
Geode naturale con figurina di minatore aggiunta, credit Antiche Curiosità©
Ecco la merce uomo
Giuseppe Ioppolo©
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La storia degli uomini è storia di esseri sociali che si sono divisi su chi dovesse accaparrarsi il Potere e tutti i privilegi alla sua detenzione connessi.
Anche il lavoro non è mai sfuggito a questa ferrea logica. Chi sta in alto non lavora. Tuttalpiù vigila, controlla il lavoro degli altri. Pretende che gli altri lavorino per lui.
E il lavoro è merce di scambio: “Ti do questo per farti sopravvivere, soddisfare i tuoi bisogni primari di quasi animale, dai quali è difficile distinguerti e tu dovrai darmi quest’altro al fine di accrescere le mie ricchezze e con l’accrescimento delle mie ricchezze avrò maggiore potere su te e su tutti quelli come te, tutti quanti accomunati dal destino di essere dei quasi nessuno utili solo alle esigenze utilitaristiche della produzione e del profitto”.
Questo assunto lo ritroviamo quasi immodificato nei suoi tratti essenziali in quasi tutti gli esperimenti sociali compiuti dall’umanità, quasi a costituire una caratteristica antropologica della specie uomo in tutte le sue varianti, essendo le eccezioni a questa regola, scusate il bisticcio di parole, veramente eccezionali.
L’uomo è per gli altri uomini, lupo… ci è stato descritto così dai nostri antenati il comportamento predatorio della razza umana nei confronti di se stessa, forse non ben conoscendo il comportamento sociale dei Lupi… mai lupo sbranerebbe altro lupo anche se affiliato a branco diverso!
E allora qual è la meraviglia del lavoratore indiano Satnam Singh che, dopo l’incidente sul lavoro che gli mozza un braccio e lo sfregia ad ambedue gli arti inferiori, non viene soccorso ma deposto dinnanzi alla sua abitazione come un pacchetto?
Qual è la meraviglia se, tirate le somme, il comportamento sociale, quello degli uomini, è stato sempre questo?
Il lavoratore è solo un pezzo del sistema, una sua insignificante rotella. Quando si rompe, diviene inservibile e, pertanto, può essere dismesso, deposto, tra le cose inutili, quelle che non servono più. L’invalido sul lavoro grave (un arto superiore mozzato e gravi sfregi a quelli inferiori) vale ancora meno della “monnezza”. Questa può entrare in un altro ciclo produttivo e servire per dare altro profitto, magari entrando in un termovalorizzatore per farne uscire energia e soprattutto polveri, particelle piccolissime nell’ordine dei nano micron con gravi conseguenze per la salute.
Quell’altro, l’invalido sul lavoro grave, entrerebbe, orrore, nel ciclo delle persone da assistere, quelle non più idonee al lavoro e che, tuttavia, hanno bisogno di cibo, medicine, vestiti. E ossigeno. Ormai anche questo di non facile reperibilità. Un “costo” che la legge del libero mercato e del massimo profitto, non si può permettere.
Mentre sul fronte delle opposizioni troviamo un deserto di parole vuote e rituali. Il sistema, questo sistema, piace a tutti. Di destra e di sinistra. Di maggioranza e di opposizione. Tutti pensano di ricavarne qualcosa, magari una piccola e polverosa poltroncina del Potere di sotto, quello invisibile che scorre obliquo e che non fa differenza tra maggioranze e minoranze che reciprocamente si auto-sostengono.
Il mondo diventa una sorta di polveriera a tempo dove gli esseri viventi si muovono stralunati correndo un corsa già finita o forse mai partita. In questo mondo gli animali non inscenano scene di protesta e gli umani, ormai completamente instupiditi, consegnano al sistema qualunque angolo del loro cervello che non deve più pensare perché il pensare può diventare pericoloso.
E pericoloso è chi corre dietro all’uomo che pensa. Potrebbe essere contagiato. Bisogna pertanto isolarlo, stendere un cordone sanitario di protezione: la malattia del pensare è molto seria. Potrebbe trovare indecente non soccorrere un lavoratore ferito. E, invece, dinnanzi ad un uomo che ha un incidente sul lavoro la gente nemmeno si deve fermare. Che un uomo possa morire abbandonato davanti alla sua casa rientra nelle cose del mondo. “Si, poveretto, non ce l’ha fatta. Ma non poteva andare diversamente. In fondo meglio così: ha smesso di soffrire e far soffrire. Il mondo della produzione va avanti. Non si ferma. E, soprattutto, non si sciopera!” La notizia non fa più neanche il rumore del crescere dell’erba. E i media sono bravissimi a farla sparire in un mondo di criminali che provengono dal caporalato. La colpa è dei caporali. Capetti in cerca di potere e denaro. Piccoli sfruttatori dementi. Loro i grandi capitalisti queste cose non le fanno, non le hanno mai fatte. Appartengono alla classe dei buoni. Non è vero niente o vero solo in piccolissima parte. Siamo al grido di Munch… strozzato e senza voce… (Continua su Destrutturalismo n. 8, Novembre 2024).
DESTRUTTURALISMO Punti salienti