Paolo Ruffilli, “Affari di cuore” da bagno©

Paolo Ruffilli, “Affari di cuore” da bagno©

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

La tela di ragno, by Mary Blindfowers©

 

Lucio ha la pessima abitudine di leggere in bagno. Essendo un poco stitico passa le ore in seduta spiritica alla toilette cercando di conversare con le sue viscere e leggendo come se stesse sul trono di re Salomone, il principe dei saggi. Egli decide quali libri pessimi o insoddisfacenti lasciare ad ammuffire in bagno, (non si sa mai dovesse finire la carta igienica), e quali ottimi portare in salotto, nei suoi pregiati scaffali di legno di quercia.

Le poesie che seguono sono tratte dal libro di Paolo Ruffilli, “Affari di cuore”, pubblicato da Einaudi e abbandonato in bagno:

Maggio

Maggio mi fa il suo tenero racconto

della sera, per riferirlo a lei che lo ha già sentito per suo conto.

La guardo che mi guarda immobile a parte il tremito del dito

fermato in aria incontro alla mia mano che non ha respinto.

Che importa, vorrei dirle, se non ci conosciamo e non saremmo estranei neppure per l’amore.

Solo a toccarci e a stringerci abbracciati sapremmo tutto delle nostre storie,

del vuoto che ha lasciato qualcun altro e del bisogno di chiudere comunque la ferita

riconsegnando al tatto tutta la sorpresa della vita.

 

Desiderio

Neppure nel mio stato più felice si cancella il desiderio che ho di te,

della tua parte più segreta legata al sogno che ti porta via da me

e dell’essenza evaporata della tua vita

che ho raccolta e catturata avvolta nel suo odore di scoperta mai esaurita.

 

 

Storie innocue di abbracci, desideri, odori, sogni. Ah l’amore, la panacea per tutti i mali, l’argomento preferito dal sistema! Ah il patema d’animo che qui nemmeno c’è, da non confondere col paté d’oca giuliva, contorno, primo e secondo di tutti i pranzetti e le ricettine che i bravi giornalisti ammanicati possono usare per sporcare pagine di inutile vacuità.

In poche parole sembrano le poesie dell’asilo infantile o di un romanzetto rosa di quarta categoria questi tentativi rimaioli di Ruffilli. Come definirli? Puerilissimi, sciatti e completamente asimmetrici, privi di musicalità, di pathos, di profondità. Riuscite solo un paio di rime: quella iniziale (racconto-conto) e quella finale (vita-esaurita); centralmente vi sono delle pallide assonanze (dito-respinto, amore-storie) che rivelano la scarsissima expertize tecnica dell’autore, il suo evidente dilettantismo. En passant notiamo l’assenza del punto interrogativo alla fine dell’interrogativa al quinto verso. La seconda riesce meglio grazie alla brevitas; ecco, rimane l’impressione che il soggetto non riesca a mettere in fila che due rimette a poesia! Ma sono abbinamenti immaturissimi (te-me) livello giardino d’infanzia, tipo filastrocche da bipedi insegnate ai bimbi (“io non posso stare qua/ me ne vado giù in città”). Contenutisticamente che cosa trasmettono queste assonanze abortive? Ah ma l’abbiamo già accennato. Il nulla fritto di nulla, condito di nulla e impastato di nulla. Il vuoto dello zero parte da un titolo pretenzioso come quello della raccolta (“Affari di cuore”) per poi perdersi nel parto di un sorcetto spelacchiato e tisico. Due esempi lampanti sono proprio “Maggio” e “Desiderio”. Il mese mariano si personifica e prende a narrare favole vespertine; questa novellistica dovrebbe esser riferita alla donna amata, ma, ahilui, la signora lo ha già ascoltato di sua iniziativa: da brividi la profondità del sentimento! Sarà che siam vecchi ed abituati ai contenuti della magica atmosfera di “Era de maggio” che culla l’epica dell’addio e del ritorno in maniera decisamente antipodica! E adesso pensare alle fiabe serali raccontate nello stesso mese ci fa un po’ cadere le braccia, per non dire qualche altro accessorio! Maggio, come sei caduto in basso a livello ispirativo! Immediata virata prosopica all’aprosdoketon: dal narrativo al rappresentativo: l’amata viene guardata, mentre guardata ri-guarda, in uno stato di lottiana statuaria immobilità olosomatica con l’esclusione di una non meglio precisata estremità di non si sa bene quale mano, talché al lettore rimane l’angoscia (oddio! Non è che l’amato si becca nella staticità un dito d’onore dalla sua bella?): la suspicio è legittima poiché il protagonista cerca di stoppare il movimento dell’arto della donna che non s’interfaccia a questo moto con un rifiuto: l’amebeo gestuale si fa sempre più interessante: s’introduce immediatamente un conato formulare del maschio: egli avrebbe l’intenzione, non compiuta, di dirle che non è fondamentale essere estranei, poiché questa mancata conoscenza (si allude ad una valenza carnale, biblica del verbo? Non è dato sapere!) non avverrebbe nemmeno per l’amore: qui l’ermeneuta si arrende; troppo criptico ed alato il messaggio! Che cos’è quel “per l’amore”? Uno strumentale? Un finale? Un complemento di vantaggio o interesse? Un complemento di limitazione? Bisogna essere umili con Ruffilli! È troppo intelligente per noi vecchietti pensionati. Però forse in chiosa il poeta (?) si esplicita e dissolve i nostri dubbi: basterà il contatto fisico (dunque quel conoscersi era davvero di valenza sessuale?) per riscoprire le piacevolezze della vita. Una contiguità corporea che costituirà il nostro reciproco cicatrizzante verso i vulnera amoris ereditati da pregresse esperienze abortite! E maggio che c’entra in tutto questo? Ci aspettavamo un’ambientazione più pregnante e semantica, le rose, il mese della Beata Vergine, il fiorir di primavera: niente! Mera collocazione cronologica e stagionale di questo incontro che lascia il lettore completamente indifferente!

Per fortuna “Desiderio” è più breve e la digestione si risolve, pur senza lasciar tracce nel nostro metabolismo; in pochi tratti la voglia si fisicizza in un ricordo inestinguibile della parte più recondita dell’amata precedente, evidentemente mal surrogata da qualche ignota diadoca, talché la vecchia permane compresente anche nell’odierno presupposto stato nirvanico raggiunto dal protagonista e questa pars abdita viene divelta dall’accostamento permanente mediante uno stato onirico il cui contenuto non ci viene rivelato; ma v’è di più! Il desiderio permane anche nella parte strutturale (essenza) dell’esistenza della vecchia amata che avrebbe subito una fenomenologia fisica di sublimazione (determinato da quale agente non è dato ulteriormente sapere!) e, udite! udite!, tale sezione più caratterizzante dell’essere dell’antica compagna, alla faccia della nebulizzazione, sarebbe stata afferrata e ricetta nell’olfattività (?) di un inestinto rinvenimento. Spiegateci voi che significa perché noi non ne siamo all’altezza! Poesia è emozione e comunicazione: noi siamo rimasti emozionati solo dalla scoperta che è possibile pubblicare con Einaudi pur scrivendo come Ruffilli: EINAUDITO!!!

Il bagno è il posto giusto per un simile libercolo, stimola la peristalsi come direbbe Ippocrate, e, in casi di emergenza, può sempre servire per pulirsi.

 

 

Comment (1)

  1. Rita

    Mi spiace la somiglianza del titolo con un film delizioso

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