Taralucci, vinello, popolo immaturo

Taralucci, vinello, popolo immaturo

Taralucci, vinello, popolo immaturo

Taralucci, vinello, popolo immaturo

Ballons Soufflés, disegno da quaderno degli appunti, by Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Taralucci, vinello, popolo immaturo

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Un popolo immaturo è incapace di delegittimare chi lo sfrutta, non solo non reagisce al sopruso, valutando l’abuso di potere perpetrato ai suoi danni, ma cerca di partecipare alla mensa dei porci, pur sapendo che sono dei porci, con rispetto parlando verso i veri maiali a 4 zampe che potrebbero inorridire nel sentirsi accostati a certi individui, politici, accademici, professoroni che pretendono di insegnarci la differenza tra il bene e il male, più o meno giocata sempre sul filo che impedisce loro di sgonfiarsi e sull’assenza dello spillo di cui un popolo imberbe è sempiternamente sprovvisto.
L’italietta è la patria del lamento, ci si lamenta di tutto, delle inefficienze, delle file agli uffici postali, delle tasse, delle macchine in tripla fila sotto il sole rovente di un’estate torrida che più calda non si può, dei politicanti, spaccio contorto di un Paese alla deriva. Lamentarsi è l’obbligo sociale di ogni buon italiano medio che si rispetti.
Un mio amico mi ricorda spesso una frase di Friedrich Nietzsche: “nessuno mente quanto l’indignato” e di finti indignati ce ne sono ben troppi nello stivaletto nostrano, salvo poi darsi tutti la mano e sotterrare lo pseudo-taglio del lamentio sotto una fitta sassaiola di tarallucci conditi con ampie dosi di vinello della casa e non.
La verità è che a nessuno importa più nulla di nulla.
L’apparenza regna sovrana unita alla maleducazione dell’inopportuno.
Chi è costui?
Un individuo che commenta senza nemmeno leggere ma soltanto per farsi notare, arrivando a mettere sorrisi sotto link che parlano di tragedie collettive o pubblicità di libri di poesia sotto articoli che parlano di sedani fritti e impanati.
La vera tragedia è che il sistema sta bene a chiunque purché riesca ad entrarci. Gli intellettuali sono i peggiori di tutti in questo senso perché anziché segnalare le storture del proprio tempo, vi si adeguano e fanno del fariseismo la loro principale religione, diventando acqua per recipienti sempre più banali entro i quali si svolgono i fantagiochi che contano.
L’Italia è un Paese senza futuro se per futuro si intende un cambiamento. L’unico movimento a cui possiamo assistere è un micro-esodo di intellettuali del mainstream dalla tv ai social che prima disdegnavano come contenitore di imbecillità varie.
Il micro-esodo però è utile, primo perché le prime donne in tv sono ormai virologi e politici che specie in campagna elettorale, monopolizzano la scena, secondo perché la tv la guardano i boomers, i vecchi tromboni incartapecoriti e le casalinghe depresse.
Ma cosa fanno i critici letterari e i professori universitari nei social? Danno lezione, ovvio. Ci dicono come ci dobbiamo comportare, cosa sia bene e cosa male, elevando un punto di vista soggettivo a verità oggettiva.
Poi si dividono in due tipi, quelli che rispondono ai commenti e quelli che non rispondono mai.
In genere quello che risponde si aspetta sempre un’ovazione dei cavalier serventi. Se trova per caso una voce dissonante, glissa cercando di spostare l’attenzione su questioni meramente ornamentali, replicando le reazioni del più mediocre dei palloni gonfiati. Un classico è il rimprovero per l’utilizzo di uno pseudonimo. Se usi uno pseudonimo sei poco serio. Dunque, a rigor di logica e su queste basi, qualsiasi scrittore usi uno pseudonimo, sarebbe tagliato fuori da qualsivoglia discorso. Curioso davvero! Infatti l’utilizzo di uno pseudonimo non ha impedito a Brunetta di telefonare ad Aldo Nove per consegnargli un premio oppure a Elena Ferrante di diventare famosa e a detta di molti, pure autorevole. Quindi il discorso sullo pseudonimo che invaliderebbe qualsiasi cosa si dica, vale solo se si tratta di autori poco noti, per quelli noti va benissimo invece e non crea problemi di sorta. Faccio fatica a capire queste logiche, sinceramente. Ma andiamo avanti.
Gli intellettuali veramente famosi non rispondono mai a nessuno, come potrebbero? Troppi commenti!
Galimberti è uno di questi. Si vede continuamente la sua foto unita alle sue sentenze. Per esempio lo si vede tuonare contro il digitale nelle scuole italiane come se fossero super-informatizzate e tecnologicamente avanzate (magari!)
Ma Galimberti sa che grazie alla digitalizzazione dei libri antichi, ora anche i comuni mortali non accademici possono fare ricerche in modo più agevole e veloce?
Sa che prima invece solo ai professoroni par suo era concesso visionare un libro antico dentro una biblioteca?
Sa che la tecnologia digitalizzante è ormai considerata, in archivi e biblioteche, fondamentale per scansionare le stampe antiche?
Che i documenti di valore storico sono spesso microfilmati per evitarne l’usura?
Lo sa benissimo, dato che egli stesso usa la tecnologia per fare ricerche, però non vuole che le facciano gli altri.
Quindi di che sta parlando?
Di un monopolio, semplice.
Di una cultura per pochi eletti e che impone agli studenti solo i libri prescritti dal sistema, evitando come la peste la libera ricerca e l’iniziativa individuale e demonizzando la tecnologia.
Il mezzo tecnologico è indubitabilmente utilissimo, se usato in modo appropriato ma la casta non vuole che noi comuni mortali lo usiamo per capire meglio il mondo, vuole che lo usiamo soltanto per mettere like ai loro post nei social, perché di base la casta ci considera dei poveri deficienti.

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Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Galimberti come l’Eco
    che bollava in modo bieco
    chi vuol navigare in rete
    perché di sapere ha sete.
    L’accademia fa lapilli
    tuona e lancia urla e squilli
    a chi a lei ruba il sapere
    e le fa bruciar sedere!

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