Ma cosa c’entra Tolstoj?

Ma cosa c'entra Tolstoj?

Ma cosa c’entra Tolstoj?

Ma cosa c'entra Tolstoj?

Small vintage African teak wood sculpture, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Ma cosa c’entra Tolstoj?

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Il termine globale è gravido di contraddittorietà. Da un lato il concetto di arte e scienza globale implica inclusione, superamento di una dimensione di meschino provincialismo di matrice europocentrica e razzista. Il globalismo ha contribuito infatti, fin dall’epoca modernista e post-modernista, a portare l’arte fuori dai musei di cui si è criticata la dimensione colonialista e di rapina. L’arte extra-museale è diventata graffito, comunicazione ampia per tutti. Lo scopo originario modernista era protestare contro il museo santuario, contro l’arte nicchia per pochi, per affermare un’idea democratica e dare dignità a tutte le culture del mondo. Niente di più bello, se il globalismo si occupasse soltanto di inclusione. L’altra faccia della medaglia del globale, nasconde però sotto la dolce glassa, l’amaro del denaro. Si sono create nuove esclusioni proprio nel momento stesso in cui si parla di inclusione e democrazia. Se la teoria recita bene, la pratica razzola piuttosto male. Se l’amplificazione del messaggio a livello mondiale, ha creato nuove consapevolezze da una parte, dall’altra, ha ceduto il passo all’edonismo. In sintesi e per farla breve, i globalisti hanno instaurato una democrazia sul censo. Il nuovo razzismo artistico recita che siamo tutti uguali, di qualsiasi colore e da qualunque Paese o cultura proveniamo, purché siamo ricchi o sponsorizzati da chi il vile quattrino lo possiede già. Le biennali che si vantano oggi di essersi aperte alle culture extraeuropee, per esempio, sono tutte a pagamento. Paghi, esponi. Per esporre in gallerie importanti occorre ancora denaro e pure tanto.
Le installazioni extra-museali che vengono pubblicizzate a gran voce dai media, hanno potuto costruire carriere basate sul nulla, di gente che gioca con il nulla ma ha davvero molta disponibilità economica. Si è creata un’élite di saccenti democratici a parole ma artistocratici (non è un refuso) e snob nei fatti. Un cerchio chiuso di matrice edonista in cui purché tu abbia denaro, qualsiasi cosa fai, diventa arte. È così che uno squalo sottaceto o un letto sfatto o delle palline blu disseminate su un prato, diventano messaggi globali. Ovviamente l’aleatorietà dei contenuti è tanta e tale che su un’opera si può inventare qualsiasi cosa, e qui intervengono gli accademici, i sapientoni per antonomasia, proni anche loro al potere finanziario, come tutti. Dire che un letto sfatto esibito in una galleria, diventa sintomo universale di un disagio esistenziale profondissimo, o che lo squalo sottaceto è la prigionia della nostra anima animale impegolata in filosofie astruse, o che le palline blu di ceramica sopra un prato rappresentano la varietà dei mondi possibili nell’incontro delle civiltà sull’erba (che si fanno) dei pasti adamitici, non è poi così difficile quando si ha credito universitario e un nome. Supercazzole insomma, elevate all’ennesima potenza, giustificate dai quattrini e niente più. Il bello è che la gente ci crede pure perché ovviamente pensare è diventato un lusso che in pochi si concedono.
Il globalismo che nasce dunque come movimento positivo, è caduto nella trappola del business. Oltretutto l’iterazione delle installazioni in tutto il globo, presuppone grandi disponibilità finanziarie. Come fai, infatti, a mettere in venti città diverse, nello spazio comune extra-museale, delle palline di ceramica colorate o altro, se non hai denaro? C’è una ripetizione costante di motivi pubblicizzati in tutto il mondo, che hanno lo scopo di assuefare l’uomo medio all’idea che soltanto la produzione in serie di un concetto non troppo chiaro, ma svelato dai santoni accademici, sia arte, e che debbano essere i cosiddetti addetti ai lavori, a svelarne il mistero. Se un critico dice che una pallina blu significa integrazione e democrazia, chi siamo noi per non credergli? Questa è una domanda classica, che aleggia da sempre sulla bocca degli idioti. La risposta è che siamo degli imbecilli, perché soltanto un imbecille integrale può credere al sistema che l’arte globale ha messo in atto denaturando se stessa in nome del dio quattrino. In tutto questo movimento c’è l’iper-valutazione di artisti scarsissimi, la sottovalutazione dell’uomo che dovrebbe pensare ma deve demandare ad altri questo compito e la costruzione di un processo di notorietà basato sulla nuova religione dei nessuno che ripetono a pappagallo ciò che dicono i Qualcuno, dando del narcisista a chiunque non la pensi come loro.
Sull’arte globale c’è una totale disinformazione, un pressappochismo assoluto e c’è una marea di intellettualoidi che non sa quel che dice. Oggi uno di loro, quando ho sottolineato la contraddittorietà del concetto di arte globale, ha citato Tolstoj, o meglio una frase che, a suo dire avrebbe detto Tolstoj sul fatto che occorre migliorare se stessi per migliorare il mondo, invece che scrivere e dilungarsi troppo su certi argomenti. Ovviamente nessun riferimento bibliografico, sarebbe stato pretendere troppo. Un po’ perplessa, gli ho detto che non capisco cosa c’entri questa chicca citazionistica con la doppia faccia dell’arte globale e con la deriva che ha preso nel tempo, soprattutto considerando che il concetto di globale e di inclusione di altre culture non è affatto nuovo, se già Taziano ne ha parlato molto prima dei globalisti attuali… Forse sarebbe stato più opportuno citare Breton o i post-modernisti, dato l’argomento… L’individuo potrà pure migliorare se stesso ma non può di certo gestire i processi elitari che la globalizzazione sta creando. Ebbene, questo signore ha cancellato i miei commenti.
Non ho ancora capito cosa c’entri Tolstoj, ma forse nemmeno chi lo ha citato a casaccio lo sa con esattezza, in compenso sa esattamente come esercitare la censura per evitare una brutta figura.

 

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

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