
Quando penso al Destrutturalismo, credit Mary Blindflowers©
Quando penso al Destrutturalismo
Giuseppe Ioppolo©
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Sabato 12 aprile alle ore 18,00, a Barcellona Pozzo di Gotto, presso la Gutenberg, una libreria che, per antica tradizione, è aperta alla cultura critica, si terrà un incontro per la promozione, appunto, della cultura critica destrutturalista e della rivista, DESTRUTTURALISMO, che di questa cultura costituisce il perno.
Quando penso al Destrutturalismo come movimento artistico, letterario e filosofico, mi si pone davanti agli occhi un’immagine dai contorni nitidi: quella d’un bambino che smonta il giocattolo che tiene in mano. Quel bambino, mi dico, sta facendo Destrutturalismo. Perché, cos’è il Destrutturalismo se non lo smontare la realtà facendola a pezzi in modo da poterne conoscere tutte le sfaccettature?
Intendiamoci, il movimento destrutturalista in Italia nasce con Mary Blindflowers che ne conia il termine e fonda la rivista che ne porta il nome. Attorno a questo progetto/non progetto, più precisamente uno stato d’animo, un sogno di libertà e indipendenza, si coagula oggi un gruppo di scrittori, poeti, pensatori. Si tratta di persone che hanno vissuto esperienze diversissime, ma tutte hanno il pensiero sempre in movimento, capace di scomporre il reale rifuggendo da ogni schema o catalogazione convenzionale.
Il Destrutturalismo si oppone alle verità preconfezionate, propone una forma di analisi che parte dai dati di una realtà che mira a decostruire, analizzando archetipi e pattume che si sono sovrapposti nel tempo, incrostazioni stabili provenienti dal mondo degli accademici e dei canonizzatori di regime, mettendo a nudo gli elementi essenziali di un testo o di un’opera ed eliminando le influenze esterne provenienti dalle biografie degli autori o contesti mainstream.
Si tratta di un approccio che, pertanto, valorizza e promuove sperimentalità e creatività, sfidando l’idea che tutto sia già stato detto o scritto.
È possibile per il Destrutturalismo avere principi? La risposta al quesito non può che essere problematica ed articolata. Il Destrutturalismo serve a smontare tutti quegli aspetti di realtà che su principi sovraordinati astratti e imposti si sono strutturati, consolidati, tramandati, facendo assai spesso violenza alla natura umana. E, pertanto, alla base di ogni approccio del conoscere destrutturalista non può non esistere un afflato demolitore che fa a brandelli la realtà per demolirla, conoscerla, ricostruirla in base alla propria esperienza conoscitiva e non a quella suggerita dalle icone e dai miti delle pseudo-autorità imperanti.
Se, alla base del conoscere, mettiamo questo stato d’animo iconoclasta e demolitore, diventano ovvia conseguenza i punti cardine della cultura critica destrutturalista:
A. La cultura destrutturalista non può avere miti, idoli, icone. Qualora qualcuno facesse dipendere la sua conoscenza e, peggio ancora, le conseguenze della sua conoscenza da miti, idoli, icone, posti in un altrove che non è discutibile ma imposto, il suo dichiararsi destrutturalista sarebbe ben misera cosa.
B. Il metodo conoscitivo – demolisco, scompongo, analizzo, imparo – non vale soltanto per le arti letterarie. È questo metodo da adottare in ogni campo del sapere ed è un tutt’uno col sapere scientifico.
C. La cultura critica deve essere indipendente da qualsiasi condizionamento politico, sociale, familistico.
D. Il Destrutturalismo deve rifuggire l’antropocentrismo, cioè la tendenza dell’uomo (quello occidentale in particolare), a mettersi al centro del mondo obbligando ogni essere del creato a sottoporsi ai suoi ordini e alle sue disposizioni.
E. La cultura critica destrutturalista è per sua natura creativa e perciò anti-accademica, anti-canonica, libertaria.
È all’interno di questa cornice dai confini non statici che il comitato di redazione della rivista accoglie contributi da chicchessia possano venire, purché sia capace di scrivere. Non si chiede titolo di studio accademico, né la raccomandazione del padrino papavero, del prete orco centauro, dell’onorevole Tocco Toccola. Basta la partecipazione ad una avventura del conoscere e della produzione artistica e letteraria con l’animo sgombro da pregiudizi e la capacità di lettura critica della realtà. Ne abbiamo bisogno. Un bisogno che diventa impellente e prioritario specie perché oggi, ad una importante fiera internazionale del libro, quella di Torino, gli organizzatori richiedono una sorta di anticostituzionale allineamento preventivo. Si respinge la possibilità che un’associazione, l’UovoQuadro, la nostra associazione, acquisti uno spazio per l’esposizione di libri, perché la nostra realtà destrutturalista non sarebbe in linea con gli obiettivi del Salone del libro. Questo è tutto. Una motivazione che farebbe rabbrividire i padri fondatori della nostra costituzione che all’articolo 21 espressamente scrissero: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
Ora sappiamo, ce l’hanno candidamente confessato, che fini e obiettivi della fiera del Salone di Torino non è far conoscere libri. Sì, perché il nostro obiettivo era far conoscere libri. Libri, possibilmente non allineati e fuori dal coro del grande circuito commerciale mainstream, ma libri. Pare che alla fiera non siano ben visti.
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti