Colonialismo alla William Prescott

Colonialismo alla William Prescott

Colonialismo alla William Prescott

 

Colonialismo alla William Prescott

William Prrescott, La conquista del Perù, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Colonialismo alla William Prescott

.

William Prescott ne La conquista del Perù, descrive passo passo la presa e la sottomissione degli Inca, senza tacere della violenza esercitata dagli spagnoli in terra altrui. Questo articolo vuole far riflettere il lettore sul concetto: “terra d’altri”. Come si poneva Prescott rispetto alla violazione della libertà di un popolo?
Per i colonizzatori il diritto dell’indigeno non contava nulla. Gli spagnoli piantavano la bandiera della Corona di Castiglia e si appropriavano di tutto. La terra diventava in automatico la loro, in barba ai diritti umani degli abitanti originari.
Lo stesso Prescott ammette che tante furono le violenze, le depredazioni, le assurde torture e gli stupri della popolazione sottomessa. Descrive la spoliazione dei templi, la ricerca avida dell’oro, la sorte di molti esploratori-avventurieri che non sapevano nemmeno scrivere o leggere ma partivano dalla Spagna accecati dall’avidità e dal desiderio di fare fortuna. Lo stesso Francisco Pizarro era analfabeta, come scrive Pedro Pizarro in Descubrimiento y conquista, “no savia ler ni escrivir” (Prescott, La conquista del Perù, Einaudi 1970 nota 28, p. 448).

Gli antichi dei vennero abbattuti sostituendo i simboli della religione tradizionale con le croci:

Tratto fuori l’idolo dal suo abitacolo, gli Spagnoli, sdegnati, lo trascinarono all’aria aperta, dove lo fecero in mille pezzi. Poi il locale venne purificato e, una grande croce, fatta di pietre e calcina, venne eretta in quel punto. Pochi anni dopo i muri del tempio furono abbattuti dai coloni spagnoli che vi trovarono una cava di pietra comoda per i propri edifici. Ma vi rimase la croce, a stendere le sue ampie braccia sulle rovine. Rimase dove era stata eretta, nel cuore della fortezza del paganesimo, e mentre tutto intorno era rovina, proclamava i trionfi duraturi della fede (Prescott, p. 279).

Pizarro, tenne perfino un discorsetto religioso agli indigeni, imponendogli il segno della croce e parlandogli del diavolo:

Pizarro approfittò di questo stato d’animo per allontanarli, se possibile, dalla loro idolatria; e quantunque non fosse un predicatore… tenne un discorso, senza dubbio edificante, quanto si poteva aspettare dalla bocca di un soldato, in conclusione insegnò loro il segno della croce, quale inestimabile Talismano per metterli al riparo dalle future macchinazioni del Diavolo. (Prescott, p. 280).

Notate l’aggettivo “edificante” che la dice lunga sul pensiero dello scrivente. Prescott descrive con profusione di particolari la sostituzione della religione e della lingua dei dominati con il culto ufficiale e il linguaggio dei dominatori ma in parte li giustifica. Ci racconta della morte di Atahuallpa, capo Inca che pagò un notevole riscatto in oro ma venne ucciso lo stesso dopo che i conquistatori avevano staccato perfino dalle pareti dei templi il prezioso metallo che vi era attaccato. Atahuallpa promise ai conquistatori che per la sua liberazione avrebbe riempito una intera stanza d’oro. Pizarro accettò l’offerta dell’Inca:

Il locale era circa cinque metri di larghezza per sette di lunghezza e la linea sulla parete era a due metri e settanta dal pavimento. Quelo spazio doveva essere colmato d’oro… Non appena stipulato tale patto, l’Inca spedì dei corrieri a Cuzco e nelle altre località importanti del regno, con l’ordine di togliere gli ornamenti d’oro e gli utensili dai palazzi reali, dai templi e da altri edifici pubblici, e di trasportarli, senza perder tempo a Caxamalca… (Prescott, pp. 266-267).

Nonostante tutte le violenze decritte, Prescott non riesce a nascondere una certa ammirazione per Pizzarro:

Ma, dato che non vi è quadro senza qualche luce, non possiamo non esser giusti verso Pizarro… Verso nessuno dei suoi figli la Spagna ebbe maggiori obblighi per averne esteso l’impero; fu infatti la sua mano a conquistare il più ricco dei gioielli indi che un tempo sfavillò sul suo diadema imperiale. Quando passiamo in rassegna i pericoli che affrontò, le sofferenze che sopportò pazientemente, gli incredibili ostacoli che superò… è impossibile non considerarlo, seppur non buono né grande nel più alto senso della parola, uomo veramente straordinario (Prescott, p. 445).

In pratica Prescott non critica il colonialismo e la conquista in sé, che giudica positiva, ma solo le violenze attraverso le quali essa venne perpetrata dai conquistadores che comunque giudica straordinari. Anzi, in certi punti è dichiaratamente razzista:

Il barbaro, messo a contatto dell’uomo bianco, sembrava avvilito dall’intelligenza superiore di questi, allo stesso modo dell’animale selvaggio della foresta che si dice sia intimidito dallo sguardo severo del cacciatore (p. 281).

Per l’autore de La conquista del Perù, il colonialismo era una cosa normale, la superiorità del colonizzatore, un fatto palese, e tra i colonizzatori esaltava la superiorità degli anglosassoni, un fatto su cui discetta lungamente strombazzandone le virtù. Questo il suo grande limite come autore e come storico, un limite che lo allontana dalla sensibilità contemporanea e non credo che abbia scuse, nonostante il suo libro venne pubblicato a metà Ottocento, perché ci sono autori molto più antichi che già avevano denunciato l’orrore del colonialismo come fatto in sé profondamente negativo e lesivo del diritto dei popoli … (continua).

.

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

 

Post a comment