
In nome della madre? Credit Antiche Curiosità©
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In nome della madre
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Erri De Luca, In nome della madre, Feltrinelli, pubblicato per la prima volta nel 2006, ha avuto innumerevoli ristampe e ovviamente, una capillare distribuzione. Chi vede, compra, in sintesi questo è il succo dell’editoria contemporanea e non. E c’è chi decide che alcuni autori debbano essere visti, altri no. Quindi non è inconsueto che tra tutte le varie ristampe dell’elogiatissimo De Luca, prima o poi anche chi come me non compra Mai libri nuovi di editori importanti, trovi il libro, eternamente ristampato, all’usato che sembra nuovo perché chi lo ha acquistato prima di me non lo ha nemmeno aperto. Strano, ma vero. Ebbene lo apro, guardo le cantate finali e penso se sia il caso di spendere il pound richiesto dal venditore, forse no, però non si può giudicare un libro sfogliandolo, così lo prendo, lo leggo tutto.
È scritto male?
No, la scrittura in parte regge, ma solo in parte perché per riempire la pagine l’autore ripete a loop le stesse cose, fingendo di fare prosa poetica e cercando di ipnotizzare il lettore medio con la dolcezza delle parole reiterate come un mantra:
Abìtuati al deserto, che è di nessuno e dove si sta tra terra e cielo… Abìtuati al deserto che mi ha trasformato in tua madre… Stanotte è il tempo di abituarti al deserto che è tuo padre… (p. 68-69 ed. 2014).
Com’è che non hai pianto, com’è che non piangi? Non puoi sei forse muto?… Ma no che non sei muto… muta ero io davanti all’angelo, muta ero io… Muta ero io, Mi fa paura che non piangi figlio. Com’è che non hai pianto, figlio mio… (p. 69, 79).
Quelli che De Luca definisce Tre canti, sono accozzaglie di frasette che ripetono a getto continuo quello che già ha ampiamente ripetuto dentro il libro, nel caso il lettore non avesse capito.
Ma di cosa parla In nome della madre?
E qui veniamo al bello, di nulla. In pratica è un copincolla della storia di Maria così come viene raccontata dalla tradizione cattolica: Maria che rimane incinta dell’Angelo, Giuseppe che crede a quello che dice, il viaggio verso Betlemme, la nascita di Gesù in una mangiatoria, etc. Solo che è Maria a raccontare la storia in prima persona. Inoltre Giuseppe, che nella realtà storica era probabilmente un vecchio bacucco che ha sposato una minorenne, diventa qui uno sposo giovane e saggio. Ma lo scopo del libro, e lo si avverte, è prettamente politico, il fine è seguire una sorta di politicamente corretto buonista di stampo cattolico a cui si aggiunge il tentativo della finta sinistra di valorizzare la figura di Maria. Il padre è infatti definito “deserto”, è dentro la madre che tutto si svolge, con minimo concorso maschile. Si cerca di dire al lettore che Maria è ben più di un contenitore, di una sposa passiva, è colei che “inaugura la vita”, mentre il padre inaugura “il segno della croce”. Maria dà importanza ai fatti mentre gli uomini pensano al valore delle parole. In sintesi si tratta di un libro nato dalla precisa volontà di seguire il clima della fittizia valorizzazione della donna, riscrivendo la storiella della gravidanza mitica di Maria e facendo parlare lei in prima persona. Ma è solo una goffa operazione politica, ripetitiva e anche noiosa. Un mal riuscito tentativo di conciliare capra e cavoli, ossia trasformare la misoginia cattolica che descrive la Madonna come priva di volontà, come contenitore passivo di grazia, in donna attiva e pensante. Una riscrittura che edulcora il fondamentale ed ineliminabile sessismo della religione, trasformando il mito della concezione in mito femminile, trionfo di una catto-sinistra sempre destinata a non accettare la realtà ma a trasformare la storia a suo uso e consumo, a seconda della moda del momento. Un libro inutile che sembra quasi scritto su commissione. Perché uno scrittore che può inventarsi una storia, ne scrive una già nota? Per adattare il mondo alla politica del suo partito, ovvio, lo stesso che vuole riscrivere le favole e la storia, eliminando ciò che non gli garba ma che pure è stato.
Che poi De Luca e chi lo ha pubblicato si rivolgano a un lettore poco preparato intellettualmente e ingenuo, lo si evince dalla nota in cui si spiega la citazione dal Deuteronomio, citazione che capirebbe anche un incolto, ma che l’autore avverte il desiderio di spiegare.
La citazione è questa:
… (Continua su Destrutturalismo n. 8, Novembre 2024).
DESTRUTTURALISMO Punti salienti