
Il papa, credit Mary Blindflowers©
Giuseppe Ioppolo©
L’ubbidienza di Don Carmelo
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Don Carmelo era tutto sudato. La scura tonaca assorbiva tutto il calore dello scirocco di settembre e lo trasmetteva al corpo; gli avevano insegnato i superiori – quelli che avevano studiato su libri a lui proibiti – per convenzione. In verità non ci aveva capito granché. Ma al mondo, questo l’aveva compreso da sé, non è necessario capire. Quello che serve è l’ubbidienza. Don Carmelo metteva ogni giorno in pratica questo comandamento: non mangiava mai la carne il venerdì e nei giorni di Quaresima, ascoltava o diceva messa nei giorni e nelle ore comandate, stava lontano dalle tentazioni del demonio. Ovvero metteva in pratica tutti i comandi che il suo status di cappellano d’un piccolo borgo gli imponeva. E così ubbidiva ai comandi di parroci che avevano in gestione parrocchie più grandi e più importanti che della sua, ubbidiva ai comandi che provenivano dal vescovo, e ubbidiva, udite udite, perfino a quelli che provenivano dai suoi parrocchiani, non tutti, ovvio, solo a quelli che per la loro condizione economico/sociale pesavano di più. Però non c’era proprio niente di strano nel suo ragionamento: la chiesa raccoglie le anime dei poveracci ma è sostenuta dai ricchi e il nostro povero cappellano, non poteva certo permettersi di perdere per la sua parrocchia, già di per sé malmessa, il sostegno della Contessa Trippete Trappete Vien Dal Mare, e meno che mai quello del Barone Felice Cappon Delbecco.
Questi stavano presenti alle messe di tutte le domeniche e le loro donazioni era le più generose della parrocchia: vecchi libri, mobili un po’ scassati, sedie e panchine rotte, ovvero tutto quanto nelle loro ricche dimore era divenuto inservibile ed ingombrante. Don Carmelo accettava le donazioni e poi chiamava don Mastro Finfella, l’uomo dalla sega circolare artistica e bella, a fare le riparazioni, veri piccoli capolavori del riciclo doc.
Mastro Finfella era l’unico, nel variegato ciclo del comando a senso unico, a ricevere i comandi di Don Carmelo, che pure doveva sorbirsi i comandi di donna Cianchella che, alle seghe circolari del compagno falegname s’era affezionata e, trovato vitto e alloggio gratis, aveva eletto a suo domicilio la falegnameria, diventata molto presto una sorta di cooperativa sociale.
Mastro Finfella aveva di speciale che, applicandosi intensamente nella gestione di quel capolavoro della tecnica artigianale, non vedeva, non sentiva, faceva e lasciava fare.
Ma torniamo al nostro Don Carmelo. L’avevamo lasciato sudato e accaldato dentro la sua tonaca scura in giro per le contrade della sua parrocchia. Quella gran calura aveva messo sottosopra le sue costumanze. Intanto, sicuramente per l’insopportabile afa, una delle sue parrocchiane aveva deciso di lasciare questo mondo. Ma all’ufficio anagrafe del Paradiso pare pretendano il pass del parroco incaricato di dare la sacra unzione. Se non è amministrato quest’atto, l’anima resta in uno stadio che non è di vita né di morte, sperduta in un universo grigio che assomiglia al nulla. Così, i suoi superiori, gli avevano assicurato andasse il mondo di là. Non c’erano mai andati in quel mondo, anche perché pare se la passassero assai bene in questo, ma visto ch’erano superiori, dovevano per forza saperlo… Don Carmelo non poteva permettere che alla sua fedele parrocchiana accadesse una simile sventura e perciò, come sempre aveva fatto, aveva ubbidito alla richiesta dei familiari di concedere l’estrema unzione alla loro sfortunata congiunta. Presi i paramenti d’occasione e la bottiglietta dell’olio santo, s’era avviato così da quella sconsiderata che, improvvidamente aveva deciso di ricongiungersi al creatore, senza tenere minimamente in conto altre esigenze, per esempio quelle di una persona che da poco aveva compiuto sessantanove anni. E forse per la prima volta in cuor suo s’era affacciata l’ipotesi della disubbidienza. Era stato solo un lampo, un flash che aveva attraversato per millesimi di secondi i suoi circuiti neuronali. Ipotesi immediatamente scartata: mai avrebbe sopportato che una sua parrocchiana non fosse accettata in Paradiso per colpa della sua indolenza. Eccolo, pertanto, ansimante e sudato, avanzare, sul sentiero assolato, col fagotto dei paramenti e l’olio santo sulle spalle. Ancora una volta la sua ubbidienza e la sua vocazione avrebbero avuto la meglio. Avrebbe dato l’estrema unzione alla donna e poi avrebbe chiesto di trascorrere la notte lì, che non aveva voglia di tornare in chiesa perché era stanco e aveva i piedi gonfi. Ci sarebbe andato l’indomani partendo la mattina all’alba. Adesso avrebbe dovuto trovarsi un luogo ove riposare la notte. Quando sulla sua strada… (continua).
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti