Chi dice, chi tace?

Chi dice, chi tace?

Chi dice, chi tace?

Chi dice, chi tace?

Bugie, disegno su quaderno degli appunti, Mary Blindflowers©

Chi dice, chi tace?

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

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Chiara Valerio è considerata una scrittrice di successo, terzo posto al Premio Strega, che, specie negli ultimi anni, non è esattamente sinonimo di qualità letteraria. Sorvolando sullo stato pietosissimo delle premiazioni da salotto borghese ed elitario, simbolo di un’Italia che non vuole evolversi, di una casta che non cede, passiamo al testo della Valerio: “Chi dice e chi tace”.

Vogliamo qui dimostrare che la Valerio scrive come una bimba delle elementari, anzi, forse una bambina scrive meglio, perlomeno con più passione.

Lo stile della Valerio non è essenziale, è semplicemente banale, segue pedissequamente le indicazioni delle scuole di scrittura creativa che propongono periodi brevi. Oggi chi legge più? Meglio far capire subito cosa si sta dicendo, peccato che la Valerio non sia Silone, non ha il carattere del grande narratore che con la semplicità fa poesia. Piuttosto, questa imbrattacarte, la cui unica qualità forse è quella di essere stata amica della Murgia che, a sua volta di qualità letterarie ne aveva ben poche, fa periodini che sembrano scritti per un ufficio o per la contabilità di un’azienda che propaganda fuffa fritta. I periodi del libro sono puramente informativi e al limite minimamente decrittivi, non hanno mordente, non hanno pathos. Il lettore ha come l’impressione fortissima di leggere una comunicazione di servizio, tipo quelle che ogni tanto si sentono sui treni: “si comunica ai signori viaggiatori che il treno arriverà alle 8.36 e avrà dieci minuti di ritardo, ci scusiamo per l’inconveniente. Buona giornata”.

Ma ecco la Valerio in tutto il suo splendore da primina telegrafica in stato di scrittura da psicopatologia conclamata:

Le bambine, scese dalla macchina, si erano messe a correre e non ci avevano salutato. Ferma sulla porta mia madre le aveva abbracciate e mi aveva sorriso sollevando il mento come a dire Non ti preoccupare. Luigi aveva messo in moto prima che potessi dispiacermi o pentirmi di aver accettato l’invito per un fine settimana a Ponza, in una casa dalla quale si vedeva il porto. La traversata in traghetto da Formia era stata piacevole e il venerdì pomeriggio caldo. Caldo umido.

Insomma il libro è tutto così, una comunicazione di servizio, come abbiamo detto. Non c’è sentimento, niente profondità, perfino quando l’autrice comunica al lettore che c’è stato un omicidio, lo stile resta identico, uno stile psicopatico, incapace di creare una relazione profonda con il lettore. Tutto avviene senza scosse, senz’arte, senza talento comunicativo, sembra un libro scritto da un robot, dall’IA che compila un telegramma:

Vittoria è morta ieri mattina, mi ha detto con tono piano, calmo, una telefonata di cortesia. So che le piacevi, e che lei piaceva a te. Aveva chiamato anche altri amici.

Il bello è che la Valerio cerca pure di fare l’alternativa e la finta sperimentalista con espressioni come capelli ventosi, informazione carsica, laddove carsica secondo l’autrice starebbe per sotterranea:

Quell’informazione, in sé succosa, di Mara che non era la figlia, non aveva generato pettegolezzi. Era rimasta carsica.

Il carsismo è la degradazione della roccia sia a livello superficiale che sotterraneo, ma l’espressione è del tutto inappropriata in riferimento a un’informazione. È un termine che si usa in geologia, infatti, e qui è come un pugno nell’occhio.

Ora arriviamo ai dialoghi:

Ciao, sono Mara, è buona questa signora?, mi aveva detto.

Sì, è buona, ma è un po’ incontinente, avevo risposto frettolosa per rivolgermi a Filomena che faceva finta di non conoscermi o così mi pareva.

Sono Lea, ti ricordi?

Sì, sì, stavamo insieme alle elementari, ma tu eri brava…

Leggendo i passaggi della prosatrice dal discorso diretto, cioè da quella che Aristotele chiamava mímesis, a quello indiretto, cioè la diéghesis, sempre per dirla con Aristotele, restiamo in forte dubbio nell’individuazione dei confini; nella fattispecie gli Accademici della Crusca ci dicono che:

ll trattino può essere di due tipi: lungo si usa al posto delle virgolette dopo i due punti per introdurre un discorso diretto o, in alternativa a virgole e parentesi tonde, si può usare in un inciso; breve serve invece a segnalare un legame tra parole o parti di parole e compare infatti per segnalare che una parola si spezza per andare a capo, per una relazione tra due termini (il legame A-B), per unire una coppia di aggettivi (un trattato politico-commerciale), di sostantivi (la legge-truffa), di nomi propri (l’asse Roma-Berlino), con prefissi o prefissoidi, se sono composti occasionali (per cui il fronte anti-globalizzazione ma l’antifascismo) e infine in parole composte (moto-raduno, socio-linguistica) in cui tendono a prevalere, però, le grafie unite.

 Non ne abbiamo trovato traccia leggendo le sue opere. Sempre da identica fonte: “Le virgolette possono essere alte (” “), basse o sergenti (« »), semplici o apici (‘ ‘). Alte e basse si usano indifferentemente per circoscrivere un discorso diretto o per le citazioni”.

La ricerca del segno di interpunzione, usato perfino dagli amanuensi sui papiri o sulle pergamene e chiamato obelós, usato proprio per distinguere i passaggi dal narrato al rappresentato, nel testo Chi dice e chi tace, è stata vana. Evidentemente l’autrice vuole delegare al lettore lo sforzo di capire chi parla e quanto parla. Per quanto ci riguarda noi preferiremmo tutt’oggi l’uso di quanto si voglia banali, ma utilissimi segni di interpunzione.

Si potrà obiettare che pure Saramago leva la punteggiatura dai dialoghi, ma il problema di fondo è che la Valerio, a parte questo vezzo della punteggiatura, non ha proprio nulla in comune con lo scrittore portoghese. I dialoghi sono infatti di una sciapezza che disarma e che è ben lontana dal poter essere definita letteratura.

Francamente non si sa se ridere o piangere di fronte a tanta inanità pseudo-letteraria. Se la matematica è politica, probabilmente la letteratura, visti i pessimi risultati, lo è ancora di più.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

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