
Gli insetti, tecnica mista su tela, by Mary Blindflowers©
La vera sottocultura Eco-classista
Mary Blindflowers©
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“Internet ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”. Queste frasi-dono sono esternazioni pubbliche di Umberto Eco, lo stesso che in Apocalittici e integrati, discettando sul ruolo svolto dalla televisione, parlava di dialettica tra alto e basso.
L’intervento critico, dice Eco, deve correggere l’idea implicita che la cultura sia cibo prodotto da un’élite per “sotto-cittadini”. Sebbene le masse non possano produrre cultura, tuttavia, continua Eco, si può eliminare il rapporto paternalistico tra produttori elitari e fruitori e instaurare una nuova dialettica. L’intervento critico deve creare una cultura di massa che coinvolga tutti i cittadini pur essendo sempre prodotta da “un gruppo colto”, da “personalità più dotate”. Dice proprio così, leggete:
L’esempio della televisione è sintomatico…
L’intervento critico può anzitutto portare alla correzione della persuasione implicita che cultura di massa sia la produzione di cibo culturale per le masse (intese come categoria di sotto-cittadini) attuata da una élite di produttori. Può riproporre il tema di una cultura di massa come “cultura esercitata a livello di tutti i cittadini”. Il che non significa neppure che cultura di massa sia prodotta dalle masse; non c’è forma di creazione “collettiva” che non sia mediata da personalità più dotate che si fanno interpreti di una sensibilità della comunità in cui vivono. Quindi non si esclude la presenza di un gruppo colto di produttori e di una massa di fruitori; salvo che il rapporto da paternalistico diventa dialettico: gli uni interpretano le esigenze e le istanze degli altri.
Tutto molto bello, così democratico, ma solo apparentemente. La tv infatti è un discorso a senso unico, non presuppone un intervento diretto del fruitore, internet invece sì. E qui le cose si complicano, perché se il produttore dice di farsi interprete critico delle esigenze della massa, il fruitore tv, cioè la massa stessa, non può rispondere alle sue affermazioni, dato che sulla carta stampata il signor pinko o sotto-cittadino, non ha spazio alcuno. Invece su Internet il povero pinko può dire la sua. Questo per Eco rappresenta un vero problema, perché si corre il rischio che pinko mal’accolga l’interpretazione del fruitore e la contesti. Quindi per Eco è bene catalogarlo come imbecille e metterlo a tacere. E la dialettica di cui parla in Apocalittici e Integrati dunque? Va a farsi friggere, in nome di un principio più alto, l’elitarismo intoccabile del dotto. Così, mentre sui suoi libri Eco parla di “apertura del discorso”, in concreto vuole la chiusura di ogni pensiero divergente. Ripone così tutta la massa che si crea uno spazio critico su internet nella scatola dell’imbecillità, mettendo nello stesso calderone anche chi magari ha un’opinione degna ma non fa parte dell’élite destinata a pubblicare libri con la grossa editoria o con i giornali a grossa tiratura. La dialettica di cui parla Eco è così smentita nei fatti, è solo immaginaria, un pour parler che alimenta una fondamentale ambiguità di fondo.
Oltretutto il buon Eco afferma che la critica culturale unita alla politica abbia migliorato la televisione e creato nuove aperture perché, dice, “per fortuna”, i colti rappresentano anche “gruppi di pressione”:
Nessuno può negare che attraverso una critica culturale serrata (non disgiunta, questo è importante, da un’azione a livello politico), si sia ottenuto il miglioramento di un certo settore dei programmi e una apertura del discorso. In questo senso la critica culturale crea il mercato e offre ai produttori orientamenti capaci di assumere rilievo coattivo. La comunità degli uomini di cultura costituisce ancora, per fortuna, un “gruppo di pressione”.
Non so se vi rendete conto dei termini che Eco usa per giustificare il ruolo dei produttori, quindi implicitamente di se stesso: “rilievo coattivo”, “azione a livello politico”, “gruppi di pressione”. Il termine coattivo significa che ha potere di costringere. Il produttore, grazie alla politica da cui non può essere separato, impone cultura perché rappresenta una lobby ossia interessi specifici di un gruppo elitario che orienta, tramite una strategia, i gusti del fruitore, in questo caso passivo, perché sta parlando di un pubblico televisivo. La sinergia tra cultura e politica delle lobby, a dire di Eco, avrebbe addirittura migliorato la televisione, avrebbe aperto nuovi orizzonti culturali, ovviamente gli stessi che informano la grossa editoria e i giornali, ossia l’arroganza lobbistica per cui i vari Eco diventano grandi, tutti gli altri massa di fruitori deficienti che non devono avere voce, perché sostanzialmente l’élite li considera uomini-cassonetto che devono star sempre zitti, sotto-umani a cui vendere programmi tv, libri e giornali di regime. Tutto questo si chiama cultura, apertura dialettica e miglioramento dell’uomo. Complimenti.
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