
Incisione da The Pilgrim’s Progress of John Bunyan, 1870, credit Antiche Curiosità©
Hardy contro gli ismi
Mary Blindflowers©
La morale vittoriana, universalmente riconosciuta per la sua rigidità e per la sua vocazione al controllo di ogni sfera della vita pubblica e privata, si fondava su pilastri apparentemente indiscutibili: il matrimonio come istituzione sacra e indissolubile, la famiglia biologica come nucleo naturale della società, il patriottismo e l’appartenenza di classe come garanzie di ordine e stabilità. Ma proprio questa morale, nel suo volto più autentico, era intrisa di ipocrisia, perché sotto l’apparenza di virtù celava strumenti di esclusione, di repressione e di soffocamento delle libertà individuali. In Jude the Obscure (1895), Thomas Hardy infrange il tabù e mostra con lucidità spietata quanto questi valori fossero in realtà artifici ideologici, generando uno scandalo tale che l’opera venne ribattezzata da alcuni critici “Jude the Obscene”.
Il capitolo IV della parte IV rappresenta il momento più evidente della demolizione dell’istituto matrimoniale. Attraverso la voce di Sue Bridehead, Hardy svela l’angoscia di una donna che non riesce a tollerare il vincolo coniugale con Phillotson, arrivando ad affermare che “the thought of being married to him makes me shiver”. In queste parole non c’è solo la crisi di un personaggio, ma l’eco di un’intera generazione di donne intrappolate in matrimoni infelici, che la società pretendeva di considerare inviolabili. Hardy, come nota Gillian Beer, «espone la violenza nascosta sotto gli ideali vittoriani di armonia domestica», mostrando come il matrimonio, anziché proteggere l’amore, spesso lo distrugga trasformandolo in obbligo. I capitoli successivi accentuano questa critica: Sue, che pure cerca di conformarsi, si rifiuta di sposarsi una seconda volta, entra con Jude negli uffici per il matrimonio civile e poi si tira indietro, varca la soglia della chiesa per risposarsi e decide di non farlo. In questi tentativi falliti si coglie la ribellione più radicale: il rifiuto di inchinarsi davanti a una convenzione che tradisce la verità dei sentimenti.
Ma Hardy va oltre il matrimonio. In una delle pagine più sorprendenti, Jude si interroga sul valore del legame biologico:
“What does it matter, when you come to think of it, whether a child is yours by blood or not? All the little ones of our time are collectively the children of us adults of the time, and entitled to our general care. That excessive regard of parents for their own children, and their dislike of other people’s, is, like class-feeling, patriotism, save-your-own-soul-ism, and other virtues, a mean exclusiveness at bottom”.
“Che importa, a pensarci bene, se un bambino è tuo per legame di sangue o no? Tutti i piccoli del nostro tempo sono collettivamente i figli di noi adulti, e hanno diritto alla nostra cura generale. Quell’eccessiva considerazione dei genitori per i propri figli, e la loro avversione per quelli degli altri, è, come il sentimento di classe, il patriottismo, il “salva-la-tua-anima-ismo” e altre virtù, in fondo, una meschina esclusività”.
Hardy mette in discussione uno dei valori più radicati della morale vittoriana: la sacralità della famiglia biologica e la centralità del vincolo di sangue come fondamento etico e sociale.
Il legame di sangue, lontano dall’essere una garanzia etica, è per lui un mito costruito. Anzi, l’eccessiva attenzione dei genitori per i propri figli e l’indifferenza per quelli degli altri diventa il segno di una mentalità esclusiva e ristretta, che Hardy equipara ad altri “ismi” dell’epoca: classismo, patriottismo, “salva-la-tua-anima-ismo”. In questo passaggio l’autore non si limita a criticare il matrimonio o la famiglia, ma smonta l’intero impianto ideologico vittoriano, denunciando la logica della separazione e della chiusura che stava dietro ai valori proclamati come universali.
Non sorprende che una simile opera suscitasse scandalo. La critica contemporanea accusò Hardy di immoralità, definì il romanzo “pessimistico” e “osceno”, e la reazione del pubblico fu talmente dura che lo scrittore decise di non tornare mai più al romanzo, dedicandosi esclusivamente alla poesia. La vicenda editoriale di Jude the Obscure diventa così parte integrante della sua forza corrosiva: un libro capace non solo di rappresentare il conflitto tra individuo e società, ma di incarnarlo nella propria ricezione.
La grandezza del romanzo sta nel fatto che Hardy non si limita a raccontare storie di infelicità privata, ma mette a nudo la fragilità dell’intero edificio vittoriano e i suoi ismi che si rivelano strumenti di repressione e di esclusione. La sua critica appare oggi straordinariamente moderna, anticipando questioni che saranno centrali nel Novecento, dal femminismo alla pedagogia collettiva, fino alla critica delle appartenenze nazionalistiche. In questo senso Jude the Obscure non è solo il romanzo che segnò la fine della carriera narrativa di Hardy, ma anche una delle più radicali denunce dell’ipocrisia vittoriana, capace di resistere al tempo proprio perché non si limita a colpire un’epoca, ma smaschera la logica di ogni ideologia che, sotto l’apparenza di moralità, nasconde il volto della coercizione.
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

