
F.D. Guerrazzi, L’asino, credit Antiche Curiosità©
F.D. Guerrazzi, contro la nobiltà
Mary Blindflowers©
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“Nobile fui e nobile mi vanto”, così inizia il capitolo XI, volume secondo de L’asino, sogno di F.D. Guerrazzi, edizione sesta, Casa editrice italiana di Maurizio Guigoni, 1863, p. 7. E sembrerebbe un’affermazione di autocompiacimento, questa in apertura, invece Guerrazzi immagina di essere un asino, quindi sta di base tessendo le lodi di questo animale, ovvia scusa per parlare di un poco di tutto e criticare il passato e il presente con occhi disincantati.
L’attacco del capitolo XI si concentra sulla critica del concetto di nobiltà umana a favore di quella degli asini. Quella umana, dice l’autore, è basata fin da subito su “prepotenza e soperchierie”, poi ben condita con “servilità ad un uomo per tiranneggiarne migliaia, di titoli per insuperbire, di ricchezza per oziare”.
Il primo fondatore della nobiltà fu dunque Caino, secondo alcuni, secondo altri Nembrot, secondo certuni Ismaele e “non manca chi metta innanzi Esaù”, tutti individui che:
ebbero fama di maligni, torbidi, soverchiatori, uomini insomma di corrucci e di sangue; i miti coloni e i tranquilli pastori si tennero in conto di plebe, nati a far numero, logorare le biade, quando ne avevano, e servire; i cacciatori chiamaronsi nobili e signori, perché attesero a cacciare gli uomini come le Bestie… La galera, o mio re, fu inventata dai ladri, i quali per assicurare la rapina, dissero ladro qualunque avesse di ora innanzi rubato a loro; né si rimisero a dirlo, ma fabbricarono tutto l’arzigogolo delle leggi; grottesco edifizio monumento di riso inestinguibile, se in fondo ad ogni titolo di delitto, gli uomini, per temperarne la buffoneria, non avessero posto il carnefice, come il Gloria Patri alla fine dei salmi (p. 8).
Guerrazzi si oppone al concetto stesso di nobiltà di sangue perché utile a giustificare le sperequazioni sociali e creare una giustizia ingiusta che favorisce solo i personaggi più violenti, torbidi e aggressivi, i quali impongono una legge grottesca basata sul loro diritto e non su quello degli altri. Aggiunge infatti, a mo’ d’esempio, una storia tratta da Agrippa, l’incontro tra Diomede e Alessandro:
Diomede, pirata caduto nelle mani dei Macedoni e tratto davanti ad Alessandro, gli disse in barba: -ora che tiro fu questo di farmi arrestare? Perché con una sola nave io mi procaccio la vita, mi vuoi chiamare pirata e tu che rubi il mondo con grosse flotte pretendi il nome d’imperatore? Rovescia la berretta e pensa che tu saresti Diomede se io fossi Alessandro; inoltre bada ch’io rubo per malignità di fortuna ed angustia d’averi, mentre tu arraffi per agonia di fasto e per non saziabile avarizia; se il mio stato migliorasse, quasi quasi potrei cimentarmi a promettere che diventerei galantuomo; almeno mi ci proverei; ma tu quanto più ti empi hai fame-. Alessandro che, preso pel suo pelo, in ispecie quando non aveva bevuto, era dolce come pasta di zucchero, gli rispose: -Dunque, se vuoi rubare in pace, vieni a rubare con meco- e lo promosse a grado cospicuo nella onoratissima professione delle armi (pp. 8-9).
I nobili sono paragonati ad uccelli di rapina che non provano alcun rimorso per le loro ruberie, le stragi, le uccisioni. E, dice Guerrazzi, “i re, gli imperatori, i papi… venderono a contanti la nobiltà” e “le casate più illustri di Francia dovevano la loro origine e fortuna alle arti meretricie di qualche nonna o bisnonna”, mentre invece non altrettanto si può dire dell’Asino tanto bistrattato la cui nobiltà rimane inalterata e fu cantata da pochi scrittori illuminati che Guerrazzi ricorda… (continua su Destrutturalismo n. 9 Marzo 2025).
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti