
Mary Shelley, Frankenstein, credit Antiche Curiosità©
Mary Blindflowers©
Mary Shelley, datato Frankenstein
.
Mary Shelley, Frankenstein, libro notissimo, pubblicato per la prima volta nel 1818, è un romanzo che ha ispirato cinema e televisione. Questi hanno contribuito moltissimo a rafforzarne la fama. La trama, infatti, si presta molto bene agli adattamenti cinematografici e televisivi, una storia in cui entrano in gioco l’inesausto desiderio di immortalità da parte dell’uomo che vuole sostituirsi a Dio nella creazione e la dinamica del “diverso”.
Frankenstein crea una creatura da pezzi di cadaveri presi negli ossari e poi si stupisce che la sua creazione non sia esattamente bellissima, ma piuttosto mostruosetta. Quando la creatura prende vita ha le labbra nere, un aspetto terribile. Cosa si aspettava di ottenere, un Apollo, da pezzi di cadavere?
La reazione di questo padre snaturato è romanticamente esagerata, ridicola agli occhi di un uomo contemporaneo. Frankenstein scappa e parla del dolore di aver creato qualcosa di mostruoso, nei suoi deliqui ne parla di continuo, autocommiserandosi in modo ossessivo, fino ad annoiare mortalmente il lettore, affogando la trama in inutili e ripetitive descrizioni di paesaggi ed elementi atmosferici che fanno da contraltare alla disperazione del protagonista, reiterata fino allo sfinimento del lettore, ripetuta ad ogni capitolo, e questo perché la creatura è brutta.
In sintesi, per lo spirito romantico occorre esser belli e prestanti per essere accettati. Frankenstein non sa nemmeno se la creatura sia buona o cattiva ma rimane basito dal suo aspetto, ha una repulsione di ordine puramente estetico verso la sua stessa povera creazione a cui nessuno darà poi scampo, sempre sulla base dello stesso pregiudizio estetico. Il mostro a cui suo padre non si preoccupa nemmeno di dare un nome, è brutto, dunque inaccettabile. Il rifiuto da parte dell’intera società fa incattivire questo parto da laboratorio. E da lì la storia si muove, molto lentamente, a dire il vero. Lo stile adottato dalla Shelley è come un mattone che ti si pianta nello stomaco, molto lento, pesantissimo. E l’autrice non si fa scrupolo di reiterare a distanza di poche righe sempre gli stessi concetti, appesantendo il testo e rallentando parecchio lo svolgimento degli eventi. C’è un pò troppo romanticismo che violenta pure la pazienza del lettore e inoltre non mancano alcune parti che la sensibilità odierna potrebbe ritenere razziste e non soltanto perché c’è l’esclusione del brutto a priori, ma perché non manca un bel po’ di esaltazione di classe, evidentissima nel capitolo I, quando si descrive la superiorità di Elizabeth.
L’ indole “benevola” della madre di Frankenstein la spinge a entrare nelle case dei poveri. Un giorno visita la casa di un contadino che distribuisce un pasto scarso a cinque bambini affamati. Tutti i figli del contadino sono piccoli vagabondi dagli occhi scuri, mentre una sola bambina ha la fronte chiara e ampia e gli occhi azzurri, “una specie distinta”, “una rosa da giardino tra rovi di foglie scure”… (continua su Destrutturalismo n. 8, Novembre 2024).
.
DESTRUTTURALISMO Punti salienti