Tempo morto social isola

Tempo morto social isola

Tempo morto social isola

 

 

Tempo morto social isola

Antica stampa, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

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L’isola che non c’è nella ilarità delle cromotipie.

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Viviamo nel tempo morto dell’istante che fugge, nell’ilarità di cromotipie non più in rilievo ma spalmate sul piatto dei social in modo piatto e asettico. Viviamo nella superficiale indecenza di like elargiti senza leggere, di post sgrammaticati che rievocano simpatie comuni da pollaio, post inutili, tediosi nella loro banalità manichea e buonista, viviamo nel virtuale. La rivoluzione di internet ha soppiantato in parte il fascino a sua volta perverso della celluloide e della televisione sempre meno utile, pilotata, manovrata dall’alto. Il social dà a tutti la possibilità di ottenere consensi, di esprimersi, di diventare personaggi. Il guaio però è che il mordi e fuggi non è sempre sinonimo di qualità, anzi non lo è quasi mai, così accade che pagine in cui la grammatica è un’opinione del postante, possano avere anche 85.000 like. Perché? Perché si postano continuamente contenuti che il popolino apprezza, pillole di banalità simili al cibo qualitativamente inferiore del fast-food, un cibo già cotto, facile facile, che non richiede sforzo, dati i contenuti inesistenti, spesso anche mediocri, che veicolano correnti di like simili a pesci dal nuoto sincronizzato.

Su instagram devi mettere i tags se vuoi che qualcuno ti segua. Non essendo esperta di tecnologia e social non capivo bene all’inizio il funzionamento. In pratica se non metti i tags non ti nota nessuno, giusto qualche contatto di fb che ti mette il like per simpatia. Se metti il cancelletto con una parola rievocante appresso, la gente ti noterà e inizierà a seguirti, e più posti, più metti cancelletti, più ti seguono. Diventa uno stress, al massimo riesco a postare due foto, proprio non riesco se c’è il sole o la possibilità di uscire, di passare il mio tempo libero postando foto su foto per avere followers. Lo faccio ogni tanto, senza patemi, per il piacere autentico della condivisione.

Gli esperti dicono che per farti notare su twitter devi twittare, nuovo verbo, almeno due post al giorno. Ti diventa un lavoro a tutti gli effetti.

Su fb poi sappiamo tutti come funziona. C’è gente assurda che ti chiede l’amicizia soltanto per acquisire like alla propria pagina… più amici più like, ragionamento primitivo e spesso funzionante al solo scopo di nutrire l’ego e magari qualche casa editrice che pubblica l’ignoranza perché genera like e followers.

Il mio attuale profilo fb ricorda un naufragio. Capita che dopo una tempesta rimangano pochi superstiti, poche persone che si salvano. Sono quelli che non ti chiedono in continuazione i like alla loro pagina, quelli che leggono i post, si interessano di cultura e di arte in modo serio, e pur nella diversità delle opinioni, condividono l’esperienza di stare su un social. Sono davvero pochi.

A questo punto mi chiedo dove stiamo andando?

Ore passate al pc a farsi notare, ma leggere? Non è più di moda, richiede troppo tempo, fatica, applicazione e poca soddisfazione economica. Studiare la grammatica è faticoso, meglio twittare, meglio l’istante, il mordi e fuggi, l’ignoranza che fa seguaci, che prende, che acchiappa, che dura un attimo già morto, così i governi possono controllare i nostri gusti, le nostre preferenze, le nostre abitudini, per farci pensare il meno possibile.

Pensare è pericoloso. Non è di moda.

Siamo in un tempo non tempo in cui le persone non interagiscono guardandosi negli occhi ma chattano, twittano, fanno di tutto per farsi notare nella loro vita virtuale anche se in quella reale magari sono delle vere schiappe.

Ma la vita vera? Dov’è? Dove si è nascosta? Dove sta naufragando? Nell’Isola che non c’è e probabilmente non ci sarà mai.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=HypyE4wHGgY

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