
L’alta borghesia, disegno su carta, Mary Blindflowers©
Bruno Jenkins, Le Streghe
Mary Blindflowers©
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Bruno Jenkins è la figura più interessante di The Witches di Roald Dahl. Palese l’assonanza del cognome con Yankees, in un testo dallo spirito profondamente anti-americano. Bruno è un bambino dell’upper class che si vanta di un padre ricco e che mangia in continuazione:
Un ragazzino che indossava una maglietta bianca, pantaloncini grigi e scarpe da ginnastica entrò nella stanza. L’ho riconosciuto subito. Si chiamava Bruno Jenkins e alloggiava in albergo con i suoi genitori. Non mi importava di lui. Era uno di quei ragazzi che mangia sempre qualcosa ogni volta che lo incontri. Lo incontriamo nella hall dell’hotel e si sta infilando in bocca un pan di Spagna. Lo incrociamo nel corridoio e sta pescando patatine a manciate da un sacchetto. Lo avvistiamo nel giardino dell’hotel e sta divorando un Dairy Milk Bar e ne ha altri due che gli spuntano dalla tasca dei pantaloni… Inoltre Bruno non smetteva mai di vantarsi che suo padre guadagnava più di mio padre e che possedevano tre automobili.
Bruno di base è insopportabile, avido e sciocco. Anche quando viene trasformato in un topo, non smette mai di mangiare. I genitori sono due stupidi snob. Quando la nonna del protagonista li incontra per informarli circa la sorte del loro figlio, l’autore sottolinea a più riprese la loro maleducata aria di sufficienza e superiorità, la totale incapacità di capire le ragioni dell’altro o di porsi in ascolto.
Bruno e i suoi ricchi genitori sono la perfetta parodia dell’alta borghesia arricchita incapace perfino di vedere chiaramente se stessa. Quando infatti Bruno diventa un topo, non si rende conto di esserlo. Sarà il protagonista a dirgli che la grande strega ha operato su di lui la curiosa metamorfosi:
Smise di mangiare e mi fissò con piccoli occhi neri.
“Cosa intendi con noi?” Disse.
“Il fatto che tu sia un topo non ha niente a che fare con me.”
“Ma anche tu sei un topo, Bruno.”
“Non essere sciocco”, disse. “Non sono un topo.”
“Temo di sì, Bruno.”
“Certamente no!” egli gridò. “Perché mi insulti? Non sono stato scortese con te! Perché mi chiami topo?”
“Non sai cosa ti è successo?”, dissi.
“Di cosa diavolo stai parlando?”, disse Bruno.
“Devo informarti”, dissi, “che non molto tempo fa le streghe ti hanno trasformato in un topo. Poi l’hanno fatto a me.”
“Stai mentendo!”, pianse. “Non sono un topo!”
“Se non fossi stato così occupato a trangugiare quel panino,” dissi, “avresti notato le tue zampe pelose. Guardale.”
Bruno si guardò le zampe. Saltò. “Santo cielo!”, pianse. “Sono un topo! Aspetta che mio padre lo venga a sapere!”
“Potrebbe pensare che sia un miglioramento,” dissi.
“Non voglio essere un topo!” – gridò Bruno saltando su e giù. “Mi rifiuto di essere un topo! Sono Bruno Jenkins!”
“Ci sono cose peggiori dell’essere un topo,” dissi.
“Puoi vivere in un buco.”
“Non voglio vivere in un buco!” – gridò Bruno.
“E di notte puoi intrufolarti nella dispensa,” dissi, “e sgranocchiare tutti i pacchetti di uvetta, cornflakes, biscotti al cioccolato e tutto il resto che riesci a trovare. Puoi stare lì tutta la notte mangiando come uno sciocco. Questo è quello che fanno i topi.”
… “Ma come faccio ad aprire la porta del frigorifero per prendere il pollo freddo e tutti gli avanzi? È una cosa che faccio tutte le sere a casa.”
“Forse il tuo ricco padre ti regalerà uno speciale frigo per topi tutto per te,” dissi. “Uno che puoi aprire.”
Il registro comico-satirico è forte, la comicità di Dahl non è innocua, insegna a diffidare dei miti edonistici e della stupidità borghese. Troppo per questi tempi empi.
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DESTRUTTURALISMO Punti salienti