Mediterraneo, eredi senza patria

Calipso, Cristo? Eredi senza patria

Mediterraneo, eredi senza patria

 

Calipso, Cristo? Eredi senza patria

Di chi siamo eredi? Credit Mary Blindflowers©

 

Di Pierfranco Bruni©

Mediterraneo, Calipso, Cristo? Eredi senza patria

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Bisogna saper raccogliere i segni di un pellegrinaggio nel Mediterraneo. Siamo stanchi e addolorati. Siamo senza Patria. Ed essendo senza Patria cerchiamo di diventare eredi. Siamo realmente eredi della Grecia? Comincio ad avere i miei dubbi. Sono ancora un essere metafisico? Sono mortale e quindi ho necessità di affidarmi alla memoria per non sparire completamente. Perché dovrei lasciare traccia del mio percorso nella umanità?

La vita non ha umanità. La vita è rimasta quella della fionda nel tempo del primitivo. Portiamo dentro di noi le rughe del paleolitico e qualche solco neolitico. La morte non è selvaggia. Il vivere è selvaggio. Il buio ci obbliga ad abbandonare ogni speranza. Cosa è la speranza quando la morte ha la capacità del reale salvifico? La prassi è più concreta del tempo che trascorre. Eppure cerchiamo di essere popoli interagenti tra la prassi e l’essere nella sua spiritualità.

Gli uomini hanno sempre avuto una loro intelligenza. Il sapere di essere vittime del tempo. La clava era uno strumento fondamentale. Uccidere per occupare spazio. Occupare spazio significava e significa avere più tempo nella dimensione del pensiero. Siamo stanchi e perdenti. La religione ci ha resi schiavi. Perché ci ha imposto di riflettere sul dopo la morte cosa avviene? Cosa avviene realmente? Perché ci diciamo di essere atei, cristiani, musulmani, illuminati buddisti…

Ci consideriamo ancora popoli o civiltà che seguono il viaggio religioso. Anche gli atei sono lungo il viaggio di una religiosità imperfetto o perfetta nella loro logica dimensione filosofica. Essere credenti è segnare il nulla dell’uomo. Essere non credenti è segnare il tutto nella capacità dell’uomo. Ma l’uomo cosa è? Dalle divinità pagane, all’interno di una loro religiosa visione mortale e immortale, al Dio conosciuto – sconosciuto ma impermeabile, in cui l’immortalità è data solo all’anima.

Calipso ha offerto l’immortalità a Ulisse senza scagliare solchi sul corpo la pesantezza del tempo. Cristo ci parla della immortalità dell’anima e ci invita a vivere il tempo come cronologico percorso. Tra Calipso e Cristo si vive un intreccio tra la bellezza permanente nel tempo immutabile e la fine di qualsiasi bellezza con un tempo costantemente cangiante. La sfida delle religioni è anche una sfida filosofica, ma forse resta un rischio completamente antropologico. La centralità dell’uomo significa porre all’uomo la condizione di essere religiosamente permanente. La metafisica rincorre la ontologia per definire l’anima come permanenza. Abbiamo scelto la mortalità. Con la nascita del Cristianesimo si è affidato il tutto al Dio – Cristo, ovvero al superamento dell’uomo nella caverna del divino pagano. La contraddizione è nevrastenia. Calipso, divinità pagana, ci offre l’immortalità. Quindi è la Grecia antica che facendo atto di obbedienza ad Omero propone ad Ulisse di restare immortale per amore. Invece Cristo per condonare i peccati alla donna di Magdala inventa l’immortalità dell’anima, ovvero la Salvezza.

La teologia poi fa il resto sulla virtù sapienziale dei Padri del deserto, i quali però non sono ubbidienti a un modello teologico, ma ad una “virtù” mistica. Il mistico non ha teologia. Non dovrebbe averla o non dovrebbe ubbidire ad una struttura teologica. Comunque la via del viaggio è data sempre dalla Ubbidienza. Bisogna Ubbidire! Ulisse non ubbidendo alla tesi della paganità immortale sconta il tempo della vendetta e della morte. Ovvero si scontra con “Kronos”. Cristo per dare salvezza agli uomini, che non la chiedono, si fa immolare sulla Croce.

Il Mediterraneo, dunque, è anche questo scontro tra paganesimo e fede. Entrambe le vie sono regressioni esistenziali di un “sottosuolo” della coscienza. L’immortalità proposta da Calipso ad Ulisse è una religione di fedeltà alla vita. Quella di Cristo alla donna di Magdala è, invece, una contraddizione alla vita. Infatti la salvezza si tocca dopo la morte. Si ha una duplicità di miti. Calipso – Ulisse. Una coppia nel mito (donna – uomo). Cristo – Donna di Magdala. Una coppia nel sacro della fede (uomo – donna).

Il mito e il sacro si vestono e si investono di una profonda ritualità che è data dal viaggio, dal mare, dal tempo, dal sacrificio, dalla appartenenza a realizzare Tradizioni. In fondo il Mediterraneo dovrebbe trovare la sua fedeltà alle tradizioni pur in un coacervo di contraddizioni. Qui si intrecciano nella antropologia della filosofia il dubbio e la salvezza, l’immortalità e la conoscenza della morte. Se restiamo senza Patria è perché siamo diventati distanti dalle eredità. Qualunque eredità possa essere in questa piazza della ragione folle. Soltanto il mistero ci rende complici. La complicità è il segreto sia verso l’immortalità sia verso la morte, sia verso Calipso sia verso Cristo.

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