filosofia dell’Università di Pisa di qualche anno fa e li ha riuniti in un unico volume. Non c’è nemmeno una sua prefazione al libro. Di cosa si tratta? Sostanzialmente un déjà-vu di nozioni che si sapevano già e basate sui soliti convegni universitari durante i quali di solito si scopre l’acqua calda nelle sue varie sfumature di calura e trasparente opacità opportunamente fritta, ma in compenso si generano stupende occasioni per pubblicare nuovi testi da rifilare agli studenti dei corsi accademici e alle matricole. Così l’editoria colta cammina. Il libro è un rimpasto mal strutturato e poco approfondito sulla filosofia platonica e su Wittgenstein e il ben noto circolo di Vienna. Lungi dall’esemplificare alcunché, complica. Il linguaggio è forzatamente ricercato, ma di una ricercatezza al limite del patologico, con periodi costruiti pure un po’ male, un poco sgangherati sintatticamente parlando. Per esempio nel primo articolo, in cui si prospetta un confronto in parallelo tra Tucidide e Platone, senza dimostrare nulla, ci sono periodi con eccessiva tendenza all’arzigogolo e alla ridondanza, periodi che potrebbero essere risolti in poche righe, se solo autore ed editor avessero saputo usare la punteggiatura e avessero avuto il meraviglioso e raro dono della sintesi. Il lettore quasi non respira, l’avverbio è ripetuto in poche righe: “La storia è nota, dopo l’excursus di Timeo nell’opera omonima, Crizia quasi a corollario dell’opera fisico-cosmologica delineata, racconta riprendendo parzialmente uno spunto maturato nella discussione precedentemente, dell’episodio mitico della guerra combattuta 9000 anni or sono tra l’antica Atene e gli abitanti di Atlantide… Ma l’opzione espositiva vale anche come inquadramento storico dell’attuabilità del modello politico prospettato precedentemente…”. Il discorso appare molto sgranato, a tratti incomprensibile per l’errato uso delle virgole, di periodi sfibranti e lunghissimi in cui chiama Atlantici gli Atlantidei, ossia gli abitanti della mitica Atlantide: “Ora esattamente come nella storia tucididea Pericle, nel suo celebre epicedio per i caduti, rivendica l’idea di un’Atene libera, orgogliosa della sua costituzione, ricca ma non a tal punto da corrompere la propria integrità, amante del bello ma con semplicità, scuola dell’Ellade, capace di coniugare la più grande libertà con l’opulenza, gli interessi pubblici con quelli privati, così anche Platone riconosce agli Atlantici l’amore del Bello e della Virtù, uniti alla capacità di migliorare le proprie condizioni materiali, senza essere irretiti e corrotti…” 

Anche gli articoli sullo storicismo straussiano e su Momigliano non fanno altro che riprendere il classico Momigliano dice, Strauss dice o fa, scadendo di tanto in tanto perfino nell’ovvio: “Di ogni problema storico preso in esame bisogna cercare di conoscere anche la storia: il problema storico non può essere separato dal problema storiografico, proprio perché in ogni ritorno al passato si trovano ragioni che portano a conclusioni sul presente”. Poi lo scrivente continua facendo un passetto avanti nella scoperta dell’acqua calda: “Tra l’altro, l’elaborazione di una storia critica della storiografia richiede tanto la conoscenza degli autori che si studiano, quanto la conoscenza del materiale storico su cui essi hanno studiato…”.

E avevamo davvero bisogno di un libro per sapere che qualsiasi ricerca (e non solo quella storiografica) non può prescindere da autori e documenti? Non potevamo arrivarci da soli?

Il linguaggio della maggior parte degli articoli, oltre a queste banali considerazioni, utili solo a sporcar le pagine, è inoltre così artefatto e pseudo-colto che viene da chiedersi immediatamente: ma invece di perdere tempo a leggermi questa sintesi della sintesi, non faccio prima a risalire alla fonte originale? Non faccio prima a leggermi direttamente gli storicisti e i testi dei filosofi e degli storici greci, che sono sicuramente più semplici, scorrevoli e interessanti di una simile lettura, che, oltretutto, non apporta nulla di nuovo e non approfondisce alcunché? Non è molto più semplice leggersi Platone e Ludwig Wittgenstein che non la sintesi mal elaborata e ripetitiva sugli stessi?

La risposta, mentre il lettore chiude il libro deluso, è sì, meglio risalire direttamente alla fonte che perdersi nei labirinti della saggistica di casta, anche se l’hai trovata a due euro e ancora intonsa su una bancarella. Il suo vero prezzo.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

Post a comment